Nuovo pluralismo religioso in Italia
2023/11, p. 21
La retorica dell’invasione, l’alternativa tra «noi» e «loro», i rischi di un pluralismo
che attenterebbe all’anima cristiana e cattolica del paese. Sono solo alcuni anelli di una ideologia che distrae dai dati di realtà più evidenti. L’immigrazione è fenomeno strutturale dell’economia italiana ed europea; quanto più regolare e integrata, è una risorsa per il sistema paese.
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Nuovo pluralismo religioso in Italia
La retorica dell’invasione, l’alternativa tra «noi» e «loro», i rischi di un pluralismo che attenterebbe all’anima cristiana e cattolica del paese. Sono solo alcuni anelli di una ideologia che distrae dai dati di realtà più evidenti. L’immigrazione è fenomeno strutturale dell’economia italiana ed europea; quanto più regolare e integrata, è una risorsa per il sistema paese.
Il 23 luglio del 2023 si è tenuta a Roma una «Conferenza internazionale su sviluppo e migrazione»: una iniziativa congiunta del Presidente del Consiglio della Repubblica italiana, Giorgia Meloni, e del Presidente della Repubblica tunisina, Kaïs Saïed. Erano presenti Stati e organizzazioni della regione del Mediterraneo allargato, del Medio Oriente e dell’Africa «per rinnovare l’impegno comune ad affrontare i fattori politici, socio-economici e climatici che spingono alla migrazione e allo sfollamento forzato a livello internazionale, a promuovere percorsi legali e sicuri per la migrazione e a contrastare più efficacemente la tratta di esseri umani e il traffico di migranti». I partecipanti hanno concordato che la Conferenza avvierà il cosiddetto «Processo di Roma», una piattaforma strategica, globale, inclusiva e pluriennale per l'azione collettiva; si fonda sull'idea comune che sia necessaria una risposta coerente e globale per «sostenere la stabilità politica e promuovere lo sviluppo sociale ed economico, affrontando le cause profonde degli sfollamenti forzati, contribuendo in modo significativo a promuovere la migrazione legale, a prevenire e affrontare la migrazione irregolare e la tratta di esseri umani in tutta la regione mediterranea, il Medio Oriente e l'Africa, guidati dai seguenti principi: rispetto della sovranità nazionale, compreso il rispetto del diritto interno; responsabilità condivisa; solidarietà; partenariato tra pari; sicurezza e dignità dei migranti e pieno rispetto del diritto internazionale, compresi i diritti umani, il diritto umanitario e quello dei rifugiati».
Le migrazioni sono un fenomeno strutturale
Dietro queste affermazioni si palesa la difficoltà di elaborare una visione e un progetto condiviso, per comprendere e gestire al meglio il crescente fenomeno migratorio. In particolare l’Italia è stata presa di sorpresa, passando da storico contesto di emigrazione a luogo di approdo di oltre cinque milioni d’immigrati stranieri. In questo scenario, non riusciamo a uscire dalla logica dell’emergenza e le politiche diventano più punitive e criminalizzanti. Per fronteggiare l’arrivo di oltre 133mila migranti, il governo italiano sta varando un nuovo decreto legge in materia di immigrazione, che in caso di urgenza prevede la possibilità di aumentare del 50% la capienza degli hotspot (lett. punti di accesso: un modello organizzativo preposto alla gestione di grandi flussi migratori. Sono state individuate 4 Aree Hotspot - Lampedusa, Trapani, Pozzallo e Taranto - allestite per consentire le operazioni di prima assistenza e identificazione). Nel frattempo, il «Piano di ripresa e resilienza» (PNRR), a cui sono affidate le speranze di una nuova spinta allo sviluppo del paese, ignora completamente la questione migranti. Così l’accoglienza rimane dentro una logica emergenziale.
La pluralizzazione religiosa sale dal basso
Con questa consapevolezza, - a cura di due studiosi di sociologia delle migrazioni: Maurizio Ambrosini (Università di Milano) e Paolo Naso (Università di Roma) - è uscito un volume frutto di una ricerca che costituisce un importante punto di riferimento per nuove forme di approccio verso i migranti: «Quando gli immigrati vogliono pregare. Comunità. Pluralismo. Welfare» (Ed. Il Mulino, 2022). «Uno dei più visibili apporti dell’immigrazione è lo sviluppo sul territorio di un pluralismo religioso di dimensioni e caratteristiche inedite per la storia sociale italiana. L’idea di un’Italia (quasi) mono-religiosa sta passando in archivio, così come quella di un confronto bilaterale limitato ai rapporti tra Stato laico e Chiesa cattolica». Nello stesso tempo, anche la tesi di una progressiva secolarizzazione del paese deve fare i conti con le novità rappresentate da numerosi luoghi di culto e di minoranze attive che trasformano e ridisegnano il paesaggio religioso. Un aspetto significativo del fenomeno è dato dal protagonismo di popolazioni immigrate con mezzi limitati, scarsa influenza politica e condizione sociale marginale. Trapiantate in nuovi contesti trovano nelle proprie tradizioni religiose un collante sociale e identitario. Il loro attivismo religioso, nel reperire spazi da destinare al culto e ad attività cultuali, educative e sociali, è un segno della capacità d’iniziativa degli immigrati. Essi, quando ottengono l’appoggio delle istituzioni religiose maggioritarie, riportano a nuova vita vecchie chiese in disuso dei centri storici, rianimando settimanalmente territori cittadini desertificati e a rischio di degrado. Vecchi magazzini, spazi commerciali, laboratori artigianali, sono trasformati in luoghi di culto e spazi di aggregazione. Anche le aree industriali e artigianali extra-urbane sono i contesti in cui si muovono: i capannoni dismessi sono riconvertiti in templi, sale di preghiera e ambienti comunitari. Frequentando questi spazi gli immigrati incontrano connazionali, riattualizzano l’identità culturale, trasmettono la loro eredità spirituale ai figli. Trapiantano devozioni e sviluppano nuove pratiche religiose e sociali.
Welfare dal basso e integrazione degli immigrati
Le istituzioni religiose e i luoghi di culto degli immigrati hanno spesso incontrato una ricezione contrastata nelle società ospitanti. «Oggi il pluralismo religioso indotto dall’immigrazione rappresenta una pietra d’inciampo sia per le maggioranze secolarizzate e religiosamente indifferenti, sia per i sostenitori di religioni storiche svuotate di significato spirituale e riconvertite in simulacri di appartenenza culturale». Dunque è necessario approfondirne la conoscenza per trovare soluzioni istituzionali. «Quando riconfigurano la propria vita religiosa all’estero, gli immigrati non si limitano a riprodurre le istituzioni religiose a loro familiari, ma sviluppano processi adattivi e imitativi […] Dalla ricerca del lavoro al rimpatrio delle salme, dalla fornitura di cibo e medicine alla consulenza nelle pratiche burocratiche, le comunità religiose producono flussi di aiuti in risposta ai molti bisogni degli immigrati […] Possiamo parlare a questo riguardo di un «welfare dal basso» che affonda le radici nei precetti religiosi di carità verso il prossimo». C’è di più, le comunità religiose e i loro leader spirituali spesso devono reinterpretare codici morali e consuetudini per dare risposte alle sfide poste dall’emigrazione in Occidente. «Una questione agita molti dibattiti sull’appartenenza religiosa degli immigrati: se questa contribuisca alla loro integrazione nella società ricevente o favorisca piuttosto la persistenza di un’identità separata e persino contrapposta a quella maggioritaria. La risposta dipende dalla concezione dell’integrazione […] che ha anzitutto una dimensione strutturale: riguarda la possibilità di condurre una vita dignitosa e indipendente, grazie a una condizione giuridica sicura, un’abitazione adeguata, un lavoro sufficientemente stabile e remunerativo […] Una seconda dimensione dell’integrazione fa riferimento al benessere personale […] Più problematica può risultare una terza dimensione, quella delle relazioni con la società ricevente e dell’accettazione sociale». Oggi l’integrazione ricalca la vecchia nozione di assimilazione: gli immigrati per integrarsi dovrebbero abbandonare legami, memorie e appartenenze, per confondersi con la società ricevente.
Una politica di integrazione e di coesione
L’immigrazione è un dato ormai strutturale dell’economia italiana ed europea; quanto più regolare e integrata, questa immigrazione è una risorsa per il sistema paese. Il volume, nelle note conclusive indica a politici e amministratori dieci punti per costruire una policy del Nuovo pluralismo religioso (NPR) come vettore di integrazione e di coesione sociale. Primo: seguire la bussola costituzionale affinchè i migranti possano accedere a tutte le forme di tutela garantite dall’ordinamento italiano. Secondo: meno ideologia e più governance. Terzo: riconoscere l’Italia delle religioni anche attraverso un insegnamento «sulle religioni» nelle scuole. Quarto: il «ponte» o il «laccio», metafore di due opzioni di integrazione e convivenza multireligiosa. Quinto: un dialogo interreligioso che favorisce processi dal basso. Sesto: ministri di culto come mediatori culturali. Settimo: affermare il diritto delle religioni al riconoscimento giuridico. Ottavo: individuare e coordinare i diversi attori pubblici secondo un disegno coerente aprendo «Tavoli permanenti». Nono: una risorsa per la sicurezza integrata. Decimo: libertà religiosa e cultura dei diritti di libertà religiosa per gli immigrati, che rientrino nel contesto generale dei diritti che appartengono a tutti.
MARIO CHIARO