Chiedete pace per Gerusalemme!
2023/11, p. 14
L’articolo era quasi finito, quando il 7 ottobre scorso si è aperta una nuova pagina di cronaca di guerra in Terra Santa con caratteri sanguinosi e violenti. Molto cambierà dell’orizzonte socio-politico mediorientale (e non solo), ma per la nostra piccola comunità di clarisse ciò che rimane e si intensifica per lo stato di emergenza è la vocazione di sempre: essere presenza orante, grembo che accoglie il grido di pace, spazio che custodisce la promessa ricevuta dal Signore Risorto: «Vi do la mia pace».
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Testimoni
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TESTIMONIANZA DALLA TERRA SANTA
Chiedete pace per Gerusalemme!
L’articolo era quasi finito, quando il 7 ottobre scorso si è aperta una nuova pagina di cronaca di guerra in Terra Santa con caratteri sanguinosi e violenti. Molto cambierà dell’orizzonte socio-politico mediorientale (e non solo), ma per la nostra piccola comunità di clarisse ciò che rimane e si intensifica per lo stato di emergenza è la vocazione di sempre: essere presenza orante, grembo che accoglie il grido di pace, spazio che custodisce la promessa ricevuta dal Signore Risorto: «Vi do la mia pace».
Il monastero nasce grazie all’intraprendenza e all’amore di Mère Elisabeth du Calvaire (1841-1905) che – dopo aver fondato il Monastero di Paray-le-Monial in Francia e nel 1884 quello di Nazaret – non ha rinunciato al suo desiderio di raggiungere la Città Santa e «aprire un focolare di preghiera, riparazione e amore a Gesù Crocifisso». La sua forte personalità emerge dalle testimonianze di quei primi anni e non è passata inosservata nemmeno a san Charles de Foucauld che tra il 1898 e il 1899, intrattiene con lei diversi colloqui nei quali riemerge l’inquietudine per la vocazione sacerdotale. Nell’archivio del monastero sono conservati molti scritti e disegni originali.
Al tempo della fondazione nel 1888, il monastero era in una zona quasi deserta, ma oggi ormai è inglobato nella grande espansione che ha caratterizzato la Città Santa in questi ultimi decenni. Come molti dei monasteri di Terra Santa, anche il nostro è nato alla fine del XIX secolo, in seguito al ristabilimento del Patriarcato Latino nel 1847 che ha aperto la possibilità di fondazione alle comunità religiose dopo la lunga interdizione dell’Impero Ottomano. Nel corso degli anni la vita della comunità ha partecipato da vicino al travaglio dei grandi eventi che hanno segnato il Paese e in particolare Gerusalemme: la fondazione è iniziata sotto il dominio turco; durante gli anni 1915-’19 della grande guerra la comunità ha conosciuto l’esilio ad Alessandria d’Egitto, mentre il monastero era occupato prima dai turchi, poi dagli inglesi. Nel luglio 1927 il forte terremoto che ha scosso Gerusalemme ha gravemente danneggiato la struttura. I drammatici giorni del 1948 con il conflitto arabo-israeliano sono registrati nelle cronache del monastero e nel 1967 quelli della Guerra dei Sei giorni fino ai difficili anni dell’Intifada e oltre, fino alla follia della guerra di oggi. Il monastero, collocato all’incrocio tra i quartieri israeliano di Talpiot e arabo di Abu-Tor, attorniato dal parco «Promenade de la Paix» è luogo di incontro, preghiera e intercessione per la pace. Il monastero è anche un piccolo luogo di accoglienza, grazie alla piccola foresteria annessa che accoglie pellegrini e persone provenienti da tutto il mondo, di tutte le fedi e religioni.
La comunità ha conosciuto negli anni momenti di radicale rinnovamento. Attualmente la comunità è composta da 11 sorelle provenienti da Ruanda, Italia, Francia, Argentina e Brasile, dai 40 ai 92 anni. La sfida dell’internazionalità è sempre più attuale ed è la Terra stessa a provocarci in questo, specchio di un contesto multiculturale. Gran parte della preghiera, come la lingua della comunità, ora è in italiano ma non mancano parti in ebraico e arabo, oltre al repertorio di canti nelle lingue di provenienza delle sorelle. Per il sostentamento, oltre alla foresteria, le sorelle si dedicano a lavori di ricamo per la liturgia, piccoli lavori di artigianato e in cuoio, produzione e decorazione di candele, icone. Ma il ‘lavoro’ più impegnativo è quello di edificare una comunità di sorelle che vivono il vangelo; è il vero «salire a Gerusalemme», cammino lungo e paziente, esigente e bello, dove le parole del perdono e della condivisione sono chiamate a farsi carne, ad essere ‘tradotte’ con nomi e volti precisi dentro la storia personale e comunitaria. Crediamo sia questa la testimonianza più vera e necessaria che possiamo offrire a questa piccola Chiesa, a questi due popoli fratelli – israeliani e palestinesi – che faticano a trovare la via della pace. Come per la nostra suor Maria della Trinità, morta in fama di santità, vale anche per ciascuna di noi quanto il Signore le ha chiesto: «Sii il mio piccolo seme piantato qui in terra di Gerusalemme, per portare frutti nella mia Chiesa».