Mastrofini Fabrizio
Mongolia «la mistica del terzo vicino»
2023/10, p. 39
Non solo immagini – del papa in Mongolia, immagini evocative di una realtà remota e lontana dall’Occidente – ma una interpretazione geopolitica su cui riflettere e che papa Francesco ha chiamato «la mistica del terzo vicino».

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VIAGGIO DEL PAPA A ULAANBAATAR
Mongolia
«la mistica del terzo vicino»
Non solo immagini – del papa in Mongolia, immagini evocative di una realtà remota e lontana dall’Occidente – ma una interpretazione geopolitica su cui riflettere e che papa Francesco ha chiamato «la mistica del terzo vicino».
Due a suo avviso sono stati gli elementi forti del viaggio del 31 agosto-1 settembre a Ulaanbaatar. Papa Francesco li ha riassunti nel volo di rientro in Vaticano, parlando con i giornalisti. «I cristiani esprimono i loro valori cristiani anche con la cultura del proprio popolo. Questo è tutto il contrario di quella che sarebbe una colonizzazione religiosa. Per me il viaggio era conoscere questo popolo, entrare in dialogo con questo popolo, ricevere la cultura di questo popolo e accompagnare la Chiesa nel suo cammino con molto rispetto della cultura di questo popolo. E sono soddisfatto del risultato».
Secondo aspetto: «la mistica del terzo vicino», una dimensione geopolitica particolare. Rispondendo ad una domanda di un giornalista televisivo mongolo, si è spiegato così: «Ulaanbaatar è la capitale di un Paese più lontana dal mare, e possiamo dire che la vostra terra è tra due grandi potenze, la Russia e la Cina. E per questo la vostra mistica è cercare di dialogare anche con i ‘terzi vicini’: non per disprezzo verso questi due, perché avete buoni rapporti con ambedue, ma per l’ansia di universalità, di far vedere i propri valori a tutto il mondo, e anche ricevere dagli altri i loro valori perché vi porti a dialogare. È curioso che nella storia andare a cercare altre terre, tante volte si confondeva con il colonialismo, o con l’entrare per dominare, sempre. Invece voi, con questa mistica del terzo vicino avete questa filosofia di andare a cercare per dialogare. A me è piaciuta molto questa espressione del terzo vicino. È una vostra ricchezza».
Le ger,
filo conduttore simbolico del viaggio
E veniamo alle immagini che parlano. Soprattutto gli incontri che si sono svolti nelle ger, le tende tradizionali; quando viene inquadrato lo sfondo della tenda, si vede lo spazio esterno: la steppa, l’immensità di un paese da 1,5 milioni di kmq e 3,3 milioni di abitanti. 1500 i cattolici e l’occasione, per una volta, di poter tutti incontrare il papa venuto dal Vaticano.
La Mongolia, per la santa Sede e per papa Francesco, come lo stesso pontefice ha detto, ha diversi aspetti di grande importanza. Prima di tutto la collocazione geografica, tra Russia e Cina. Infatti non a caso le autorità di Pechino hanno consentito ai fedeli cattolici di viaggiare ma non ai vescovi. La Russia ha taciuto in un eloquente silenzio. E non è un caso se Ucanews, l’agenzia di notizie e approfondimenti cattolici in Asia, domenica 3 ha titolato: «la visita di papa Francesco colloca la Chiesa mongola al centro della mappa geopolitica globale».
Papa Francesco si è mosso bene tra questi due estremi e all’interno di un cattolicesimo non solo minoritario, ma significativamente minoritario. Come hanno mostrato i discorsi e gli incontri.
Al momento dell’accoglienza ufficiale, il 2 settembre, con autorità civili locali e corpo diplomatico, papa Francesco ha intessuto un discorso fondato sull’importanza pratica, materiale e simbolica delle «ger», le abitazioni tradizionali in tenda. Sono simbolo di accoglienza, di apertura al trascendente, di un rispetto delle tradizioni che convive con la modernizzazione. Sullo sfondo di una Mongolia pacifica e neutrale, le ger hanno svolto il ruolo di filo conduttore simbolico del viaggio.
«Le ger, ha notato il Papa, presenti nelle zone rurali così come nei centri urbanizzati, testimoniano inoltre il prezioso connubio tra tradizione e modernità; esse infatti accomunano la vita di anziani e giovani, raccontando la continuità del popolo mongolo, che dall’antichità al presente ha saputo custodire le proprie radici, aprendosi, specialmente negli ultimi decenni, alle grandi sfide globali dello sviluppo e della democrazia. La Mongolia di oggi, infatti, con la sua ampia rete di relazioni diplomatiche, la sua attiva adesione alle Nazioni Unite, il suo impegno per i diritti umani e per la pace, riveste un ruolo significativo nel cuore del grande continente asiatico e nello scenario internazionale. Vorrei menzionare anche la vostra determinazione a fermare la proliferazione nucleare e a presentarsi al mondo come Paese senza armi nucleari: la Mongolia non è solo una nazione democratica che attua una politica estera pacifica, ma si propone di svolgere un ruolo importante per la pace mondiale. Inoltre – altro provvido elemento da segnalare – la pena capitale non compare più nel vostro ordinamento giudiziale».
Da rilevare l’inserzione degli elementi culturali locali nella comprensione del cristianesimo. «Quello che per noi cristiani è il creato, cioè il frutto di un benevolo disegno di Dio, voi ci aiutate a riconoscere e a promuovere con delicatezza e attenzione, contrastando gli effetti della devastazione umana con una cultura della cura e della previdenza, che si riflette in politiche di ecologia responsabile. Le ger sono spazi abitativi che oggi si potrebbero definire smart e green, in quanto versatili, multi-funzionali e a impatto-zero sull’ambiente. Inoltre, la visione olistica della tradizione sciamanica mongola e il rispetto per ogni essere vivente desunto dalla filosofia buddista, rappresentano un valido contributo all’impegno urgente e non più rimandabile per la tutela del pianeta Terra».
Della riflessione svolta in Cattedrale, nell’incontro con la Chiesa locale, va sottolineato un passaggio in cui papa Francesco parla di Maria. «Carissimi, in questo cammino di discepoli-missionari avete un sostegno sicuro: la nostra Madre celeste, che – mi è piaciuto tanto scoprirlo! – ha voluto darvi un segno tangibile della sua presenza discreta e premurosa lasciando che si trovasse una sua effigie in una discarica. Nel luogo dei rifiuti è comparsa questa bella statua dell’Immacolata: lei, senza macchia, immune dal peccato, ha voluto farsi così vicina da essere confusa con gli scarti della società, così che dallo sporco della spazzatura è emersa la purezza della Santa Madre di Dio, la Madre del Cielo. Ho saputo dell’interessante tradizione mongola della suun dalai ijii, la mamma dal cuore grande come un oceano di latte. Se, nella narrazione della Storia segreta dei Mongoli, una luce discesa attraverso l’apertura superiore della ger feconda la mitica regina Alungoo, voi potete contemplare nella maternità della Vergine Maria l’azione della luce divina che dall’alto accompagna ogni giorno i passi della vostra Chiesa».
E le televisioni – sempre alla ricerca frenetica di immagini – hanno dato ampio risalto alla storia dell’anziana donna che ha trovato in una discarica la piccola statua della Madonna. Poi convertitasi al cristianesimo, la donna ha incontrato papa Francesco ed ha raccontato con commozione la storia della sua semplice vita.
Le Missionarie della Carità, presenti dal 1998, hanno raccontato qualcosa al papa della loro esperienza. La presenza del mondo laicale è stata riassunta dal racconto fatto da Rufina Chamingerel, operatrice pastorale, riportato da L’Osservatore Romano. La donna ha confidato al papa di essere diventata credente quando era studentessa. Poi quell’entusiasmo «si trasformò in un’importante responsabilità»: andare a studiare a Roma per aiutare la Chiesa mongola a crescere. Fu da questa decisione che iniziò la sua attuale vita di operatrice pastorale. «Imparando a conoscere il cattolicesimo – ha aggiunto – mi è sembrato di imparare una nuova lingua che si chiama lingua cattolica. Sto studiando questa lingua da 14 anni e continuerò ad impararla». Quando un anno fa il prefetto apostolico Giorgio Marengo è diventato cardinale – ha raccontato Rufina – diverse persone si chiedevano chi fosse un cardinale, perché «la nostra Chiesa è in quella fase tipica dei bambini che pongono costantemente domande».
La ger ha fatto da filo conduttore al discorso nell’incontro interreligioso, in un paese buddista, ateo ufficialmente fino al 1990 (caduta del comunismo). Papa Francesco ha ribadito che le religioni hanno il compito di camminare insieme sulla via della pace e del dialogo. Per la Chiesa cattolica il dialogo è irreversibile. «La ger evoca l’essenziale apertura al divino. La dimensione spirituale di questa dimora è rappresentata dalla sua apertura verso l’alto, con un solo punto dal quale entra la luce, nella forma di un lucernario a spicchi. […] L’umana convivenza che si attua nello spazio circolare è così costantemente rimandata alla sua vocazione verticale, alla sua vocazione trascendente e spirituale. […] La nostra responsabilità è grande, specialmente in quest’ora della storia, perché il nostro comportamento è chiamato a confermare nei fatti gli insegnamenti che professiamo; non può contraddirli, diventando motivo di scandalo. Nessuna confusione dunque tra credo e violenza, tra sacralità e imposizione, tra percorso religioso e settarismo. La memoria delle sofferenze patite nel passato – penso soprattutto alle comunità buddiste – dia la forza di trasformare le ferite oscure in fonti di luce, l’insipienza della violenza in saggezza di vita, il male che rovina in bene che costruisce. Così sia per noi, discepoli entusiasti dei rispettivi maestri spirituali e servitori coscienziosi dei loro insegnamenti, disposti ad offrirne la bellezza a quanti accompagniamo, come amichevoli compagni di strada. Questo sia vero, perché in società pluralistiche e che credono nei valori democratici, come la Mongolia, ogni istituzione religiosa, regolarmente riconosciuta dall’autorità civile, ha il dovere e in primo luogo il diritto di offrire quello che è e quello che crede, nel rispetto della coscienza altrui e avendo come fine il maggior bene di tutti».
Memoria, testimonianza, incoraggiamento
La messa della domenica, alla presenza della comunità cattolica e di alcuni vescovi coreani, come di alcuni gruppi di cattolici da Russia e Cina (con i due vescovi di Hong Kong, il cardinale Tong Hon e il futuro porporato Chow, rispettivamente vescovo emerito e attuale di Hong Kong), è stata caratterizzata dalla spiegazione di cosa è il cristianesimo. «Questa è la verità che Gesù ci invita a scoprire, che Gesù vuole svelare a voi tutti, a questa terra di Mongolia: non serve essere grandi, ricchi o potenti per essere felici: no! Solo l’amore ci disseta il cuore, solo l’amore guarisce le nostre ferite, solo l’amore ci dà la vera gioia. E questa è la via che Gesù ci ha insegnato e ha aperto per noi».
Tra gli elementi di interesse giornalistico nel viaggio, i giornalisti al seguito sono stati colpiti dall’ampio riferimento con cui papa Francesco dopo l’Angelus ha parlato del sacerdote gesuita Pierre Teilhard de Chardin. «La Messa è azione di grazie, ‘Eucaristia’. Celebrarla in questa terra mi ha fatto ricordare la preghiera del padre gesuita Pierre Teilhard de Chardin, elevata a Dio esattamente 100 anni fa, nel deserto di Ordos, non molto lontano da qui. Dice così: «Mi prostro, o Signore, dinanzi alla tua Presenza nell’Universo diventato ardente e, sotto le sembianze di tutto ciò che incontrerò, e di tutto ciò che mi accadrà, e di tutto ciò che realizzerò in questo giorno, io Ti desidero, io Ti attendo». Padre Teilhard era impegnato in ricerche geologiche. Desiderava ardentemente celebrare la santa Messa, ma non aveva con sé né pane né vino. Ecco, allora, che compose la sua «Messa sul mondo», esprimendo così la sua offerta: «Ricevi, o Signore, questa Ostia totale che la Creazione, mossa dalla tua attrazione, presenta a Te nell’alba nuova». E una preghiera simile era già nata in lui mentre si trovava al fronte durante la Prima guerra mondiale, dove operava come barelliere. Questo sacerdote, spesso incompreso, aveva intuito che «l’Eucaristia è sempre celebrata – in un certo senso – sull’altare del mondo» ed è «il centro vitale dell’universo, il centro traboccante di amore e di vita inesauribile» (Enc. Laudato si’, 236), anche in un tempo come il nostro di tensioni e di guerre». È sembrata – e forse lo era – una vera e propria riabilitazione. Anche se c’è da dire che oggi, a tanti anni di distanza, la visione di Teilhard de Chardin non ha proprio bisogno di ‘riabilitazioni’ e le condanne della sua epoca cadono da tempo.
Quanto allo scenario geopolitico, papa Francesco al termine della messa, salutando i due vescovi di Hong Kong, si è rivolto alla Cina, direttamente. «Vorrei approfittare di questa presenza per inviare un caloroso saluto al nobile popolo cinese. A tutto il popolo auguro il meglio, e andare avanti, progredire sempre. E ai cattolici cinesi chiedo di essere buoni cristiani e buoni cittadini. A tutti». Resterà ora da vedere la risposta da Pechino. Per la Mongolia, come ha annunciato il papa nel discorso al presidente, si sta lavorando per avere piene relazioni diplomatiche e riconoscere in modo formale la presenza cattolica, attiva nel campo della carità, dell’assistenza, dell’evangelizzazione e della promozione umana.
FABRIZIO MASTROFINI