Bignardi Paola
Orizzonti nuovi e impensati
2023/10, p. 22
Nella sensibilità giovanile di oggi vi sono le premesse per una fede personale e capace di coinvolgere tutta la persona… Non mancano le derive possibili: quella del soggettivismo, di una religiosità «fai da te», di una fede senza comunità. Ciò che è in gioco non è la fede dei giovani, ma il profilo del cristianesimo di oggi e di domani.

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GIOVANI E FEDE
Orizzonti nuovi e impensati
Nella sensibilità giovanile di oggi vi sono le premesse per una fede personale e capace di coinvolgere tutta la persona… Non mancano le derive possibili: quella del soggettivismo, di una religiosità «fai da te», di una fede senza comunità. Ciò che è in gioco non è la fede dei giovani, ma il profilo del cristianesimo di oggi e di domani.
Introduzione
Le riflessioni sviluppate nei contributi precedenti hanno messo in luce una realtà giovanile molto diversa da quella delle generazioni che l’hanno preceduta. Si direbbe che quel cambiamento d’epoca di cui ha parlato papa Francesco qui manifesti una delle sue conseguenze più marcate: preoccupanti per alcuni, promettenti per altri. Molto dipende dall’atteggiamento con cui si guarda ad esse, ma anche dalla naturale ambiguità che caratterizza la realtà umana.
Per quanto riguarda i giovani, l’aumentato valore attribuito al Sé – ad esempio – può evolvere verso un individualismo esasperato o verso una ricca capacità di introspezione; verso un ripiegamento narcisistico o verso un più forte riconoscimento della dignità della persona. L’accresciuta sensibilità per le emozioni può rendere le relazioni più fragili e superficiali, oppure dare ad esse un calore che permette di partecipare in modo più intenso alla vita degli altri e di sperimentare nuove prossimità.
Gli esempi si potrebbero moltiplicare.
Tutto questo riguarda anche l’esperienza religiosa: nei cambiamenti che riguardano l’umano e che hanno nei giovani una particolare evidenza vi sono molti elementi preziosi per una fede che abbia radici nella profondità della coscienza. Nella sensibilità giovanile di oggi vi sono le premesse per una fede personale e capace di coinvolgere tutta la persona: non solo mente e volontà, ma anche cuore, relazioni, progetti di vita… Non mancano le derive possibili: quella del soggettivismo, di una religiosità «fai da te», di una fede senza comunità. Ma lasciarsi paralizzare dai rischi, anziché provocare dalle opportunità possibili, è rinunciare a vivere questo tempo come il tempo propizio nel quale Dio ci dà appuntamento per offrirci novità e vitalità.
Nei profondi cambiamenti in atto vi è dunque una doppia faccia. Che cosa può decidere che la bilancia penda da una parte o dall’altra? Penso che questo sia lo spazio dell’educazione, che allena a stare sullo stretto crinale di una libertà che consente di vedere la bellezza e la convenienza di orizzonti nuovi e impensati.
La sfida di educare
La sfida di educare e di continuare ad educarsi, da adulti e per tutta la vita, è impegnativa e appassionante. È un compito per persone che hanno il fascino di esplorare territori nuovi, che sanno affrontare rischio e incertezza, nella fiducia di trovare molto più di ciò che lasciano e nella convinzione che nel nuovo che si affaccia vi sia un bene alla cui ricerca vale la pena di dedicarsi.
All’educatore, spesso smarrito di fronte a ragazzi e giovani che comprende sempre meno, penso che venga spontaneo a questo punto chiedersi: che fare? Come entrare in comunicazione con generazioni che di fronte alla vita hanno atteggiamenti così diversi rispetto a quelli cui si è abituati? Quelle che sembrano trasgressioni possono nascondere qualcosa di nuovo, di ricco, di valido?
Chi si occupa di riflettere sulle questioni educative è abituato a sentirsi rivolgere la domanda: «che fare? Va bene la lettura della realtà, ma ora con quali scelte la si affronta?». Anche al termine delle riflessioni condotte nei numeri precedenti sulla condizione giovanile e soprattutto sul rapporto dei giovani e la loro esperienza religiosa e spirituale, mi aspetto che qualcuno chieda: «e ora, che cosa fare? Come affrontare questa situazione così complessa da apparire indecifrabile?».
Proprio perché complessa, dinamica, in movimento, è impossibile dire se e quali scelte sono possibili, efficaci, utili sul piano educativo.
Le ricerche cui personalmente ho partecipato negli ultimi anni, particolarmente quella ora in corso sui giovani che si sono allontanati dalla Chiesa e dalla pratica religiosa, delineano un panorama inedito, di grandissimo interesse, che non può essere affrontato né attraverso semplificazioni né attraverso risposte affrettate, destinate a rivelarsi illusorie. Mi pare che vi sia una scelta necessaria e urgente: quella di continuare a cercare, a studiare, ad ascoltare, per capire più in profondità, per esplorare con sempre maggiore attenzione una realtà che si colloca in un cambio d’epoca.
I primi risultati dell’indagine che ho citato e che è ancora in corso mettono in risalto molti aspetti interessanti su cui occorre condurre seri approfondimenti: i punti deboli della formazione che hanno ricevuto, le trasformazioni in atto nel modo di credere di oggi in cui si specchiano i cambiamenti riguardanti il modo complessivo di interpretare l’umano.
Ne cito tre, tra i più significativi, a mo’ di esempio.
Il passaggio dalla religiosità infantile a una fede adulta mi pare tra i più rilevanti. Si direbbe che il percorso della maggioranza dei giovani di oggi sia un sentiero interrotto. È una frattura che avviene apparentemente dopo la Cresima, in effetti qualche anno dopo, consapevolmente e in maniera deliberata. La decisione avviene nel momento in cui terminano la fanciullezza e la preadolescenza, quando l’identità personale si ristruttura e prende la fisionomia che maturerà nella giovinezza e nell’età adulta. Allora avviene l’abbandono della religiosità appresa nelle fasi precedenti. Qualcuno afferma che questa frattura sancisce il fallimento del cammino dell’iniziazione cristiana. Può darsi che sia così, ma la questione mi pare che vada diversamente approfondita. Potrebbe essere piuttosto il fallimento del passaggio a un modo adulto di vivere la fede. Si tratta di un passaggio che non avviene a 13-14 anni (età in cui in genere si celebra la Cresima), ma qualche anno dopo, quando i ragazzi spesso hanno perduto i contatti con i luoghi tradizionali dell’educazione cristiana. È un passaggio che ha bisogno di discontinuità rispetto non solo al modo di credere della fanciullezza, ma anche ai luoghi, alle esperienze, al tipo di relazione, ai linguaggi… È significativo che molti dei giovani che oggi continuano a dichiararsi credenti e praticanti dicano non di essere rimasti, ma di essere tornati, dopo il passaggio di una crisi attraverso la quale la loro fede è stata rifondata su ragioni nuove, coerenti con le persone che sono diventati diventando adulti.
Decisamente più complessa è la questione del rifiuto della dimensione istituzionale della fede. Molti giovani attribuiscono il loro allontanamento dalla pratica religiosa e spesso dalla fede per il legame tra la fede e la Chiesa. Molti di loro continuano a ritenersi credenti, con una modalità che, avendo perso i contatti con un contesto comunitario, rischia di diventare individualistica e soggettiva. È riprova di questo l’idea che i giovani si sono fatti di Dio, che non è per nulla assente dal loro orizzonte; i giovani rivelano un senso vivo e al tempo stesso problematico di Dio, del suo mistero, della sua esistenza. Alcuni modi di pensare Dio rivelano una vitalità spirituale straordinaria, tanto più che nelle interviste della ricerca citata prima, la domanda su Dio è stata loro posta senza che ad essa fossero preparati. L’intensità di alcune risposte rivela che quella per gli intervistati non era una riflessione improvvisata, né un pensiero che si ponevano per la prima volta.
La terza questione che cito è quella che riguarda la spiritualità, di cui come si è già visto, i giovani hanno una visione e un’esperienza molto diversa rispetto a quella cui si è abituati. La natura, il fascino che essa esercita su di loro, la dimensione estetica sono tra i temi che maggiormente coinvolgono il loro mondo interiore, che molti di loro sono abituati a esaminare con una rara capacità di introspezione. In genere si sentono molto più vicini a un modo spirituale più che a un modo religioso di interpretare la vita. Religione e spiritualità, Dio ed esperienza interiore sono distinti: si può essere spirituali senza essere religiosi e senza credere in Dio.
Anche questo tema si rivela una grande opportunità, se affrontata con categorie diverse rispetto a quelle tradizionali.
Bastano questi tre esempi per mostrare come, più che trarre conclusioni dalla conoscenza dell’attuale mondo giovanile, sia necessario avviare percorsi di ricerca, che mettano meglio a fuoco elementi di un cambiamento che sta conducendo ad un mondo nuovo. Si tratta di una ricerca che prima che riguardare le scienze della formazione riguarda la teologia, la spiritualità, la pastorale, le scienze sociali che si occupano della religiosità …. Gli esempi citati mostrano che negli atteggiamenti dei giovani vi sono non poche provocazioni per le prassi pastorali ed ecclesiali; per la capacità della cultura cristiana di essere contemporanea della realtà umana e sociale in cui è radicata. Ciò che è in gioco non è la fede dei giovani, ma il profilo del cristianesimo di oggi e di domani.
Si può iniziare da oggi
Vi sono tuttavia alcune attenzioni educative che già oggi possono essere prese in considerazione e che sono tutt’altro che scontate. Penso che ogni educatore sia una persona che vuole bene, cioè che vuole il bene, delle persone che gli sono affidate, e vive nella libertà questo desiderio. Per questo la sua preoccupazione costante è quella di entrare in comunicazione con loro. Gli serve umiltà, desiderio di capire, di sostenere. L’atteggiamento dell’ascolto è quello che meglio raccoglie in sé tutte queste caratteristiche. I giovani hanno un grande bisogno di sentirsi ascoltati: quando trovano qualcuno disposto a farlo, lo ringraziano continuamente, più sorpresi che contenti di questa possibilità. Nella loro esperienza hanno incontrato quasi sempre persone che hanno cercato di dire loro che cosa fare, come vivere, che cosa è vietato e che cosa è comandato…. Non si aspettano che vi sia qualcuno che ritiene importante capire che cosa passa nel loro cuore, come vivono, che cosa sperimentano, che cosa sognano, di che cosa avvertono il bisogno. Pochi educatori credono al valore formativo dell’ascolto; che non è un espediente per fare proposte più efficaci, ma è gesto gratuito di accoglienza dell’altro, è desiderio di comunione e di cura, è mettersi al fianco dell’altro per fare con lui un pezzo di strada.
Educare non è far coincidere la vita dell’altro con un modello prestabilito, ma è liberare la sua libertà, perché possa essere se stesso, percorrendo una via buona di cui gli adulti, con la loro esperienza e il loro esempio, gli hanno fatto intravedere una strada che l’altro dovrà percorrere a modo suo, rinnovando i modelli che lo hanno preceduto e aprendo strade di novità. Anche per questo, l’ascolto è un’esperienza spirituale; è attenzione allo Spirito che si muove in modo discreto e parla per sussurri nella vita delle persone e negli eventi della storia.
Conclusione
Se ci si mette in questo orizzonte, ci si rende conto che i giovani ci offrono delle chiavi per entrare nel loro mondo. Alcune di esse sono state già citate: le emozioni, il bisogno di autenticità, la domanda di relazioni, l’inquietudine di ricerche aperte… sono piccole fessure per entrare in dialoghi che forse possono contribuire ad aprire le nuove generazioni alla fede e al tempo stesso rigenerare la fede degli adulti. Sappiamo che la nostra esperienza di adulti corre il rischio di irrigidirsi in schemi che invecchiano, che tendono a ripetersi, che ci riportano ad un passato rassicurante. Le intuizioni spirituali dei giovani hanno bisogno certo di essere purificate, di passare attraverso le prove della vita, ma sono aperture preziose attraverso cui passare per attraversare insieme a loro territori interiori e spirituali inesplorati e carichi di mistero. E contribuire a delineare il profilo di un cristianesimo contemporaneo.
PAOLA BIGNARDI