Dall'Osto Antonio
Brevi dal mondo
2023/1, p. 36
INDIA Crescono sempre di più gli attacchi contro i cristiani. UCRAINA Indetto l’Anno della Misericordia MISSIONI – LETTERA APERTA ALLE COMUNITÀ CRISTIANE Noi preti stranieri in Italia

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Testimoni
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India
Crescono sempre di più gli attacchi contro i cristiani
In India cresce l’oppressione contro i cristiani “non solo di anno in anno, ma persino di mese in mese”. Lo ha dichiarato, il 26 novembre scorso, in un comunicato stampa, il Forum Cristiano Unito (UCF), gruppo cristiano interconfessionale, con sede nella capitale Nuova Delhi, che sostiene le libertà fondamentali, promuovendo i valori della giustizia, dell’equità e della libertà. Secondo i dati raccolti dall'UCF – riportati dal portale Uca News – attraverso la sua help line, al 21 novembre 2022 sono stati segnalati in totale 511 incidenti, contro i 505 del 2021. I dati mostrano che le province dell’Uttar Pradesh nel nord, seguite dal Chhattisgarh nell’India centrale, dal Tamil Nadu e dal Karnataka nel sud, sono i luoghi più pericolosi della nazione per i cristiani. L’Uttar Pradesh ha riportato 149 incidenti, il Chhattisgarh 115, e il Tamil Nadu e il Karnataka 30 incidenti ciascuno. "La crescente incidenza della violenza contro le minoranze religiose è una situazione incresciosa che contesta le promesse elettorali di una crescita inclusiva del primo ministro Narendra Modi", ha affermato il presidente del Forum Cristiano Unito, A.C. Michael.
Il modo di agire degli aggressori sembra essere sempre lo stesso: consiste nel lanciare accuse di attività di conversione religiosa, far irruzione durante le riunioni di preghiera o nell’aggredire singoli individui o piccoli gruppi di cristiani. La conversione religiosa è diventata un argomento molto caldo negli ultimi tempi, ma come ha sottolineato John Moolachira, arcivescovo di Guwahati ad UCA News, il 25 novembre 2022, non c'è nulla di vero e nessuno, compresi i governi, ha dei dati a sostegno di queste affermazioni.
“La Chiesa – ha detto – non indulge mai a tali attività né le sostiene. Alcuni gruppi provenienti da altre parti del Paese vengono qui e cercano di dividere le persone nella nostra regione, cosa che noi condanniamo". I crimini – sottolinea l’UCF - vengono compiuti impunemente. La polizia, infatti, chiude un occhio o arresta i cristiani, servendosi dell’accusa di conversioni forzate. Secondo Michael, la violenza contro le comunità cristiane è aggravata proprio dall’incapacità della polizia di indagare e perseguire i responsabili, nonostante la Corte Suprema indiana abbia dato al governo una serie di indicazioni per fermare questi criminali atti della folla che governa. Finora, nel Paese sono stati registrati 79 casi contro religiosi, accusati di essere coinvolti in attività di conversione, senza che ciò sia mai stato provato in tribunale e diversi laici, inoltre, languono in carcere, poiché i tribunali hanno negato loro la libertà provvisoria. (Anna Poce – Città del Vaticano)
Ucraina
Indetto l’Anno della Misericordia
I vescovi cattolici dell’Ucraina, durante l’assemblea Plenaria del 21 – 26 Novembre scorso hanno indetto un “Anno della Misericordia” perché “le ferite e le devastazioni causate dalla guerra sono così grandi che ci vorranno molti anni e molti sforzi per sanarle e ricostruire ciò che è stato distrutto”. L’ “Anno” ha avuto inizio il 27 novembre 2022 e proseguirà fino alla solennità di Cristo Re nel 2023. La Misericordia è dunque la via indicata dall’episcopato cattolico per un paese fortemente provato dalla guerra. “Abbiamo bisogno di forza – scrivono i vescovi – per vivere, amare, difendere il nostro Paese e servire gli altri con il nostro lavoro. Abbiamo bisogno di una pace profonda nel cuore e di una speranza incrollabile. Abbiamo bisogno di una fede forte che modellerà le nostre decisioni e azioni. Oggi stiamo vivendo gli orrori della guerra” e “stiamo vivendo le conseguenze delle azioni di persone che, non conoscendo la misericordia di Dio, sono venute nella nostra terra per uccidere e distruggere. Quanto male, violenza, bugie, meschinità e cinismo porta il nemico. Tutto ciò è il segno della freddezza di un’anima vuota che ha rifiutato Dio. Ma corriamo anche noi il pericolo di raffreddare i nostri cuori” e di lasciarsi andare a “disperazione, stanchezza, odio o scoraggiamento”.Da qui l’invito ad attingere forza dal “Signore, che ci chiama: ‘Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi…’ (Mt 11,28)”. “Il mondo ha bisogno della misericordia, della misericordia di Dio. Riusciremo a trasmettere la misericordia di Dio solo quando attingeremo noi stessi da essa. Siamo consapevoli che solo in Dio è la nostra forza e il nostro potere”.
I vescovi delineano nel messaggio anche azioni concrete che nascono da un atteggiamento misericordioso. Rivolgono un pensiero particolare ai “militari, che proteggono la nostra Casa comune a costo della loro vita e della loro salute. Avvolgiamoli nella nostra preghiera”. “Consoliamo coloro ai quali la guerra ha portato via parenti, amici e conoscenti”, scrivono i vescovi che continuano: “Apriamo le porte delle nostre case agli orfani. Non dimentichiamo gli anziani che sono stati cacciati dalle loro città o villaggi a causa della guerra, distruggendo le loro case. Stiamo vicini ai migranti forzati, facciamogli sentire la gentilezza del nostro cuore, perché un altro luogo di residenza e un ambiente sconosciuto non siano per loro aspri e insopportabili”. L’esortazione finale è trovare “in questo tempo di guerra”, “la saggezza, il coraggio e la forza per essere testimoni della Sua Misericordia”. (M.C.B.)
Missioni – Lettera aperta alle comunità cristiane
Noi preti stranieri in Italia
Si è svolto al Cum, Centro unitario per la formazione missionaria di Verona un percorso di aggiornamento per operatori pastorali stranieri attivi nelle diocesi italiane. Alla fine della settimana formativa, hanno desiderato scrivere e inviare questa lettera alla Chiesa italiana impegnata nel Cammino sinodale.
“Siamo presbiteri provenienti dall’Africa, dall’Europa, dall’Asia e dall’America. Ci troviamo in Italia, a servizio delle diocesi, da almeno un anno”. Comincia così la lettera aperta scritta da un numeroso gruppo di preti che dal 17 al 21 ottobre 2022 hanno frequentato il corso di aggiornamento per operatori pastorali stranieri che lavorano in Italia. In seguito a quella esperienza, hanno voluto comunicare alcune loro riflessioni, dopo essere stati – scrivono nella missiva affidata alle riviste Noticum e Popoli e Missioni – “coinvolti in una dinamica di dialogo sinodale”.
“In Italia una Chiesa viva”. “La nostra prima parola è di ringraziamento per le Chiese che ci hanno accolto e ci permettono di stare qui. Per quando riguarda il nostro inserimento nelle comunità parrocchiali, soprattutto all’inizio, abbiamo notato una diffidenza e talvolta anche freddezza da parte della gente. Tuttavia dobbiamo riconoscere e ringraziare chi si è dimostrato aperto verso noi preti stranieri e paziente nell’accettare la nostra difficoltà con la lingua”. La testimonianza prosegue così: “in realtà, ciò che ci motiva è il desiderio di condividere con il popolo e con la Chiesa in Italia la ricchezza culturale ed ecclesiale dei Paesi e delle comunità cristiane che ci inviano, con gentilezza e senza pretese, ad accogliere una nuova cultura e ad inserirci in una tradizione cristiana che sentiamo ancora profondamente radicata”.
Impegno, generosità, formazione… “Stiamo scoprendo tante ricchezze nella Chiesa che è in Italia: la sua storia plurimillenaria, l’organizzazione, anche economica, le strutture, come gli oratori, la presenza di cristiani convinti, la generosità del loro impegno, la solidarietà, la serietà dei cammini di formazione, specie del clero, la varietà di espressioni di pietà popolare e di forme di preghiera”. D’altra parte, nelle Chiese “che ci accolgono riscontriamo anche dei limiti” come “l’invecchiamento dei partecipanti, la poca presenza dei giovani, un certo senso di superiorità, una certa stanchezza e monotonia, si vedano ad esempio i canti, il clero anziano che tende a conservare ed ha paura delle novità, o ad accomodarsi, senza più slancio o coraggio nell’affrontare temi decisivi”.
“Rigidità, difficoltà di dialogo, diffidenza”. Una lettura piuttosto netta della Chiesa in Italia… E il loro inserimento è spesso segnato da “difficoltà”, perché “incontriamo rigidità, difficoltà di dialogo, diffidenza davanti a nuove proposte. Ci pesa in alcuni casi la mancanza di comunicazione e di dialogo coi confratelli o con lo stesso vescovo. La nostra presenza viene vista da alcuni come destabilizzante, si creano rivalità, si teme la diversità. Abbiamo anche notato la necessità di maggiore formazione, specie per i laici, che potrebbe rilanciare le comunità. Ad esempio, la ristrutturazione del territorio in Unità pastorali risulterebbe molto più efficace se fosse adeguatamente preparata da parte di tutti”. Non s’intende, affermano i firmatari, far prevalere un giudizio negativo, perché “siamo contenti di essere qui e soprattutto siamo pronti a donare con gioia quelle che riteniamo essere le ricchezze che portiamo con noi: la nostra persona donata al Signore e agli altri, l’entusiasmo della nostra giovane età e della giovinezza delle Chiese da cui proveniamo. Esse ci hanno fatto provare l’entusiasmo nel vivere la fede, nell’amare la Chiesa, nell’annunciare con coraggio il Vangelo”.
Dialogo a tutti i livelli. Poco oltre nella lettera si legge: “sentiamo di avere sensibilità nell’ascolto di tutti, cominciando dai piccoli e dai poveri: possiamo aiutare nell’accoglienza di chi viene da altri continenti in cerca di migliori condizioni di vita, stiamo diventando esperti di interculturalità, così importante per la nostra società. Abbiamo felicemente scoperto […] tanta ricchezza umana tra di noi” e anche “differenze che rendono bene la bellezza poliedrica della Chiesa”come “la diversità dei riti liturgici (quattro riti oltre a quello latino), la presenza tra di noi di presbiteri sposati di rito orientale, che ci stimola a riscoprire la bellezza tanto della famiglia come della scelta celibe; diversità queste che favoriscono il dialogo ecumenico tra i cristiani e ci rendono tutti più aperti”. Il messaggio si chiude con queste parole: “mentre offriamo il nostro servizio alla Chiesa italiana, ci sentiamo di augurare che la nostra presenza favorisca l’incontro e il dialogo a tutti i livelli: nelle comunità cristiane, nel presbiterio, nella diocesi, il necessario dialogo tra le Chiese, quelle che ci hanno inviato e quelle che ci accolgono, così da sentirci tutti Chiesa missionaria in cammino. Saremo allora segno di un’umanità riconciliata e unita, dove tutti i figli e le figlie di Dio riconoscono di avere un’unica dignità che non dipende dai tratti somatici, dal colore della pelle o dal Paese di provenienza”. (5 Dicembre 2022 Paolo Annechini e Gianni Borsa )
a cura di ANTONIO DALL’OSTO