La santità umanizza il mondo
2023/1, p. 27
Nel vissuto dei santi si coglie con immediatezza il dilatarsi delle potenzialità dell’umano ad opera dell’amore di Dio. Essi sono i testimoni che rendono visibile e tangibile la potenza della grazia di Dio che realizza pienamente le aspirazioni dell’uomo.
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LA CHIAMATA ALLA SANTITÀ
La santità umanizza il mondo
Nel vissuto dei santi si coglie con immediatezza il dilatarsi delle potenzialità dell’umano ad opera dell’amore di Dio. Essi sono i testimoni che rendono visibile e tangibile la potenza della grazia di Dio che realizza pienamente le aspirazioni dell’uomo.
Con l’Esortazione apostolica Gaudete et exsultate (Solennità di San Giuseppe, 19/3/2018) papa Francesco ha offerto alla Chiesa una provvidenziale e coraggiosa riflessione sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo. Sin dall’inizio del pontificato, in più occasioni, egli ha disegnato un profilo di ciò che contraddistingue l’essere santi, indicando anche cosa un santo non è. Per esempio, nella festività di Ognissanti del 2013, ha definito i santi come “amici di Dio”, “non superuomini”, ma persone che hanno vissuto una vita normale e che hanno “conosciuto l’amore di Dio” seguendolo con tutto il cuore, senza condizioni e ipocrisie. Affrontando il tema decisivo della “universale vocazione alla santità” (cf. Udienza generale del 19/11/2014), il Papa ha sottolineato che “tutti i cristiani, in quanto battezzati hanno uguale dignità davanti al Signore e sono accomunati dalla stessa vocazione che è quella alla santità”; si tratta di un dono che viene offerto a tutti, per cui costituisce il carattere distintivo di ogni cristiano: “per essere santi, non bisogna per forza essere vescovi, preti o religiosi”.
I santi fanno storia
Nell’incipit dell’Esortazione apostolica sopra richiamata leggiamo che «il Signore chiede tutto, e quello che offre è la vera vita, la felicità per la quale siamo stati creati. Egli ci vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di un’esistenza mediocre, annacquata, inconsistente» (n.1). I santi fanno storia e portano nel mondo di oggi quell’equilibrio e quell’armonia di cui c’è bisogno. Di recente, in un convegno organizzato a Roma (3-6 ottobre 2022) dal Dicastero delle cause dei santi – che ha coinvolto esperti di teologia, spiritualità, sociologia e comunicazione – il prefetto card. Marcello Semeraro ha dichiarato di voler approfondire quella che papa Francesco chiama ‘la santità della porta accanto’, mettendo a fuoco due temi cruciali: l’eroicità cristiana tra perennità e attualizzazione; la fama di santità in epoca digitale. Tutto ciò è in linea con il compito del Dicastero, che consiste proprio nel riconoscere la santità mediante specifiche e coordinate fasi di discernimento. La santità canonizzata, che propone alla Chiesa intercessori e modelli cui ispirarsi, ha prevalentemente come fine quello di individuare figure esemplari, che superano il vissuto ordinario, per richiamare i battezzati a vivere santamente la loro vita di ogni giorno.
Cristo acquista forma nei santi
I vari cambiamenti culturali, nel corso dei secoli, hanno avuto ricadute sui fenomeni sociali, influenzando in modo particolare l’esperienza di santità. L’accezione culturale di santità ha avuto delle evoluzioni storiche, passando dalla straordinarietà della semplice esistenza cristiana delle origini alla più recente idea che il santo ha la capacità di cogliere i segni della problematicità di questo nostro mondo. Il clima culturale e la situazione storica condizionano dunque i modi con i quali le singole personalità accolgono e sperimentano la vocazione alla santità, arricchendola creativamente nel rapporto “da cuore a cuore, da anima ad anima” con il Signore. Pur se diversi per esperienza mistico-spirituale, epoca e cultura, i santi intendono tutti la stessa cosa: Cristo che acquista forma in loro.
Su questa linea di umanizzazione cristiana ha riflettuto suor Mary Melone (superiora generale delle Suore Francescane Angeline), intervenendo sul tema della “Perenne attualità dei santi”. «Nel vissuto dei santi si coglie con immediatezza il dilatarsi delle potenzialità dell’umano ad opera dell’amore di Dio. Essi sono i testimoni che rendono visibile e tangibile la potenza della grazia di Dio che realizza pienamente le aspirazioni dell’uomo». «Ciò che attrae nei santi e li rende contemporanei a ogni uomo, in ogni epoca, è l’aver assunto in pienezza la forma di Cristo, l’aver assimilato in Lui, completamente, la propria volontà a quella del Padre, il loro poter dire, in verità, “non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Galati 2,20). Non sono i santi a essere sempre attuali: è Cristo a essere attuale, Cristo del cui volto essi sono la rappresentazione viva, continuamente e creativamente offerta al mondo. La perenne attualità dei Santi, in definitiva, non è altro che il dono di poter mostrare al mondo, con la propria vita, Colui che è contemporaneo di ogni uomo, in ogni tempo: Cristo, il Signore della vita!».
Santità e crisi culturale
Con questa prospettiva, la prof.ssa Cecilia Costa (docente di Sociologia dei processi culturali e dell’educazione all’Università degli Studi Roma Tre) ha richiamato la prima ricerca sociologica sulla tematica della santità portata avanti da Sorokin, fondatore del Dipartimento di sociologia dell’Università di Harvard. Egli ha preso in considerazione 3.000 santi cattolici, mettendo a fuoco il legame tra la risposta soggettiva alla vocazione di fede e il paradigma della cultura dominante nei differenti periodi storici. Tale legame viene analizzato a partire dalla tesi del ciclico susseguirsi di tre differenti mentalità di base, che si alternano nel corso della storia. Nel periodo di prevalenza di una mentalità spiritualista (caratterizzata dalla credenza nell’esistenza di una realtà ultima trascendente, dal privilegio accordato alla verità di fede e dalla valutazione critica della realtà mondana a favore di quella spirituale), i santi aumentano di numero con un percorso spirituale che inizia già nell’infanzia, non attivato dunque da un’improvvisa conversione provocata da qualche fatto esterno. Invece nel contesto di una cultura segnata da una mentalità sensista (dove emergono: la negazione dell’esistenza di una realtà ultima trascendente, l’importanza attribuita alla soddisfazione dei bisogni materiali e la convinzione che i sensi siano l’unica fonte di verità), il numero dei santi si riduce e prevalgono i martiri o i convertiti per effetto di un evento che stravolge la loro esistenza. Infine, nella stagione di una mentalità idealistica, contrassegnata dalla mescolanza di elementi spiritualisti e sensisti, la percentuale di santi non registra significative variazioni né positive né negative. Per Sorokin, ha ribadito la prof.ssa Costa, la mentalità culturale sensista (con i suoi tratti materialistici, edonistici, individualistici e utilitaristici), egemone nell’Occidente, ha prodotto degenerazioni sociali. Pertanto, «solo la riaffermazione del sistema spiritualista può riportare le società a un equilibrio etico-valoriale». Per favorire il passaggio dall’egoismo all’altruismo, dalla secolarizzazione al risveglio della fede, diventa davvero necessaria la presenza di nuovi santi, testimoni dell’amore altruistico e creativo che ha come suo modello il Sermone della Montagna offerto al mondo da Gesù.
Mons. Orazio Francesco Piazza, vescovo di Sessa Aurunca, ha arricchito questa riflessione richiamando una pregnante definizione contenuta nel già citato documento papale “Gaudete et exsultate” al n.27: “La santità non è altro che la carità pienamente vissuta”. «Questo è l’alveo in cui scorre il vivere in santità: non tanto e solo ricerca di perfezioni personali, di evidenze miracolose o di opere straordinarie, quanto il dono della misericordia e dell’amore offerti da Dio alla vicenda umana, attraverso persone dedite a trasformare la loro vita e quella degli altri con i segni della dignità filiale che Dio riconsegna alle sue creature». Tre sono gli elementi per un sentiero integrale di vita che dia forma alla carità: “intima unione” (fidarsi, confidare, affidarsi a Dio), “gioiosa umiltà” (vivere con semplicità e disponibilità in unione con Cristo e i fratelli), “fraternità profetica” come stile di comunione e di condivisione. Secondo il vescovo, la vita di oggi ha bisogno delle figure dei santi «in cui diviene manifesta la potenza della grazia di Dio che spinge oltre le logiche della situazione; modelli di vita coraggiosa, paziente, umile e gioiosa, fiduciosa e lievito di speranza per l’uomo e il mondo. Nella loro vita si illumina la congiunzione, incarnata, tra la gloria di Dio e il peso del quotidiano: sono le due condizioni che, in Dio, rendono l’uomo vivente». Siamo sulla lunghezza d’onda di mons. Tonino Bello: «Siate soprattutto uomini. Fino in fondo. Anzi, fino in cima. Perché essere uomini fino in cima significa essere santi. Non fermatevi, perciò, a mezza costa: la santità non sopporta misure discrete» (Scritti, VI, 220).
Santità di popolo e discernimento ecclesiale
Nel discorso ai partecipanti al Convegno, il Papa ha ribadito le coordinate di una santità all’altezza dei tempi. Si tratta di scoprire «la santità nel popolo santo di Dio»: genitori che crescono con amore i figli, donne e uomini che svolgono con impegno il lavoro quotidiano, persone in condizione di infermità, anziani che continuano a sorridere e offrire saggezza. «La testimonianza di una condotta cristiana virtuosa, vissuta nell’oggi da tanti discepoli del Signore, è per tutti noi un invito a rispondere personalmente alla chiamata a essere santi. «Accanto, o meglio, in mezzo a questa moltitudine di credenti, che ho definito “santi della porta accanto” (cf. Gaudete et exsultate, 7), vi sono coloro che la Chiesa indica come modelli, intercessori e maestri. Si tratta dei santi beatificati e canonizzati, i quali ricordano a tutti che vivere il Vangelo in pienezza è possibile ed è bello. La santità, infatti, non è un programma di sforzi e di rinunce, non è fare una “ginnastica spirituale”, no, è un’altra cosa; è anzitutto l’esperienza di essere amati da Dio, di ricevere gratuitamente il suo amore, la sua misericordia». Di certo, i santi non provengono da un “mondo parallelo”: sono credenti che appartengono al popolo fedele di Dio, inseriti nella quotidianità fatta di famiglia, studio, lavoro, vita sociale, economica e politica. «È importante che ogni Chiesa particolare sia attenta a cogliere e valorizzare gli esempi di vita cristiana maturati all’interno del popolo di Dio, che da sempre ha un particolare “fiuto” per riconoscere questi modelli di santità, testimoni straordinari del Vangelo. Occorre, pertanto, tenere in giusta considerazione il consenso della gente attorno a queste figure cristianamente esemplari». «La fama sanctitatis non proviene primariamente dalla gerarchia ma dai fedeli. È il popolo di Dio, nelle sue diverse componenti, il protagonista della fama sanctitatis, cioè dell’opinione comune e diffusa tra i fedeli circa l’integrità di vita di una persona, percepita come testimone di Cristo e delle beatitudini evangeliche». Su questo punto occorre però vigilare oggi in modo particolare sull’accesso ai mezzi di comunicazione: «nell’uso dei media digitali, in particolare delle reti sociali, ci può essere il rischio di forzature e mistificazioni dettate da interessi poco nobili. Occorre, quindi, un discernimento saggio e perspicace di tutti coloro che si occupano della qualità della fama di santità. D’altro canto, un elemento che comprova la fama sanctitatis o la fama martirii è sempre la fama signorum». Sono i segni miracolosi che si manifestano quando i fedeli, convinti della santità di un cristiano, fanno ricorso alla sua intercessione: l’esaudimento della preghiera da parte di Dio rappresenta una conferma di tale convinzione».
MARIO CHIARO