Chiaro Mario
Gli anziani maestri di fede e di umanizzazione
2022/9, p. 20
Le numerose catechesi del Papa sull’età anziana, aiutano a discernere lo specifico carisma dell’anziano, che si manifesta come un vero e proprio ‘magistero’, un ‘ministero’ che mette in risalto il suo ruolo sociale e pastorale. Dare testimonianza di umanità e di fede è la vocazione degli anziani. Le riflessioni del Papa traggono ispirazione anche da significative figure bibliche.

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MESSAGGIO E LUNGA CATECHESI DI PAPA FRANCESCO
Gli anziani maestri di fede
e di umanizzazione
Le numerose catechesi del Papa sull’età anziana, aiutano a discernere lo specifico carisma dell’anziano, che si manifesta come un vero e proprio ‘magistero’, un ‘ministero’ che mette in risalto il suo ruolo sociale e pastorale. Dare testimonianza di umanità e di fede è la vocazione degli anziani. Le riflessioni del Papa traggono ispirazione anche da significative figure bibliche.
Tra le peculiari attenzioni pastorali di papa Francesco c’è sicuramente quella che riguarda nonni e anziani. In occasione della II Giornata mondiale a essi dedicata (27-7-2022), il Pontefice ha scritto un Messaggio che raccoglie i temi principali della sua visione su questa età della vita. Si tratta di un testo che per certi versi sintetizza i temi toccati dalle numerose Udienze dedicate alla “Catechesi sulla vecchiaia” iniziate nel febbraio 2022.
Immersi in una “cultura dello scarto”
Il Messaggio della Giornata mondiale dei nonni e degli anziani si dipana a partire dalla “cultura dello scarto”, che porta a considerare la vecchiaia come una “malattia” con la quale è meglio evitare ogni tipo di contatto: «i vecchi non ci riguardano ed è opportuno che stiano il più lontano possibile, magari insieme tra loro, in strutture che se ne prendano cura e ci preservino dal farci carico dei loro affanni». Uno dei più illustri gerontologi contemporanei, Jerôme Pellissier, ha scritto: “Non è un caso se i tre discorsi dominanti sulle persone anziane sono di ordine demografico, medico ed economico: invece di pensare la vecchiaia, ci si focalizza sui numeri, sui corpi e sui costi. La stessa difficoltà di trovare il termine adeguato testimonia il malessere: ‘vecchio’ in opposizione a ‘giovane’, percepito quasi come un insulto, è diventato una specie di tabù”.
Per la Scrittura la lunga vita
è una benedizione
A questa cultura si contrappone la prospettiva della Scrittura, che insegna a considerare una lunga vita come “benedizione”, dal momento che gli anziani sono segni viventi della benevolenza di Dio che dà la vita in abbondanza. Le società più sviluppate spendono molto per loro, ma non aiutano a interpretare questo periodo dell’esistenza: si «offrono piani di assistenza, ma non progetti di esistenza». Perciò si registra la tendenza a «esorcizzare la vecchiaia nascondendo le rughe e facendo finta di essere sempre giovani. La vecchiaia non è un tempo inutile in cui farci da parte tirando i remi in barca, ma una stagione in cui portare ancora frutti di umanizzazione: c’è una missione nuova che contribuisce alla “rivoluzione della tenerezza”, spirituale e disarmata, che ci rende ancora protagonisti. Il nostro mondo vive un tempo di dura prova, segnato prima dalla inaspettata pandemia, poi da una guerra che mina pace e sviluppo globale. «Non è casuale che la guerra sia tornata in Europa nel momento in cui la generazione che l’ha vissuta nel secolo scorso sta scomparendo». Di fronte a tutto ciò, abbiamo bisogno di «una conversione, che smilitarizzi i cuori, permettendo a ciascuno di riconoscere nell’altro un fratello». Per nonni e anziani c’è insomma una grande responsabilità: «insegnare alle donne e agli uomini del nostro tempo a vedere gli altri con lo stesso sguardo comprensivo e tenero che rivolgiamo ai nostri nipoti. Abbiamo affinato la nostra umanità nel prenderci cura del prossimo e oggi possiamo essere maestri di un modo di vivere pacifico e attento ai più deboli».
La felicità è un pane che si mangia insieme
Come già detto, papa Francesco ha offerto una riflessione organica su questi temi all’interno di una lunga serie di catechesi sulla vecchiaia. Nella prima catechesi (23-2-2022: l’alleanza delle età della vita) e nella diciassettesima (17-8-2022: la vecchiaia rassicura sulla destinazione alla vita che non muore più) egli confida qual è per lui “il nocciolo, il più centrale della vecchiaia”. Gli anziani devono «rendere testimonianza ai bambini della loro benedizione», che consiste nella loro «iniziazione al mistero di una destinazione alla vita che nessuno può annientare. Neppure la morte». «Dare testimonianza di umanità e di fede è la vocazione degli anziani… Noi vecchi siamo chiamati a questo, a dare il testimone, perché loro lo portino avanti». Il focus riguarda il “nuovo popolo” degli anziani, mai stati così numerosi nella storia umana: «Assieme alle migrazioni, la vecchiaia è tra le questioni più urgenti che la famiglia umana è chiamata ad affrontare in questo tempo… è in gioco l’unità delle età della vita, il reale punto di riferimento per la comprensione e l’apprezzamento della vita umana nella sua interezza». Una longevità di massa e un’infanzia distribuita a piccole dosi crea uno squilibrio con diverse conseguenze, a cominciare da «una cultura dominante che ha come modello unico il giovane-adulto, che si fa da sé e rimane sempre giovane».
Il Pontefice pone anche un’altra drammatica questione: «L’esaltazione della giovinezza come unica età degna di incarnare l’ideale umano, unita al disprezzo della vecchiaia vista come fragilità, come degrado o disabilità, è stata l’icona dominante dei totalitarismi del ventesimo secolo. L’abbiamo dimenticato questo?».
Parola di Dio e missionarietà degli anziani
Nel loro complesso le catechesi si caratterizzano per l’impegno a discernere lo specifico carisma dell’anziano, che si manifesta come un vero e proprio ‘magistero’, un ‘ministero’ che mette in risalto il suo ruolo sociale e pastorale. Le riflessioni del Pontefice traggono ispirazione da significative figure bibliche: Noè, Mosè, Noemi e Rut, Eleazaro, Giobbe, Qoelet, Simone e Anna, Nicodemo, la suocera di Pietro, Pietro e Giovanni. In ogni riflessione si collega la vicenda del personaggio con un aspetto della missione che Dio affida ai vecchi.
Per esempio, la storia del ‘vecchio e giusto’ Noè rivela la corruzione che intossica la convivenza: in questo caso la vecchiaia aiuta a cogliere l’inganno di una vita ossessionata dal godimento e vuota di interiorità. «La speciale sensibilità dell’età anziana per i pensieri e gli affetti che ci rendono umani, dovrebbe ridiventare una “vocazione” di tanti. La benedizione di Dio sceglie la vecchiaia, per questo carisma così umano e umanizzante».
Un’altra vicenda, quella di Eleazaro, rivela un ulteriore importante aspetto della missione “anziana”: restituire alla fede il suo onore, con una testimonianza di coerenza fino alla fine. «La fede merita rispetto e onore fino alla fine: ci ha cambiato la vita, ci ha purificato la mente, ci ha insegnato l’adorazione di Dio e l’amore del prossimo… Non baratteremo la fede per una manciata di giorni tranquilli, ma faremo come Eleazaro, coerente fino al martirio. Dimostreremo, in tutta umiltà e fermezza, proprio nella nostra vecchiaia, che credere non è una cosa “da vecchi”, ma è cosa di vita».
Con Giobbe incontriamo un altro testimone della fede che non accetta una “caricatura” di Dio, ma grida la sua protesta di fronte al male, finché Dio risponda e riveli il suo volto. Cogliere la forza di questo grido ci permette di vincere la tentazione del moralismo davanti all’esasperazione e all’avvilimento per il dolore di aver perso tutto.
Davvero la vita può riservare prove sproporzionate rispetto alla piccolezza e fragilità umana. «In certe congiunture della storia, questi cumuli di pesi sembrano darsi come un appuntamento collettivo. È quello che è successo in questi anni con la pandemia di Covid-19 e che sta succedendo adesso con la guerra in Ucraina». In questi frangenti, i vecchi possono offrire una testimonianza che converte ‘il risentimento per la perdita’ nella tenacia per l’attesa della promessa di Dio: essi sono «un presidio insostituibile per la comunità nell’affrontare l’eccesso del male. Lo sguardo dei credenti che si rivolge al Crocifisso impara proprio questo».
Le ferite all’onore dei vecchi
Un tema trasversale alle catechesi riguarda le ferite all’onore che spetta a chi ci ha preceduto. Il processo di invecchiamento spesso diventa un’occasione di abbandono e prevaricazione. «In questa cultura dello scarto, gli anziani sono messi da parte e soffrono di queste cose». Papa Francesco non ha remore nel denunciare anziani che vengono raggirati senza scrupolo, lasciati privi di protezione o abbandonati senza cure. «Gli anziani scartati, abbandonati nelle case di riposo, senza che i figli vadano a trovarli o se vanno, vanno poche volte all’anno». Così la vecchiaia perde la sua dignità e si dubita persino che meriti di continuare: siamo tutti tentati di nascondere questa vulnerabilità, perché temiamo che siano l’anticamera proprio della nostra perdita di dignità. «Come mai la civiltà moderna, così progredita ed efficiente, è così a disagio nei confronti della malattia e della vecchiaia, nasconde la malattia, nasconde la vecchiaia? E come mai la politica, che si mostra tanto impegnata nel definire i limiti di una sopravvivenza dignitosa, nello stesso tempo è insensibile alla dignità di una affettuosa convivenza con i vecchi e i malati?». Si può e si deve riscoprire un “magistero della fragilità” che promana dagli anziani, aprendo così un orizzonte decisivo per la “riforma della nostra stessa civiltà”. Una riforma indispensabile a beneficio della convivenza di tutti. «L’emarginazione degli anziani sia concettuale sia pratica, corrompe tutte le stagioni della vita, non solo quella dell’anzianità».
In tale difficile contesto possiamo rileggere anche l’enciclica Fratelli tutti (2020), che disegna l’orizzonte in cui collocarci per delineare la necessaria “prossimità” al mondo degli anziani. «Abbiamo visto quello che è successo agli anziani in alcuni luoghi del mondo a causa del coronavirus. Non dovevano morire così. Ma in realtà qualcosa di simile era già accaduto a motivo delle ondate di calore e in altre circostanze: crudelmente scartati. Non ci rendiamo conto che isolare le persone anziane e abbandonarle a carico di altri senza un adeguato e premuroso accompagnamento della famiglia, mutila e impoverisce la famiglia stessa. Inoltre, finisce per privare i giovani del necessario contatto con le loro radici e con una saggezza che la gioventù da sola non può raggiungere» (FT n.19).
Qui, sulla terra, si avvia il processo del nostro “noviziato”: siamo apprendisti della vita, che imparano ad apprezzare il dono di Dio, condividendolo e facendolo fruttificare per tutti. Il tempo della vita sulla terra è la grazia di questo passaggio.
MARIO CHIARO