L’arte delicata di inventare la vita
2022/9, p. 16
La vita rigurgita dentro le nostre aspirazioni, cerca di realizzarsi, di mettere in atto le nostre migliori possibilità occulte, le potenzialità che il Vangelo chiama talenti. E il Signore ci cammina accanto e chiede spazio nella nostra agenda così piena di cose non necessarie.
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LA PIENA REALIZZAZIONE DI SÈ
L’arte delicata
di inventare la vita
La vita rigurgita dentro le nostre aspirazioni, cerca di realizzarsi, di mettere in atto le nostre migliori possibilità occulte, le potenzialità che il Vangelo chiama talenti. E il Signore ci cammina accanto e chiede spazio nella nostra agenda così piena di cose non necessarie.
“Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita. Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: «Voi stessi date loro da mangiare» (Mc 6,37). (Evangelii Gaudium,49).
1.
Sarebbe meglio dire: l’arte di reinventare la vita. Abbiamo già compiuto un tratto di strada. Vivere. La cosa più importante che esiste è la vita. L’unica cosa necessaria. Vivere e convivere. Cantare l’inno di esultanza della vita. La vita è dinamismo, forza che imprime impulso, guardando sempre avanti. Vivere intensamente. Non a metà. Vita, lunga o non sempre un lungo viaggio. Tutto è iniziato quando i nostri genitori – padre e madre – fecero una promessa di amore, quando siamo nati e hanno cercato di presentarci un progetto per la nostra vita nel mondo. Esistevamo prima di vedere la luce del giorno. L’essere umano è uno che è predestinato a vivere. Esistevamo nel sogno del padre e della madre. Esistevamo nel sogno del Presente/Assente.
2.
È breve lo spazio tra il nostro nascere e la fine del tempo che ci è dato di percorrere. Tutto passa. Passa in fretta, passano le persone, passano le mode, passano le mezze verità che pensavamo dovessero restare. Ne siamo stati un po’ ingannati. Il bambino, l’adolescente maturo, la ragazza che sognava a occhi aperti. Dopo la maturità, dopo il tempo della vita esuberante, il declino. Udito debole, voce rauca, il bastone. C’è un momento in cui ci siamo accorti che le cose non ci sembrassero così importanti quanto ritenevamo e abbiamo avuto la tentazione di lasciar perdere tutto. Lasciare che l’auto della vita andasse avanti guidata dal pilota automatico. Tra il momento in cui siamo stati concepiti nel seno materno e quello in cui saremo portati al cimitero o al crematorio sarà trascorsa la vita, la nostra vita che nessuno vive al nostro posto. In fin dei conti che cosa stiamo facendo delle nostre vite? Che luci brillano nelle nostre opzioni di vita? Che progetti abbiamo dopo la pandemia? a causa della pandemia?
3.
Che cosa ci manca per vivere in maniera più intensa ed esuberante, in maniera cristiana e umana? Ci mancano oggi non solo i maestri di vita interiore, più semplicemente di vita, di una vita totale, di una esistenza degna di essere vissuta. Ci mancano cartografi e testimonianze del cuore umano, dei loro percorsi infiniti e ardui, ma anche della nostra quotidianità dove tutto non è ed è straordinariamente semplice. Ci manca una nuova grammatica che concili concretamente termini che la nostra cultura ritiene inconciliabili: ragione e sensibilità, efficacia e affetti, individualità e impegno sociale, gestione e compassione, spiritualità e significati, eternità e immediato. (Mendonça José Tolentino, A mistica da Istante, Paoline 2017, pp. 26-27).
4.
Sì, la vita rigurgita dentro le nostre aspirazioni, cerca di realizzarsi, di mettere in atto le nostre migliori possibilità occulte, le nostre potenzialità che il Vangelo è solito chiamare talenti. Convivere, costruire una trama di vita con altre persone. Amare ed essere amati. In mezzo a tutto questo, qua e là, sembra che il Signore ci cammini accanto con i suoi suggerimenti. Chiedendo spazio nella nostra agenda così piena di cose non necessarie. Sentiamo l’inquietudine agostiniana: ‟Inquieto è il nostro cuore finché non riposa in Dio”. Desiderio di contemplare, volontà di essere profeti, di cominciare tutto da capo. A volte i bagliori dello Spirito accendono alcuni. Ricerca della semplicità, voglia di ascoltare meglio e aprire gli occhi, toccare le ferite.
5.
Abbiamo fatto il proposito di vivere cristianamente. I nostri genitori probabilmente ci hanno guidato. Siamo stati battezzati, cresimati, abbiamo fatto la prima comunione. Può darsi, non so, che tutto questo l’abbiamo vissuto senza profondità, senza una maggiore dimensione di consapevolezza della bellezza e del fulgore di uno stile cristiano da vivere. Forse in un determinato momento era sorto in noi il desiderio di vivere cristianamente in maniera più impegnativa. Passione per il Signore, sete interiore, desiderio ardente di Dio? Era sbocciato in noi il desiderio di essere cristiani veramente e non di nome. Discepoli appassionati. Tutto questo dovuto alle misteriose visite del Signore alla nostra vita.
6.
Tutto nella nostra vita iniziò con la certezza di essere amati dal Signore e di essere invitati ad amare. “Il Signore non ha aspettato i teologi per spiegarsi con poche parole. Ogni sforzo di Dio, fin dalla creazione, è stato di far capire con ogni mezzo all'uomo che lo amava. Esauriti tutti gli argomenti, presenta la prova più grande. “Non c’è amore più grande che dare la vita per coloro che si amano”. È tutto. Dopo di ciò non c’è più nient’altro da aggiungere.
Chi vuole capire capisca. Qui c’è il libro aperto sulla croce. Tutta l’infelicità degli uomini deriva dal prendere coscienza del peso dell’amore che Dio ha. L’unico peccato è quello del rifiuto (Sullivan, Jean Provocaçao ou a franqueza de Deus, Herder 1966, p. 111).
7.
La fede cristiana non è questione di comandamenti e verità da onorare e ripetere con le labbra. È uno stile di vita. I vangeli sono racconti di conversione. Sono stati scritti per suscitare la fede in Gesù Cristo, per suscitare discepoli e seguaci. Sono racconti che ci invitano ad entrare in un processo di cambiamento, di creazione di un’identità, di una decisione di vivere il suo progetto del Regno.
8.
La prima cosa che si impara da Gesù nei vangeli non è la dottrina, ma uno stile di vita, un modo di essere nella vita, una modalità di abitare il mondo, di interpretarlo e di costruire un genere di vita più umana. La caratteristica di questo stile di vita è che si ispira a Gesù. Deriva da una relazione con lui. E ci trasmette il suo Spirito. Impariamo il suo modo di pensare, sentire, amare, pregare, soffrire, creare, avere fiducia e morire. A poco a poco diventiamo discepoli e discepoli di Gesù (Pagola José Antonio, Voltar a Jesus. Per il rinnovamento delle parrocchie e delle comunità, Petrópolis, Vozes, 2015).
9.
Ancora Pagola: “Il Vangelo diventa la forza più potente che la comunità cristiana possiede per la sua trasformazione. I vangeli inducono a pensare, interpellano, ci obbligano a rileggere la nostra esistenza alla luce di Gesù e ci danno la forza per riprodurre oggi il suo stile di vita, aprendo nuove vie verso il regno di Dio e ricreando a poco a poco la vita della comunità ecclesiale a partire dal suo Spirito. Imparare lo stile di vita di Gesù è fondamentale per ricuperare la nostra identità di discepoli e suoi seguaci (Pagola José Antonio, Voltar a Jesus. Per il rinnovamento delle parrocchie e delle comunità, Petrópolis, Vozes, 2015).
10.
Non adottiamo e accettiamo espedienti pastorali e spirituali pomposi, magniloquenti. Crediamo che l’azione di Dio nelle persone sia discreta. Non vogliamo un’umanità ottusa. Vogliamo costruire un mondo fatto a partire dalle cose semplici, della quotidianità. Ci identifichiamo con Gesù quando parla del sale, del lievito e della luce. In questa maniera a noi cristiani piace avere una presenza discreta nel mondo. Irradiamo con la forza di Dio, nelle cose semplici: nel modo di parlare, di pregare, di organizzare la nostra vita familiare, di piangere, di aiutare e di guardare. Portiamo i nostri dubbi e camminiamo con persone che hanno degli interrogativi sull’arte di vivere.
11.
Scopriremo insieme ciò che sta arrivando. Persone di buona volontà, senza preconcetti, cercatori di verità che prestano attenzione all’umano, rispettano la crescita umana, fanno crescere l’umano. Condividere l’essenziale, quello che ci unisce. Guardare con lo sguardo di Gesù. Lasciarsi incantare dal sole, dai fratelli, dai fiori, dalla bellezza, dal vecchio che muore in pace. Aprire gli occhi.
12.
Non vogliamo fermarci. Papa Francesco chiede che usciamo dal nostro mondo piccolo e timoroso. Dio è sempre novità, che ci spinge continuamente a ripartire e a cambiare posto per andare oltre il conosciuto, verso le periferie e le frontiere. Ci conduce là dove si trova l’umanità più ferita e dove gli esseri umani, al di sotto dell’apparenza della superficialità e del conformismo, continuano a cercare la risposta alla domanda sul senso della vita. Dio non ha paura! Non ha paura! Va sempre al di là dei nostri schemi e non teme le periferie. Egli stesso si è fatto periferia (cfr Fil 2,6-8; Gv 1,14). Per questo, se oseremo andare nelle periferie, là lo troveremo: Lui sarà già lì. Gesù ci precede nel cuore di quel fratello, nella sua carne ferita, nella sua vita oppressa, nella sua anima ottenebrata. Lui è già lì.” (Papa Francesco, Gaudete et exsultate, n. 135).
13.
È giunto il tempo di inventare il nuovo a partire dalla sapienza dei secoli passati e dalla nostra stessa storia. Chiediamo al Signore la grazia di non esitare quando lo Spirito esige da noi che facciamo un passo avanti; chiediamo il coraggio apostolico di comunicare il Vangelo agli altri e di rinunciare a fare della nostra vita un museo di ricordi. In ogni situazione, lasciamo che lo Spirito Santo ci faccia contemplare la storia nella prospettiva di Gesù risorto. In tal modo la Chiesa, invece di stancarsi, potrà andare avanti accogliendo le sorprese del Signore (Gaudete et exsultate, n.139).
Fra Almir Ribeiro Guimarães, OFM