Giaccardi Chiara
La famiglia, scuola di fraternità
2022/7, p. 3
Il luogo dove impariamo ad ascoltarci, a sperimentare a essere liberi rispettando la libertà degli altri, a riconoscerci figli dello stesso Padre.

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La famiglia, scuola di fraternità
Il luogo dove impariamo ad ascoltarci, a sperimentare a essere liberi rispettando la libertà degli altri, a riconoscerci figli dello stesso Padre.
La fraternità ci costituisce
Viviamo in un mondo dove pare che solo ciò che si è scelto valga e sia veramente nostro e che ci consenta di esprimere la nostra libertà. Il terzo spunto che volevo condividere con voi riguarda un altro aspetto rivoluzionario ed educativo della fraternità in un’epoca di individualismo: la fraternità è un legame non scelto che però ci costituisce intimamente. La fraternità ci insegna – come peraltro anche l’essere figli (l’essere fratelli e l’essere figli vanno insieme, come abbiamo visto) – che i legami che non abbiamo scelto sono proprio quelli che ci consentono di imparare ad esprimerci, a diventare noi stessi e che ci costituiscono intimamente fino alla fine della nostra vita.
Non è vero che ciò che scegliamo ci consente di essere liberi, anche perché tante volte scegliamo sulla base di condizionamenti pesantissimi. Continuamente siamo sollecitati a compiere scelte che ci sembrano nostre ma che sono in realtà fortemente orientate e fortemente condizionate. E questo avviene sempre di più perché nel Metaverso tutti i nostri dati sono lavorati in modo da profilare la nostra identità in maniera precisissima, tanto da inviarci messaggi che sono così vicini a noi che ci sembrano nostri. Dovremmo essere più consapevoli di quanto le nostre scelte possono essere condizionate. E di quanto, invece, quello che non abbiamo scelto rappresenti una sfida. Noi non abbiamo scelto il Covid, però il Covid non ci impedisce di essere liberi, anche se ci impedisce di fare quello che ci pare. In questa situazione, quello che veramente ci spetta è far esistere qualcosa che ancora non c’è: non si tratta di far ripartire le formule di prima, ma generare delle formule nuove capaci di rispondere ai nuovi bisogni… Allora la fraternità ci ricorda che non soltanto ciò che scegliamo è il luogo della nostra libertà, ma a volte ciò che non scegliamo è un grandissimo laboratorio di libertà e comunque ci costituisce profondamente.
Il fratello non è l’uguale a me, non è il membro del mio gruppo, non è il membro della comunità che la pensa come me. Il fratello è altro, è un’alterità che mi provoca, che mi accompagna e anche che mi libera. E la prima scuola dell’alterità è la famiglia, perché non è vero che nella famiglia si è tutti uguali, o perché siamo l’uno lo specchio dell’altro, ma perché siamo in una relazione di reciprocità. Se, dunque, tagliamo questa relazione mutiliamo noi stessi.
Ecco la famiglia, la fraternità è il luogo dove impariamo questa verità antropologica. Non è una verità ideologica. L’individualismo è ideologico perché separa l’individuo dalle relazioni, astrae, separa, non considera. Questa realtà costitutiva non è ideologica perché ce l’abbiamo iscritta nella nostra carne.
La fraternità, un ideale trascurato
Un quarto punto, secondo me, fondamentale per capire l’importanza della fraternità è che rispetto agli ideali della modernità, tutti importanti – la libertà, l’uguaglianza e la fraternità – quest’ultimo è l’ideale più trascurato. Lo vediamo anche adesso nella trasformazione del linguaggio in senso apparentemente inclusivo, ma molto omologante. Vorrebbe rispettare le differenze ma invece le cancella.
Senza la fraternità, la libertà e l’uguaglianza si pervertono. È fondamentale recuperare la fraternità per far sì che la libertà non diventi individualismo distruttivo, che usa le persone, che sfrutta l’ambiente, che esercita dominio e violenza sulle persone e sui territori. Ed è indispensabile recuperare la fraternità perché l’uguaglianza non diventi una equivalenza funzionale e cieca davanti all’unicità di ciascuno.
Aver trascurato la fraternità ha fatto sì che gli altri due ideali – la libertà e l’uguaglianza – in un certo senso si corrompessero. Ecco la fraternità può ridare spirito, può ridare anima, può ridare corpo a questi due ideali e contenere le derive che in questi anni hanno subìto.
Dalla fraternità alla paternità
E l’ultimo spunto che intendo condividere si riallaccia un po’ al primo punto, però in chiave teologica.
Non si può parlare di fraternità senza parlare di genitorialità e non si può parlare di “fratelli tutti” senza l’idea di un padre comune. Perché senza un padre comune la fraternità rimane retorica: siamo tutti fratelli ma in realtà ognuno bada ai propri interessi, e così anche la fraternità diventa ideologia. Dal punto di vista delle Scritture, il padre è quel terzo che vigila sui rapporti tra i fratelli. Nella storia di Caino e Abele è il Padre che dice: «Dov’è tuo fratello». Nella parabola del “Padre misericordioso” è il padre che dice al primo figlio: «Tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».
Senza questa verticalità, la fraternità rischia di esplodere nel conflitto. Senza questo “terzo”, che in qualche modo fa da garante – non nel senso giuridico, ma in senso proprio affettivo, esistenziale – la relazione tra fratelli rimane intrappolata nelle dinamiche tipicamente umane del conflitto.
La nostra fraternità universale si basa sulla paternità di un Dio che non è padrone ma è Padre. Non è un Dio normativo, che vuole che sia eseguita la sua legge: è un Dio Padre che accetta la libertà dell’uomo. Che «crea l’uomo così come il mare crea i continenti: ritirandosi», come dice un verso di Friedrich Hölderlin: quindi lascia spazio al figlio, perché questo è mettere al mondo, questo è generare, questo è lasciar andare. E questo dovrebbe anche essere il modello per le organizzazioni religiose, per la Chiesa. Dio ci lascia andare, Dio ci vuole liberi, perché l’amore può essere solo frutto della libertà, non può essere frutto della costrizione.
Questa apertura dell’idea di fraternità e di familiarità alla dimensione teologica ci aiuta anche a comprendere quello che scrive papa Francesco nella Fratelli tutti al numero 277, quando parla del mistero dell’altro e della vocazione alla comunione universale con l’umanità intera come vocazione di tutti. Questo significa che noi oggi dobbiamo riscoprire la paternità, ma anche reimparare la fraternità. E sempre nell’enciclica, papa Francesco ci dà un suggerimento per recuperare questo senso più autentico della fraternità, riscoprendola in tutte le dimensioni profonde e in tutte le implicazioni, che essa deve poter avere nelle nostre vite. Al n. 287 della Fratelli tutti – mentre ci addita la figura di Charles de Foucauld – scrive di lui: «Voleva essere “il fratello universale”. Ma» – precisa il Papa – «solo identificandosi con gli ultimi arrivò ad essere fratello di tutti».
È questa una indicazione preziosa per recuperare un senso autentico della fraternità e rigenerare questa dimensione, a partire appunto da due riferimenti importanti, due confini, due luoghi. Il primo ci suggerisce il punto di contatto con la marginalità: sono gli ultimi. La pandemia ci ha messo di fronte a tante situazioni di sofferenza, di fatica, di povertà in tutti i sensi, umana prima di tutto, di solitudine. Esponiamoci a queste provocazioni perché questo ci aiuta a recuperare il senso della nostra umanità, a risvegliarla, a prenderci cura di questa consapevolezza del legame universale di tutto con tutti. Il secondo è l’apertura alla trascendenza, a guardare paradossalmente dall’alto ciò che abbiamo vicino: ad avere, in altre parole, lo sguardo del Padre, cioè uno sguardo diverso, più libero e più creativo. Solo così noi possiamo essere buoni fratelli, allargando i confini delle nostre vite. Se, al contrario, noi ci rimpiccioliamo nell’orizzonte dell’immediatezza, non riusciamo a fare quel salto di elaborazione creativa delle difficoltà e dei conflitti.
Io credo che dobbiamo reimparare la fraternità e – questa è la conclusione di questo mio percorso – per reimparare la fraternità, per riconoscere questo legame universale di tutto con tutto, è fondamentale che noi ci lasciamo provocare da questi due punti limite della nostra esistenza: la povertà e la morte in tutte le sue forme e l’apertura alla trascendenza e a questo Spirito che è il respiro veramente delle nostre vite, che ci aiuta a trascendere i limiti nostri e delle situazioni che ci hanno attraversato e che ci attraversano.
CHIARA GIACCARDI