Tempo di tribolazione, di preghiera e di speranza
2022/6, p. 3
La Chiesa attraversa una sofferenza profonda e feconda a un tempo, mentre chiede a tutti, clero e laici, di imparare a leggerlo e magari a riscriverlo come il qui e ora della storia della salvezza.
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Tempo di tribolazionedi preghiera e di speranza
La Chiesa attraversa una sofferenza profonda e feconda a un tempo, mentre chiede a tutti, clero e laici, di imparare a leggerlo e magari a riscriverlo come il qui e ora della storia della salvezza.
È il momento della prova. Una foto mostra lo smarrimento di una religiosa. Sono nove le suore morte per Covid al convento di Buccinigo, frazione di Erba, in provincia di Como. Qui dall’inizio della terza ondata è scoppiato un maxi focolaio con 70 suore risultate positive al tampone.
Tante le immagini di parroci e vescovi che celebrano l’Eucaristia in chiese vuote, senza fedeli. In un viaggio in cerca dell’essenziale, nel deserto della quarantena. Da questo deserto riemergerà una Chiesa «più umile, perché ha visto che al centro non ci sono le sue proposte, o le strutture, ma solo il Signore».
La Conferenza episcopale italiana invita alla preghiera in casa. Il 20 marzo è il giorno del “Rosario per l’Italia”. Poi ci saranno i mercoledì del Rosario, in tutta Italia, trasmessi da Tv2000. «Questo tempo di pandemia sia tempo di speranza e di rinascita», è il messaggio della Cei. Dire «con affetto» una «parola di speranza e di consolazione in questo tempo che rattrista i cuori». È l’intento dichiarato - fin dalle prime righe - del Messaggio alle comunità cristiane in tempo di pandemia, diffuso il 24 novembre 2020, dal Consiglio permanente della Cei. È un testo rivolto alle comunità ecclesiali proprio per sostenere un cammino di Chiesa in un periodo che può sembrare sospeso, ma che può divenire di rinascita. Scrivono i vescovi: «la Parola di Dio ci chiama a reagire rimanendo saldi nella fede, fissando lo sguardo su Cristo per non lasciarci influenzare o, persino, deprimere dagli eventi». Il testo sottolinea che questo, oltre che un tempo di «tribolazione», è anche un «tempo di preghiera» nelle sue diverse forme e un «tempo di speranza». «Non possiamo ritirarci e aspettare tempi migliori, ma continuiamo a testimoniare la risurrezione».
L’Eucarestia in diretta streaming
Ma basta? Come comunica la Chiesa ai tempi del Coronavirus? Don Fabio Pasqualetti, decano della Facoltà di Scienze della comunicazione dell’Università pontificia salesiana, interpellato dall’Agenzia Sir riflette sulle modalità comunicative adottate dalla Chiesa in questo tempo di pandemia: «Non trasferire semplicemente il pulpito in rete ma aprirsi al dialogo in un contesto sociale cambiato». «Una delle forme più importanti ma più disattese all’interno della comunicazione contemporanea», articola Pasqualetti, «è l’ascolto. La Chiesa diventi maestra di ascolto e di silenzio in un mondo dove tutti vogliono solo parlare e tutti fanno rumore». Continua: «La prima parola che mi sembra abbia rappresentato l’esperienza iniziale di tutti e quindi anche della Chiesa è stato lo “smarrimento”. In poco tempo abbiamo dovuto ripensare tutto quello che facevamo e davamo per scontato. La Chiesa che è, o dovrebbe essere, maestra dell’incontro, della comunione, dell’attenzione all’altro, generatrice di umanità e costruttrice di comunità si è trovata di colpo privata del suo elemento fondamentale: l’altro e in particolare l’altro come comunità». Le chiese vuote mentre da tempo è in atto un processo di svuotamento delle chiese. «Non dico che il Covid-19 abbia dato il colpo di grazia, ma ci ha messo davanti alla scena finale dell’esodo in atto e quindi paradossalmente ci impone la domanda sul perché. Ovviamente qualcuno potrebbe dire che ci sono alti ascolti delle Messe, delle preghiere in rete. Ma il problema è più profondo e questi ascolti potrebbero essere un’altra immagine ingannevole e transitoria. Questa distanza forse ci dà il tempo per cogliere la domanda di senso dell’uomo contemporaneo che esige un dialogo con la Chiesa non basato su insegnamenti dogmatici o moralistici. Che chiede che la Chiesa si rimetta in cammino al fianco della gente e in particolare dei più poveri. C’è anche una ricerca di fede profonda, sganciata dal ritualismo sacramentario, di impegno in una comunità che viva i valori del Vangelo in modo credibile in un contesto sempre più dominato dall’economia e dalla tecnologia».
Così molte realtà ecclesiali hanno intensificato la loro presenza sui social con Messe in diretta, preghiere comunitarie, percorsi di accompagnamento personale e tante altre iniziative.
Le chiese “aperte”
Le Chiese sono rimaste “aperte” con iniziative varie. I parroci hanno tenuto il filo diretto con i fedeli nei modi più diversi. A Robbiano di Giussano (Monza e Brianza) il parroco, Giuseppe Corbari, ha chiesto ai fedeli di mandargli una foto. Le ha stampate e messe sulle panche. Così ha celebrato la Messa domenicale.
A Città di Castello, le suore del Monastero di clausura di Santa Veronica Giuliani “posano” per un calendario che racconta le storie di vita quotidiana tramandate da oltre cinque secoli. Il valore delle piccole cose. Un calendario per ricordare che c’è un tempo per qualsiasi cosa. Cosa ci insegna il Qoelet. Dodici scatti, uno per ogni mese dell’anno, nei quali è possibile cogliere l’essenza del quotidiano, il ripetersi delle "piccole cose" che ci propongono e ci riportano al tempo di santa Veronica quando portava le brocche d’acqua, lavava i panni e cucinava. Lavori che, allora come oggi, fanno quotidianamente le sorelle cappuccine. «Durante i mesi di lockdown», ha spiegato la badessa, madre Giovanna, «quando anche il nostro monastero come tutte le altre strutture religiose ha dovuto osservare le normative legate al diffondersi della pandemia, abbiamo deciso di realizzare questo calendario che racchiude l’essenza e la storia di chi ci ha preceduto avendo sempre al centro il messaggio della santa che ci guiderà sempre anche in questi momenti difficili».
Cambiare strada
Gli ultimi scatti ci consegnano le file per la campagna vaccinale, la speranza di un ritorno alla vita pre-pandemica, le proteste dei no vax e persone che finalmente sono sedute insieme al ristorante riconquistando il piacere della convivialità.
Il futuro? L’auspicio di Edgar Morin è di “cambiare strada”.
Cambiare strada, mettersi in gioco. È anche la sfida della Chiesa di fronte al cammino sinodale che ha appena intrapreso. Oggi fra secolarismo e agnosticismo, fra scandali e troppi «cristiani di facciata» c’è la necessità di rifondare la Chiesa. Dal di dentro. Senza timori, senza remore, senza paura. Un cammino che si svilupperà in diverse fasi, a più livelli territoriali e temporali. Un cammino complesso e non scontato. «Il modo peggiore per fare sinodo», ha scritto Antonio Spadaro su La Civiltà Cattolica, «sarebbe quello di prendere il modello delle conferenze, dei congressi, delle “settimane” di riflessione, e immaginare che così tutto possa procedere in modo ordinato». No, per fare sinodo si deve accettare la sorpresa, l’inquietudine, l’agitazione, le tempeste di vento. Prendiamo questo tempo per riflettere anche sulla «differenza cristiana», sulla santità, per il Papa, «il volto più bello della Chiesa». Anche... in tempo di pandemia, ecco la sfida nella sfida.
GIUSEPPE MATARAZZO