Messa Pietro
La vocazione tra abbandoni e fedeltà
2022/6, p. 28
Un testo ricco di spunti di riflessione e approfondimento utile non solo per i francescani o religiosi ma anche per chiunque sia interessato a conoscere meglio le dinamiche della crescita umana, con i suoi progressi ma anche con i suoi regressi.

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SUSSIDIO DEI FRATI MINORI
La vocazione
tra abbandoni e fedeltà
Un testo ricco di spunti di riflessione e approfondimento utile non solo per i francescani o religiosi ma anche per chiunque sia interessato a conoscere meglio le dinamiche della crescita umana, con i suoi progressi ma anche con i suoi regressi.
L’Ordine dei Frati Minori ha pubblicato un sussidio dal significativo titolo La nostra vocazione tra abbandoni e fedeltà (Roma, luglio 2019) preparato dalla Commissione per il Servizio di Fedeltà e Perseveranza. Un testo ricco di spunti di riflessione e approfondimento utile non solo per i francescani o religiosi ma anche per chiunque sia interessato a conoscere meglio le dinamiche della crescita umana, con i suoi progressi ma anche con i suoi regressi.
Partendo dai dati evidenzia che «la percentuale di frati laici che escono dall’Ordine è mediamente superiore a quella dei frati sacerdoti» così come «quasi il 57 % dei frati sacerdoti che escono dall’Ordine scelgono di diventare preti secolari. Si tratta, a nostro parere, di un dato molto significativo». Si deduce anche che «la fetta più numerosa e significativa (il 34,6%, cioè più di un terzo della cifra globale) è costituita da frati sacerdoti che diventano preti secolari».
Le cause degli abbandoni
Analizzando i dati si deduce che tra le cause degli abbandoni vi è «la scarsa cura della preghiera, soprattutto personale, lo squilibrato carico di lavoro e le difficili relazioni fraterne» e che quindi «il problema non sia questo, relativo alla formazione iniziale, ma sia piuttosto un difetto di formazione permanente». Di conseguenza riguardo ai frati «senza una prassi comunitaria di preghiera e una condivisione dell’esperienza di fede nella vita quotidiana in fraternità, esiste il rischio che la loro crescita vocazionale sia fortemente ostacolata perché manca l’humus, il terreno per nutrire ulteriormente il loro cammino di fede».
Spesso accade che «l’identificazione con il ministero abbia prevalso su quella con la fraternità»; e così in ultima analisi si mostra che «il problema non sia stato il discernimento iniziale, ma il consolidamento successivo o semplicemente la cura quotidiana della vocazione nella formazione permanente». A questo riguardo è importante per ciascuno avere la «consuetudine a confrontarsi con persone esperte e prudenti».
Da ciò si deduce l’importanza della «integralità della formazione» che contribuisca anche ad affrontare la «inevitabilità di una seconda decisione». Ciò significa avere come obiettivo «da una parte quello di “normalizzare” il fatto della crisi spirituale e vocazionale, dall’altra quello di mediare un’immagine più positiva dello “stare” (piuttosto che del “fuggire”) nel momento della crisi». Inoltre vi è «l’importanza di cercare, in tempo utile, l’aiuto di un confratello, di un accompagnatore spirituale o – se è necessario – di una persona con una qualificazione professionale (psicologica e/o medica)». Da parte dell’Ordine dei Frati Minori si ipotizza la «possibilità di proporre ai frati che lo desiderano un’esperienza di sosta e di rinnovamento francescano».
Importanza della formazione permanente
Ciò che emerge è l’importanza della formazione permanente intesa innanzitutto come rimanere in un continuo stato di conversione e apprendimento. Quanto si dice della comunità credente, ossia Ecclesia semper reformanda est, vale per ogni persona individualmente e comunitariamente; infatti come scrisse padre Umberto Betti – perito al concilio Vaticano II creato cardinale nel 2007 – «pensare di non avere più niente da imparare sarebbe come congelare la propria intelligenza, metterla in pensione per invecchiamento precoce» (Diario del Concilio 11 ottobre 1962 - Natale 1978, Bologna 2003, p. 28). In tale accezione la formazione permanente è lo stato di costante conversione e riforma in cui una comunità religiosa in una continuità dinamica vive la vocazione e carisma nel tempo secondo le varie età della vita: animazione vocazionale, probandato, noviziato, professione semplice, studi, primi incarichi, pensionamento e così via. Naturalmente ciò richiede un continuo approfondimento del carisma non solo studiando gli inizi ma tutta la sua posterità lungo i secoli.
Deve essere una formazione integrale
Invece il significato classico di formazione permanente quale proseguimento della formazione iniziale è uno degli argomenti di cui tanto si parla quanto è mancante. A volte la si riduce ad aggiornamento, oppure a esercizi spirituali o a mera erudizione; tutte cose importanti e che ci possono anche stare. Tuttavia i dati offerti dal suddetto rapporto evidenziano la necessità che sia integrale, cioè coinvolga mente, cuore e forze, dando gli strumenti per una lettura sapienziale della propria storia personale e comunitaria, sapendo ad esempio che il passato non lo posso cambiare, ma il modo di leggerlo sì. A tal proposito un momento di incomprensione nella fraternità – aspetto non secondario della vocazione francescana – può divenire motivo di continuo vittimismo oppure passaggio pasquale da morte a vita. L’urgenza che tale formazione sia integrale è anche per contrastare forme di integralismo che sono sempre un’assolutizzazione di qualche particolare e che negli ultimi anni sono una causa di abbandono di frati Minori passati a gruppi lefebvriani o scismatici.
Ma tale accezione della formazione permanente quale proseguimento di quella iniziale non è solo nell’elaborare il passato ma pure essere consapevoli dei passaggi che la realtà richiede, ossia le famose età della vita descritte da Romano Guardini. Ad esempio se il voto di obbedienza è sempre quello, diverso è obbedire a un superiore o a un vescovo che potrebbe essere il nonno – al quale non si disubbidisce mai! – oppure un padre – facendo emergere i conflitti irrisolti con la figura paterna – oppure un coetaneo con cui si sviluppa giustamente una rivalità oppure un giovane naturalmente in molte cose ancora inesperto.
La crisi, opportunità per una seconda decisione
Nello studio La nostra vocazione tra abbandoni e fedeltà si afferma che la crisi può essere l’opportunità per una “seconda decisione” vocazionale; questa tra l’altro è la consapevolezza e volontà di vivere nella tensione della perfettibilità, ossia nel “già e non ancora” che si potrebbe dire anche testimonianza del martirio della pazienza, che certamente non è meno cruento di quello di sangue. Che cos’è questo se non l’essere stranieri e pellegrini come affermava Francesco d’Assisi riprendendo il linguaggio biblico?
Non è comunque da trascurare che in qualsiasi decisione è sempre interpellata la libertà della persona e che Gesù stesso non vuole che si taglino i ponti dietro di sé ma in qualsiasi momento del cammino c’è la possibilità di andarsene (cfr. Gv 6,67). Quindi se giustamente interpella la domanda circa abbandoni e fedeltà non meno problematica è una realtà comunitaria dove mai nessuno se ne vada; al minimo dovrebbe sorgere la domanda se non vi sia una qualche forma di devianza settaria, frutto di abusi di potere e coscienza.
Quanto espresso nel presente documento circa abbandoni e fedeltà come riflessione lo si ritrova nella testimonianza autobiografica trasmessa nel libro Quello che ho ve lo dono. Scritti di fra Michele Impagnatiello, Edizioni Porziuncola, Assisi 2016. La lettura della scelta di fra Michele Impagnatiello – che nel tempo della crisi al posto di leggere la vita alla luce di quest’ultima, sapientemente ha letto la crisi alla luce della vita e scelte compiute – assieme al sussidio La nostra vocazione tra abbandoni e fedeltà può contribuire ad aiutare a vivere in modo altrettanto proficuo i momenti di difficoltà e ripensamento.
PIETRO MESSA
Pubblicato in Pietro Messa, Frati Minori tra abbandoni e fedeltà, in Rogate ergo. Rivista di Animazione vocazionale, 85/4 (aprile 2022), pp. 49-51.