Chiaro Mario
Charles de Foucauld 1858-1916: è santo il “fratello universale”
2022/6, p. 25
I Piccoli Fratelli di Gesù (PFG) insieme ai Piccoli Fratelli del Vangelo (PFV), in un numero speciale del loro Bollettino, hanno raccolto la testimonianza di alcuni fratelli che oggi si impegnano a dissodare per seminare il Vangelo nelle diverse culture, sulle orme di fratel Charles de Foucauld. Attraverso queste condivisioni di vita, possiamo scoprire qualcosa del volto di questo santo.

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Testimoni
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TESTIMONIANZE DI ALCUNI FRATELLI
Charles de Foucauld 1858-1916:
è santo il “fratello universale”
I Piccoli Fratelli di Gesù (PFG) insieme ai Piccoli Fratelli del Vangelo (PFV), in un numero speciale del loro Bollettino, hanno raccolto la testimonianza di alcuni fratelli che oggi si impegnano a dissodare per seminare il Vangelo nelle diverse culture, sulle orme di fratel Charles de Foucauld. Attraverso queste condivisioni di vita, possiamo scoprire qualcosa del volto di questo santo.
Canonizzato il 15 maggio di quest’anno, Charles de Foucauld è stato un uomo che ha saputo attendere il compimento della volontà di Dio, con la consapevolezza che l’esplorazione è arte di ricerca nella profondità del cuore e dell’esistenza. La sua tensione mirava a un amore più grande: “Appena credetti che c’era un Dio, capii che non potevo vivere che per lui”. Nella ricerca della sua forma di vita religiosa, non ha cercato di proporre carismi nuovi, quanto la fatica di vivere una vita il più somigliante possibile a quella del Maestro di Nazaret. La ‘geografia’ del suo itinerario spirituale mostra la continua ricerca dei più dimenticati, degli smarriti, degli abbandonati nel profondo del deserto africano. «In quel contesto esprimeva la sua aspirazione a sentire qualunque essere umano come un fratello, e chiedeva a un amico: “Pregate Iddio affinché io sia davvero il fratello di tutte le anime di questo paese”. Voleva essere, in definitiva, “il fratello universale”. Ma solo identificandosi con gli ultimi arrivò ad essere fratello di tutti» (papa Francesco, enciclica Fratelli tutti, n.287). Un’immagine che fotografa la rivelazione di tale fraternità è quella di fratel Charles inchiodato al letto, affetto da scorbuto a cinquant’anni, senza nulla da mangiare per aver condiviso tutte le sue riserve alimentari. In pochi si recano in visita da lui: sperimenta il fallimento della sua vita e della sua missione. I Tuareg però si prodigano per salvarlo. Scrive alla cugina: “Sono andati a scovare nel raggio di quattro chilometri tutte le capre che avessero un po’ di latte in questa terribile siccità. Sono stati molto buoni con me”. Dopo questa esperienza fratel Charles scopre la dimensione del ricevere entrando in una relazione di parità, che più di qualsiasi parola o azione dà dignità all’altro.
I “dissodatori” del Vangelo
Per la sua “piccola confraternita” Charles di Tamanrasset cercava persone disposte a essere dei dissodatori della Buona notizia, disponibili cioè ad aprire nuove piste con la creatività di chi si lascia guidare dallo Spirito Santo. Con la consapevolezza che, prima dell’aratura e della semina, c’è un lavoro di dissodamento basato su dei contatti stretti. Ogni battezzato, là dove vive, è responsabile del Vangelo, è un missionario isolato, un’«avanguardia». Per quanto vada lontano in luoghi dove il Vangelo non è conosciuto, egli è incaricato di una missione.
I Piccoli Fratelli di Gesù (PFG) insieme ai Piccoli Fratelli del Vangelo (PFV), in un numero speciale del loro Bollettino, hanno raccolto la testimonianza di alcuni fratelli che oggi si impegnano a dissodare per seminare il Vangelo nelle diverse culture, sulle orme di fratel Charles de Foucauld. Attraverso queste condivisioni di vita, possiamo scoprire qualcosa del volto di questo santo.
– Xavier (PFV, 79 anni, francese), una vita trascorsa in Africa, si ispira a una affermazione presente nel piccolo catechismo composto da fr. Charles a Beni Abbès (deserto del Sahara): egli accoglie «le contraddizioni affinché la speranza possa mettere in questione le nostre certezze»: “Dio mio, fa che tutti gli uomini vadano in cielo!”.
– Edouard (PFG,54 anni, ruandese), attualmente vive in Tanzania e riscopre giorno dopo giorno la forza dell’adorazione quotidiana e della scelta di una “vita nascosta”: «La vita nascosta di Gesù a Nazaret include tutte le virtù di umiltà, di povertà, di obbedienza e di amore per il raccoglimento, il silenzio, la preghiera solitaria, la rinuncia a se stessi, l’oscurità e anche, in un certo modo, “l’abiezione”, per usare un termine caro a Charles de Foucauld».
– Auguste (PFG, 68 anni), vive in India e lavora con bambini portatori di handicap, approfondendo i legami con le comunità dei Dalit (i “fuori casta”). Sottolinea come sia stato affascinato dalla maniera di vivere i tre voti da parte di fr. Carlo: «Ciò che mi ha colpito e anche emancipato è stato il modo con cui ha vissuto l’obbedienza. Non un’obbedienza cieca ma una risposta alla chiamata interiore a lasciare tutto per seguire Gesù per sempre e in modo totale... Cercava questa obbedienza anche attraverso gli eventi quotidiani, si lasciava interpellare dalle persone e dagli incontri… La sua povertà è consistita nell’abbandonare tutto per seguire Gesù nella sua povertà e fragilità a Nazaret… Fratel Carlo parla spesso dell'ultimo posto, dell’abbassamento. Ha voluto imitare Gesù standogli accanto in quell’ultimo posto e per questo si è reso solidale con i suoi fratelli Tuareg. È rimasto molto discreto sulla sua castità, ma vediamo che la sua castità è legata all'amore infinito che aveva per Gesù, attraverso l’Eucaristia, l’adorazione del Santissimo Sacramento, la lettura della Bibbia, attraverso le relazioni con la sua famiglia, gli amici, i Tuareg, con i quali mostrò una completa solidarietà, fino al punto da dare la vita per loro».
– John Paul (PFG, 54 anni, nigeriano) è stato attirato dallo stile di accoglienza di fratel Carlo. «Sappiamo dai suoi scritti che passava molto tempo ad ascoltare e a prendersi cura di coloro che andavano a trovarlo. Era sempre disposto ad accoglierli e ad ascoltarli. Uno dei problemi che abbiamo nella società di oggi è che non abbiamo il tempo per ascoltare gli altri… Ha imitato Gesù dando il suo tempo alle persone. Oggi, il Signore mi chiama a imitarlo».
Radicalismo evangelico e universalità
–Michel (PFG, 80 anni, belga), che oggi vive in Egitto, afferma di non aver avuto attrazione per il sacerdozio o la vita monastica. «Ciò che mi attraeva di Carlo era il suo radicalismo evangelico, la sua povertà concreta, e in particolare la sua universalità». Questi valori lo hanno accompagnato per tutta la vita: «prima in Iran, al servizio dei malati di lebbra, musulmani… infine in Egitto, dove mi sono dedicato allo studio del Corano, in collaborazione con i padri domenicani del Cairo… Oggi, il messaggio profetico di fratel Carlo è più che mai necessario. Inoltre, è sorprendentemente simile a quello di papa Francesco: rifiuto di ogni clericalismo, del culto del denaro, superamento di tutte le frontiere… Mi rattrista vedere alcuni giovani religiosi coltivare una religiosità ormai superata, attaccata a delle tradizioni formaliste, a un’etichetta clericale. Fratel Carlo, come Gesù, ci dice che tutto questo non è altro che fumo».
–Alain (PFV,73 anni, francese), che ha trascorso la sua vita in Africa (Kenya e Tanzania), racconta che da ragazzo era affascinato dalle «avventure di padre de Foucauld, il suo viaggio in Marocco, le sue peregrinazioni nel Sahara, il suo inserimento tra i Tuareg; in seguito ho scoperto i suoi grandi viaggi interiori, la sua inestinguibile sete di imitare Gesù, di essere suo discepolo, suo amico. A volte ho paura di installarmi nella routine, allora guardo fratel Carlo che è sempre in ricerca di come vivere meglio il Vangelo, come amare meglio Gesù, come amare meglio coloro che incrociano il suo cammino, come farsi più vicino a coloro che sono lontani dalla Chiesa, come lasciarsi convertire».
La missione è di tutti i battezzati
Marc Hayet (PFG, 71 anni, francese) tratteggia così il messaggio di fratel Carlo per il mondo di oggi, per la Chiesa, per ogni uomo di buona volontà: 1) andare senza paura nel mondo, per incontrare chi è più lontano e chi è diverso; 2) guardare il mondo come il luogo dove si può incontrare Dio; 3) annunciare il Vangelo mediante un atteggiamento di dialogo: ‘l’apostolato della bontà’; 4) vivere e portare il vangelo della tenerezza. «Quello che trovo molto interessante è che Carlo si rende conto a poco a poco che tale missione è una missione di tutti i battezzati; non solo o principalmente dei sacerdoti, ma innanzitutto una missione di tutti i fedeli battezzati. Arriva persino a dire che il battezzato comune è probabilmente più indicato del prete… Ad esempio un testo come questo, in una lettera a Joseph Hours, un laico di Lione: “Come lei dice, il mondo ecclesiastico e quello laico si ignorano talmente che il primo non può dar nulla al secondo. Accanto ai sacerdoti, occorrono delle Priscilla e degli Aquila, che vedano quel che il prete non vede, penetrino dove lui non può entrare, avvicinino chi lo evita, evangelizzino mediante un contatto benefico, una carità che si espande su tutti, un affetto sempre pronto a donarsi, un buon esempio che attragga coloro che voltano le spalle al prete e gli sono ostili per pregiudizio.
– Gabriel (PFV, 42 anni, francese) dichiara di non essere entrato in fraternità a causa di Carlo de Foucauld. «Chi è? Un avventuriero, un militare, un ribelle, un radicale, un uomo di dialogo, un gran lavoratore, un adoratore eucaristico, un folle di Dio. Possiamo interrogarci su quest’uomo complicato e a volte anche ambiguo. Qual era il suo status? Era innamorato di sua cugina, era un monaco, un eremita, un prete, un fratello cattolico patriottico o un fratello universale? Forse tutte queste cose allo stesso tempo, ma nelle diverse sfaccettature della sua personalità vedo in lui un uomo alla ricerca di Dio, pronto ad andare a cercarlo fino agli estremi confini del Sahara».
Domenico (PFG, 83 anni, italiano) ha vissuto 40 anni in Medio Oriente. Racconta che in Siria ha abitato per una decina d’anni in un quartiere completamente musulmano. «Ho potuto vivere così in modo molto semplice e senza alcun problema il contatto con le famiglie musulmane legando alcune amicizie che durano ancora oggi. I miei amici musulmani erano persone semplici a cui volevo bene e loro non si ponevano domande teoriche sulla mia identità cristiana e la mia vocazione religiosa. Vivere l’amicizia e la fraternità verso tutti al seguito di fratel Carlo è sempre stato per me un punto di riferimento».
L’eredità di frère Charles per una Chiesa di popolo
Nella rivista dei Piccoli Fratelli di Jesus Caritas (n.166, aprile 2022) spicca una riflessione dell’arcivescovo di Napoli mons. Domenico Battaglia su come la spiritualità di Charles de Foucauld può aiutare la conversione pastorale della Chiesa. Egli indica le “perle preziose” da conservare nel cofanetto del nostro quotidiano.
La perla della reciprocità, per “una Chiesa non autosufficiente”, ma capace di ricevere il dono che viene da esperienze e ricerche diverse.
La perla della vicinanza, per una Chiesa fatta di uomini e donne che sanno cambiare i propri “programmi pastorali”, una comunità che si fa vicina al territorio e alle persone provando compassione.
La perla della comprensione, per una Chiesa che sa tradurre i linguaggi ascoltati ed è pronta ad alzare la voce contro le vecchie e nuove schiavitù.
La perla del silenzio e della contemplazione, per una Chiesa che vede sia nell’Eucarestia che nei suoi fratelli e sorelle più poveri la persona di Gesù.
La perla del dono della vita, per una Chiesa con sacerdoti che fanno la scelta prioritaria delle periferie, che si sostengono a vicenda per cercare cammini comuni davanti alle situazioni di disagio e di pericolo, che sanno vegliare insieme per non cadere nel rischio dell’imborghesimento e dal girarsi dall’altra parte preferendo scelte più facili.
MARIO CHIARO