Roggia Beppe
Una nuova rotta
2022/5, p. 3
Dalla sofferenza può sempre germogliare una nuova rotta dell’umanità, ma occorre che l’attraversiamo e, standoci dentro, occorre imparare a leggerla e riscriverla come il qui e ora della storia della salvezza, magari con il felice intuito preveggente e di iniziativa del codice femminile.

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Una nuova rotta
Dalla sofferenza può sempre germogliare una nuova rotta dell’umanità, ma occorre che l’attraversiamo e, standoci dentro, occorre imparare a leggerla e riscriverla come il qui e ora della storia della salvezza, magari con il felice intuito preveggente e di iniziativa del codice femminile.
Suore Apostoline di Castel Gandolfo
Pensando a cosa dire, ho scelto di ricostruire con voi brevemente il percorso strutturando questa piccola riflessione in tre momenti: IoNoiNoi in uscita.
Io. Ripensando ai giorni passati dall’inizio di questa pandemia fino ad oggi, mi sembra un miracolo essere viva. La morte ci è passata accanto, a molti, forse, è passata proprio addosso... eppure siamo ancora qui. A questo proposito, la domanda che personalmente scuote e provoca il cuore è: “Perché io sì e altri no?”. Una domandona alla quale per ora non ho risposta. Allora raccolgo quello che da questa domanda ho capito e cioè il rischio di abituarci, di custodire a denti stretti le nostre certezze, credo sia il costante rischio della vita consacrata. Perché diciamo di voler dare la vita al Signore e poi la tratteniamo così? Tutto questo accresceva in me quel bisogno di trasparenza nel quale si giocava il senso della mia scelta, della vita, della morte, del paradiso, fino a scoprire che in fondo questa paura della morte ce l’avevo anche io. E proprio in quel momento mi sono ritornate alla mente le bellissime parole che don Tonino Bello tanti anni fa disse ai giovani: «Se la vostra vita la spenderete per gli altri, voi non la perderete; perderete il sonno, ma non la vita, la vita è diversa dal sonno; perderete il denaro, ma non la vita, la vita è diversa dal denaro; perderete la quiete, ma non la vita, la vita travalica la quiete; perderete tantissime cose, perderete la salute, ma non la vita, ma non la vita...». Da quel momento, qualcosa è cambiato. Ho capito che il centro per me non era guardare le nostre paure, ma lasciarci sconcertare dalla domanda: “Come possiamo dare la vita oggi? oggi che sentiamo nel cuore la grande ferita dell’impotenza?”.
Noi. Solo dopo questo passaggio ho capito che non potevo essere la paladina della salvezza per nessuno, tantomeno per me stessa. Che è necessario sapere di essere parte di un “noi” per dare la vita. Un “noi” a cui darsi e con il quale spendersi. Nessun passo avanti all’altro, ma semplicemente accanto e darsi il permesso di essere fragili, darsi il permesso per poter dire “Ho paura anche io”... È stato chiaro per tutte, che la nostra missione e la vita stessa, ha senso solo “insieme”. Nel frattempo, restava viva la domanda “Cosa possiamo fare?”. Condividendola con una consorella, ricordo che lei mi suggerì di pregare per quello che stava succedendo... Io lo facevo, ma questa risposta non bastava, era veramente tutto lì quello che potevamo fare? Effettivamente, oggi dico sì. Dal pregare insieme sono arrivate le risposte e le intuizioni. Nessuna si è detta che pregava per questo, ma so che tutte ci siamo lasciate attraversare il cuore da questa domanda.
Noi in uscita. E vengo alla terza parte, quella più pratica. Il desiderio che accomunava tutte era essere originali, non banali. Soprattutto in un tempo in cui sul web si vedeva di tutto, dando spesso un’immagine di Chiesa particolarmente buffa e a tratti davvero triste.
Il primo passo, quindi, è stato metterci in ascolto dei giovani fino a capire che non si trattava di dare loro risposte, ma solo di vivere con loro questo momento. Ci siamo sentite chiamate ad abitare lo spazio digitale in maniera sana e senza improvvisazioni, da adulte e non da amiche e con una parola nuova. E così, abbiamo lanciato alcune proposte di incontri on line per giovani, attraverso le nostre pagine social di Se vuoi che è la nostra rivista. Spazi esclusivamente loro, durante i quali potevano ascoltare e meditare la Parola e condividere con altri giovani quello che vivevano. Attraverso questi incontri, abbiamo potuto toccare con mano quanto quel disorientamento che abbiamo sperimentato tutti, in loro ancor di più, aveva fatto strada alla domanda di senso. “Se il tempo è così breve, cosa posso fare con la mia vita? Sto facendo davvero la scelta giusta?”.
Su questa scia abbiamo poi proposto una giornata on line su Instagram, per rispondere a tutte le domande che i giovani facevano. La risposta è stata inaspettata e bellissima. Successivamente, in Avvento, abbiamo allargato il target dei partecipanti, invitando non solo giovani, ma chiunque volesse partecipare e creando gruppi di condivisione di età miste. Ovviamente il mondo social è stato solo l’aggancio, ma per molti è nato un sostegno a tu per tu e personale. L’estate scorsa siamo andati nella stessa parrocchia conosciuta online per vivere con loro una missione sulla Parola in presenza, è stato veramente un tempo di grazia.
Oggi questi incontri partiti online continuano in presenza con un bel gruppetto di giovani. Per me il traguardo non sta nella quantità dei partecipanti, ma prima di tutto nel vivere questo tempo dedicato a loro come un tempo in cui ci sentiamo fortemente accompagnate e sostenute anche da chi non partecipa. Questo è bellissimo. È bellissimo che davanti alla morte abbiamo scelto, a modo nostro, la vita e l’abbiamo scelta insieme. Fragilità e forza... come ci ricorda san Paolo: «Quando sono debole è allora che sono forte».