Antoniazzi Elsa
Il velo del silenzio
2022/5, p. 32
Attraverso la presentazione di alcune recenti pubblicazioni, vengono descritti i danni degli abusi, compresi quelli psicologici, soprattutto quando le vittime sono le suore. Le riflessioni qui proposte, oltre a far conoscere l’estensione del fenomeno, possono aiutare a riconoscere le situazioni e, nel possibile, indicare la via per una risposta.

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STORIE DI ABUSI
Il velo del silenzio
Attraverso la presentazione di alcune recenti pubblicazioni, vengono descritti i danni degli abusi, compresi quelli psicologici, soprattutto quando le vittime sono le suore. Le riflessioni qui proposte, oltre a far conoscere l’estensione del fenomeno, possono aiutare a riconoscere le situazioni e, nel possibile, indicare la via per una risposta.
Dall’emergere degli scandali per pedofilia, a mano a mano, il vocabolario degli abusi si è tristemente arricchito: segno dell’emergere di altre situazioni.
Si sono aggiunti gli abusi sessuali su adulti, e specialmente su religiose, e poi l’abuso psicologico, quest’ultimo ancora più pervasivo. In primis vengono alla mente le sette, ma anche comunità religiose settarie. E poi, oggi, ci troviamo ad affrontare il tema dell’abuso psicologico anche in congregazioni che, a prima vista, non hanno spiritualità particolari e settarie, verrebbe da dire anche in comunità tradizionali.
La rivista ha sempre dato informazione di questo ventaglio di situazioni. Non si è potuta esimere dal dare notizia di casi importanti che venivano alla luce, e di riflessioni che oltre a far conoscere possono aiutare a riconoscere tali situazioni e, nel possibile, possono indicare la via per una risposta, una reazione.
“Vorrei risorgere dalle mie ferite”
Grazie al testo di Anna Deodato, Vorrei risorgere dalle mie ferite (EDB, Bologna 2016) in Italia, accanto alla questione degli abusi su minori, si è posta immediatamente la questione degli abusi sessuali su donne, su religiose. Sin dalle prime riflessioni è emersa la possibile stortura della colpevolizzazione della vittima. Questo succede spesso in caso di abuso sessuale, ma anche in caso di manipolazione psicologica, un elemento che frena la presa di coscienza e la denuncia è esattamente questo.
L’ultimo testo di cui abbiamo dato notizia è stato quello di Dom Dysmas de Lassus, ora finalmente tradotto in italiano per EDB dal titolo Schiacciare l’anima. Come già dicevamo lì si poteva costatare come ci possa essere un sottile scivolamento in atteggiamenti abusanti. Le parole sono purtroppo le stesse, ma se mancano alcuni riferimenti alla Chiesa, al bene della persona, diventano uno strumento di annullamento della stessa, di abuso.
Sul tema si stanno anche muovendo associazioni che partono dalla riflessione, critica, della questione della donna nella Chiesa, e che per questo, direi inevitabilmente, sono approdate al tema dell’abuso psicologico delle suore.
Una realtà ancora sommersa perché non è espressamente denunciata: ogni singola suora deve trovare la via per comprendere la situazione e gli aiuti per uscirne.
Il testo di Salvatore Cernuzio, Il velo del silenzio, (2021 San Paolo ed.) è la più recente analisi. Esso presenta alcuni casi e ci permette di notare alcune costanti.
Purtroppo la religiosa comprende che la situazione ha le caratteristiche dell’abuso quando il suo corpo e la sua mente cominciano a dare segnali forti.
Di solito è attraverso un percorso di psicoterapia che le donne arrivano a consapevolezza della propria situazione.
Per i religiosi che non vivono certe situazioni, alcuni fattori scatenanti possono talvolta apparire come situazioni gravi, ma non abusanti. Situazioni che hanno più a che fare con l’obbedienza, che magari va in senso opposto ai desideri.
Su questo, credo, si debba fare molta attenzione. Ricordare che il senso di ogni comunità e del conseguente agire di ogni responsabile è quello di agevolare la crescita spirituale, a partire dal rispetto, come suggerisce il canone 618 del Diritto canonico, che ricorda come i religiosi vadano trattati come figli di Dio e con il «rispetto della persona umana».
In secondo luogo spesso il dolore provocato non viene da un desiderio frustrato, ma dalla costatazione che quella decisione è stata presa senza buone ragioni. Per esempio come quella suora di colore, che con i titoli di studio adeguati, non può svolgere un servizio legato ad essi semplicemente perché “nera”.
Se dare la vita passa per il dono di sé alla comunità, alle sue esigenze, è altrettanto vero che lo sguardo primo deve essere quello della madre che sostiene e fa fiorire la vita dell’altro. Se una disposizione chiede un sacrificio eccessivo, che nonostante la buona volontà la suora non può portare, possiamo ancora parlare di dovere dell’obbedienza? L’obbedienza dialogata, di conciliare memoria, non è lo strumento per aiutare a vivere anche la croce senza far morire nessuna? E poi la disposizione è scelta evangelica?
Testimonianze in un breve cortometraggio
Le testimonianze riportate fanno comprendere come purtroppo ci siano ambiti religiosi in cui un misto di arretratezza spirituale e dispotismo sono tuttora all’opera.
Un segnale è un breve cortometraggio animato che l’associazione Voice of Faith ha pubblicato sulla propria pagina Facebook.
L’associazione, di origine svizzera, ora è presente anche in Italia e ha preso a cuore sia il ruolo delle donne sia la questione degli abusi psicologici delle suore.
Essa ha anche istituito un fondo di aiuto per le sorelle che escono e che si trovano in serie ristrettezze economiche, tenendo conto che spesso queste hanno bisogno anche di cure per immettersi di nuovo nella società e iniziare una nuova fase di vita.
In questo cortometraggio, frutto dunque di ascolto, capiamo che ci sono ambiti in cui la biologia femminile è criminalizzata, così le mestruazioni sono un momento “impuro” e in conseguenza è anche negato ciò che serve per l’igiene intima.
Un altro punto è altrettanto preoccupante, perché riguarda gli elementi fondamentali della vita spirituale. Nel corto si spiega, in modo molto delicato e sereno, che anche dopo aver professato il voto di castità può capitare di innamorarsi. A questo punto il cammino spirituale è posto di nuovo di fronte a una scelta; non si è obbligate a sposarsi, si può riprendere un cammino di fedeltà al Signore e che è possibile continuare nella propria vita religiosa, attuando i giusti aiuti per sostenere la propria fedeltà.
Sembra ovvio, dicevamo, ma forse in contesti particolarmente vessatori e a fronte di ragazze che approdano alla vita religiosa senza una matura vita cristiana, né conoscenze di vita spirituale, e talvolta anche senza altra guida che non quella interna, si trovano così a vivere situazioni drammatiche e spiritualmente negative perché è solo il senso di colpa a far da padrone.
Tra le pagine del testo di Salvatore Cernuzio, troviamo ancora il triste caso in cui anche le situazioni di disagio psicologico o psichico sono occasione di ingerenze importanti e vessatorie da parte delle responsabili, magari grazie a letture spiritualistiche che negano la cura, anche per povertà.
In queste pagine con sollievo scopriamo anche che a Roma esiste “Vasi di creta”, centro che a titolo gratuito offre consulenza psicologica personale e alle comunità.
In rete si trovano centri di questo tipo, almeno i più famosi, una sorta di albo potrebbe essere utile per le varie zone. E ce ne sono anche dove al percorso psicologico è affiancato il percorso spirituale. Come succede sempre il passaparola è fondamentale, ma una sorta di elenco potrebbe aiutare chi non ha dove chiedere.
Possiamo immaginare che tra i molti racconti si possa incappare in qualche situazione in cui sia la poca comprensione della realtà della vita religiosa a far vivere la fatica, piuttosto che situazioni abusanti. È inevitabile, ma per questo non si può tacere. Per la questione della pedofilia è stato lo stesso: certo ci sono state accuse false, ma quante sono vere!
Sarebbe meglio, perciò, iniziare ad ascoltare i racconti e cercare di comprendere come poter prevenire, se possibile, ma almeno intervenire.
Non è per l’ingenua speranza che non accada più nulla di simile che si chiedono azioni e si denuncia, ma per la realistica consapevolezza che molto potrebbe essere messo in campo, per arginare le peggiori conseguenze.
Come prima cosa sarebbe importante che fosse offerto alle suore un riferimento cui rivolgersi per denunciare, un po’ come oggi si fa nelle diocesi per i casi di abuso minorile. Per ora è tutto affidato al caso, che ogni tanto ha il volto positivo della Provvidenza, ma non sempre.
Impegno del “Gruppo donne per la Chiesa”
Il gruppo Donne per la Chiesa si è impegnato in questo senso, fa girare documenti, forti e tristi, con testimonianze di suore abusate, organizza webinar di confronto. È proprio attraverso di loro che sono venuta a conoscere il lavoro di raccolta di testimonianze ad opera della rivista LEFT. Che una rivista laica faccia questo lavoro colpisce. Se ne possono dare molte motivazioni, ma sta il fatto che nell’ambiente ecclesiale non ci sono luoghi di riferimento simili e facilmente accessibili.
Fare luce potrebbe aiutare a raggiungere anche pratiche condivise tra i diversi istituti, come auspica Nicole Becqaurt, sottosegretaria al Sinodo, che firma la prefazione a Il velo del silenzio. La suora segnala per esempio il caso delle esclaustrazioni per cui l’aiuto economico è lasciato al puro arbitrio delle superiore. Tra il criterio per cui non si tratta di retribuire il lavoro svolto in congregazione alla decisione di elargizioni caso per caso, c’è molto da poter porre in mezzo.
Del resto già il citato libro di Anna Deodato suggeriva un confronto all’interno della vita religiosa che aiutasse quale strumento importante per giungere a un quadro realistico del fenomeno e per poter poi delineare protocolli precisi.
La consapevolezza c’è se al testo di Cernuzio la prefazione è di una suora che ha un ruolo di rilievo nel cammino sinodale della Chiesa universale, mentre al testo di de Lassus è lo stesso Prefetto per la vita consacrata, mons. Carballo, a firmare. E questo sta a dire che ai “vertici” il problema si conosce, va ora affrontato da tutti.
Lo stesso papa Francesco ha segnalato un altro aspetto molto presente purtroppo di sfruttamento del lavoro delle suore da parte di prelati. Alle suore ha ricordato che il loro servizio non può diventare schiavitù e in questo caso se l’uomo di chiesa ha la sua responsabilità, anche poca vigilanza delle responsabili, perché questo non accada, è responsabilità di governo.
A fronte di queste prese diposizioni ora è la vita religiosa, le religiose e i religiosi che sono chiamati a muoversi e a farlo nell’ottica della vita religiosa: la qualità di essa è questione ecclesiale, perciò da ogni cristiano possiamo ricevere consiglio.
L’ultima parola deve essere dedicata alle vittime proprio perché sono il centro di tutto quanto sopra detto. Donne che riconoscano la chiamata del Signore ad una vita segnata dal vangelo nella forma della vita religiosa si trovano invischiate in un ginepraio psicologico in cui ne va della loro salute fisica e mentale.
In nome dell’Evangelo persone di cui si fidano le conducono per vie spirituali o per visioni antropologiche che non hanno a che fare con La Buona Notizia. Nel testo Il velo del silenzio è triste leggere come le donne che escono per maltrattamenti spesso non rinnegano Dio né la loro vocazione, ma sono troppo sofferenti per affidarsi ancora alle strutture della vita religiosa. Sono moltissimi i religiosi che ricevono dalla vita religiosa ciò per cui essa è nata e cioè l’aiuto a crescere nella fedeltà al vangelo. È proprio l’abbondanza di vite dedicate al Signore che dovrebbe rendere urgente evitare distorsioni e soprattutto aiutare chi riconosce la chiamata a vivere in serietà e dignità. Nascondere la verità per non dar scandalo è diventato gesto scandaloso. Far emergere, ascoltare e cercare rimedi è servizio alle persone e alla Chiesa.
ELSA ALBERTAZZI