Dall'Osto Antonio
Scossi i rapporti tra Mosca, Roma e Costantinopoli e il WCC
2022/5, p. 18
L’intervento russo in Ucraina avrà un forte impatto anche sui rapporti tra le Chiese cristiane separate e lo stesso ecumenismo. Potrebbero risentirne negativamente anche i recenti risultati diplomatici raggiunti dal Vaticano e mettere in questione gli stessi rapporti interni alla Chiesa ortodossa russa e il Consiglio mondiale delle Chiese.

Accedi alla tua area riservata per visualizzare i contenuti.

Questo contenuto è riservato agli abbonati a
Testimoni
.
LA GUERRA IN UCRAINA
Scossi i rapporti tra Mosca,
Roma e Costantinopoli e il WCC
L’intervento russo in Ucraina avrà un forte impatto anche sui rapporti tra le Chiese cristiane separate e lo stesso ecumenismo. Potrebbero risentirne negativamente anche i recenti risultati diplomatici raggiunti dal Vaticano e mettere in questione gli stessi rapporti interni alla Chiesa ortodossa russa e il Consiglio mondiale delle Chiese.
L'aggressione russa dell'Ucraina mette fortemente in discussione la convivenza in Europa così come si è sviluppata negli ultimi tre decenni. Il conflitto militare ha degli effetti negativi anche sul rapporto tra le Chiese cristiane separate. Le secolari divisioni storiche che nel decennio del 2010 erano sembrate in parte risanate, attraverso alcuni incontri di vertice, sono state di nuovo messe in questione. Dopo il conflitto in Crimea nel 2014 e gli scossoni avvenuti – la palese scissione tra Mosca da un lato e Costantinopoli e Alessandria dall'altro – sono stati pregiudicati anche i più recenti risultati diplomatici ottenuti dal Vaticano nell'area dell'ortodossia.
In quest’ultimo decennio non ci sono più stati incontri "storici" come quelli avvenuti nella "Primavera del Concilio Vaticano II" degli anni '60, come: il primissimo incontro di un papa con un patriarca di Mosca a Cuba nel febbraio 2016; il vertice sui profughi della Chiesa greco-ortodossa con papa Francesco a Lesbo nell'aprile 2016; l'incontro dei Patriarchi di Roma, Costantinopoli e Alessandria in Egitto nell'aprile 2017. Recentemente si erano sentite con insistenza voci secondo cui quest'anno avrebbe potuto aver luogo un secondo incontro tra Papa Francesco e il Patriarca di Mosca Cirillo. Ma secondo le ultime notizie giunte dal Vaticano, l’incontro è stato sospeso, perché «la nostra diplomazia ha capito che in questo momento, potrebbe creare molta confusione».
Nuove difficoltà
Ma i nuovi rapporti restano molto difficili, e ciò è dovuto soprattutto – scrive Alexader Brüggemann ( (KNA, 26.02.2022) – al ruolo dominante e in parte aggressivo di Mosca nell'ortodossia mondiale. Risalendo indietro nella storia, dopo la definitiva separazione di Roma dal costrutto tardo antico della "Pentarchia" di dominio greco (i patriarcati di Roma, Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme) e la caduta dell'Impero Bizantino (1453), Mosca fu elevata, nel 1589, al rango di patriarcato e classificata dal sinodo dei quattro pentarchi rimasti a Istanbul nel 1593 al quinto posto.
Ovviamente Mosca si considera ancor oggi molto di più: ossia come la "Terza Roma". Inoltre ad essa fa capo di gran lunga il maggior numero di membri del mondo ortodosso: circa 150 milioni su un totale stimato di 220.
La teoria della "Terza Roma"
Nel lontano 1510, il monaco Filoteo descrisse così l’autocoscienza moscovita: scrivendo allo Zar russo gli disse che egli era "l'unico ad avere in mano le redini della santa chiesa apostolica" – e che questa ora si trovava a Mosca anziché nella decaduta Roma o a Costantinopoli. “Due Roma sono cadute, la terza è in piedi e non ci sarà una quarta".
Questa autocoscienza aveva in quegli anni una sua giustificazione. Dopo che il Granduca Vladimir di Kiev fu battezzato nel 988 e con il matrimonio divenne parte della famiglia imperiale di Costantinopoli, la Russia nascente fece parte della chiesa imperiale bizantina per secoli. Quando poi la "politica" si decompose e i principi russi divennero vassalli dei mongoli, a metà del XIII secolo, la Chiesa russa crebbe in ciò che sentiva essere il suo ruolo storico in quanto fondatrice dell’identità della nazione e custode della cultura russa.
Fondamentale per la teoria della "Terza Roma" fu che i Bizantini, minacciati dall'Islam, accettarono una riunificazione di breve durata nel 1439 nell’ "Unione di Firenze" dopo la scissione del 1054 per ottenere l'appoggio di Roma contro gli ottomani. Quando Costantinopoli alla fine cadde in mano ai Turchi nel 1453, questa caduta della "Seconda Roma" fu interpretata a Mosca come una punizione di Dio per avere assecondato i latini. Da quel momento in poi, lo zar ("imperatore") fu considerato l'unico "autocrate" (bizantino "autocrator"), e il metropolita di Mosca – patriarca dal 1589 - fu da quel momento nominato a Mosca e non più a Bisanzio.
L'immagine di sé della "Terza Roma" è ancora oggi scolpita nell’animo dell'ortodossia russa. Si nutre attualmente della nuova vicinanza allo Stato di Putin, della nuova prosperità materiale e della dimensione numerica della Russia nel concerto delle Chiese nazionali ortodosse.
Costantinopoli, la "Seconda Roma", nel corso del XX secolo, ha invece dovuto far fronte a tanti contraccolpi politici da trovarsi oggi sull'orlo della sussistenza in termini numerici. La sua grandezza all'interno dell'ortodossia è ormai esclusivamente morale e spirituale.
Per questo Mosca guarda da lungo tempo con sospetto sia al ruolo del primato onorario di Costantinopoli nell'Ortodossia mondiale sia a qualsiasi riavvicinamento ecumenico tra Roma e Costantinopoli. Quando il patriarca Bartolomeo I, all'inizio del 2019, riconobbe come "autocefala" una Chiesa ortodossa in Ucraina indipendente da Mosca, sostenuta in questo dal Patriarcato di Alessandria, Mosca tagliò il legame di unità con entrambi e da allora cominciò a creare strutture ecclesiastiche parallele in Africa, nel territorio canonico di Alessandria.
Cirillo e la guerra contro l’Ucraina
Oggi, scrive il sociologo Detlef Pollack nel Frankfurter Allgemeine Zeitung, la Chiesa ortodossa russa offre "uno spettacolo particolarmente triste" nella guerra contro l'Ucraina. "Anziché schierarsi dalla parte dei deboli e dei perseguitati, corteggia il capo del Cremlino e l’appoggia offrendogli gli strumenti ideologici "di supporto". Esercita un ruolo che Pollack definisce “fatale". Del resto, – spiega – la Chiesa ortodossa russa non ha mai rinunciato alla sua "alleanza compromettente con chi detiene il potere" e la sua "offerta di identità etnico-religiosa" è accolta con entusiasmo dalla popolazione. Dal 1990 al 2020, il numero di coloro che si identificano con l'Ortodossia è passato da un terzo a due terzi della popolazione. Durante questo periodo, la Chiesa ortodossa si è presentata come la "portatrice dell’identità nazionale". "Per decenni, un'enorme maggioranza di gente in Russia ha creduto che un vero russo debba essere ortodosso. Ma questa coscienza nazionale religiosamente ammantata, è tutt'altro che innocua". Nei sondaggi, il 90 per cento dei russi ha affermato di volere che la Russia diventi una superpotenza e debba difendersi dalla minaccia delle culture straniere. La fiducia nazionale in se stessi trae la sua forza "soprattutto dai grandi successi del passato, dalla vittoria nella seconda guerra mondiale, dalla tradizione letteraria russa, dai risultati ottenuti nell'esplorazione spaziale e dalla presunta pazienza e fermezza del popolo russo". La Chiesa ortodossa rappresenta questa "ex grandezza della Russia", scrive Pollack e "ha la funzione essenziale di mantenere vivo il ricordo di questa grandezza".
In questo quadro ideologico, il patriarca di Mosca Cirillo I interpreta metafisicamente la guerra d'aggressione; vedendo in essa "poteri celesti e infernali combattere l'un contro l'altro". Per questo condivide con il presidente Vladimir Putin la volontà di "riportare la Russia al suo antico splendore".
I teologi viennesi Christian Stoll e Jan-Heiner Tück vedono Putin e Cirillo "uniti nel sentimento anti-occidentale". Entrambi condividono il rifiuto dell'Occidente. In un'analisi sul quotidiano svizzero Neue Zürcher Zeitung scrivono che Putin ha stabilito un "rapporto di simbiosi tra Stato e Chiesa" e come "figlio fedele della Chiesa" ha più volte definito la Russia baluardo contro la decadenza occidentale.
I rapporti tra le Chiese cristiane
Ma in che modo la guerra contro l’Ucraina pregiudica i rapporti tra le Chiese cristiane? Nel senso che a partire dal Concilio Vaticano II (1962-1965) si è sviluppata un'autentica amicizia ecumenica tra i Papi e i Patriarchi di Costantinopoli. Si sono risanate le ferite del lungo scisma del 1054 – si ricordino semplicemente i calorosi abbracci di Bartolomeo I con Benedetto XVI. e poi con Francesco, nel 2006 e 2014 a Istanbul o il vertice dei profughi a Lesbo nel 2016.
Con Benedetto XVI (2005-2013) e Francesco, anche il clima precedentemente gelido tra Mosca e Roma è notevolmente migliorato, all’insegna di una comune trasmissione di valori e cooperazione su problemi mondiali urgenti, quali la persecuzione dei cristiani in Medio Oriente o la crisi ecologica.
Ma la nuova epoca glaciale tra Mosca e Costantinopoli – scrive Alexander Brüggemann– pone ora Roma di fronte ad un nuovo dilemma diplomatico: sostenere l’amico Bartolomeo I significa anche mettere a rischio i faticosi progressi di avvicinamento compiuti con Mosca. E anche se il Patriarcato ortodosso russo inizialmente era stato piuttosto restio nel rilasciare dichiarazioni politico-ecclesiastiche sulla crisi ucraina - a parte una dichiarazione di fedeltà di Cirillo I al presidente russo Putin come "difensore della patria" – il capo del Cremlino ha addotto anche una presunta persecuzione dei cristiani (di Mosca) in Ucraina come legittimazione quasi religiosa dei suoi piani di invasione. Ciò significa che la Chiesa ortodossa russa continua a essere legata a un dovere di lealtà patriottica verso lo Stato. Ma quanto potrà ancora continuare questo atteggiamento?
Ma, col passare dei giorni, si sono moltiplicate le dichiarazioni del Patriarca di Mosca Cirillo a favore della guerra in Ucraina e a sostegno del presidente russo Vladimir Putin. L’ultima presa di posizione è un invito a combattere i “nemici interni ed esterni di Mosca”. “In questo periodo difficile per la nostra patria, possa il Signore aiutare ognuno di noi a unirci, anche attorno al potere”, ha affermato. “È così che emergerà la vera solidarietà nel nostro popolo, così come la capacità di respingere i nemici esterni e interni e di costruire una vita con più bene, verità e amore”.
Non è la prima volta che il Patriarca di Mosca sostiene i propositi militari della Russia. Lo ha fatto fin dall’inizio del conflitto in Ucraina. Sono dichiarazioni che hanno provocato nel mondo ecumenico un vero e proprio scossone tanto da spingere molti a chiedere al Consiglio mondiale delle Chiese (WCC) di “espellere” il Patriarcato di Mosca.
Anche circa 260 sacerdoti ucraino-ortodossi che fanno riferimento a Mosca chiedono un processo ecclesiastico contro il patriarca russo-ortodosso Cirillo I. "Oggi (11 aprile 2022) – scrivono in un appello intitolato "Tribunale ecclesiastico internazionale" – dal momento che il patriarca di Mosca Cirillo sostiene apertamente la guerra di aggressione russa contro l'Ucraina, noi sacerdoti della Chiesa ortodossa ucraina abbiamo deciso di rivolgerci al Consiglio dei capi delle antiche Chiese orientali con una denuncia contro il patriarca Cirillo”. Nella storia della Chiesa ortodossa russa, nel 1666 il patriarca di Mosca Nikon fu privato del suo ufficio e della sua dignità episcopale. Fu mandato in un monastero come "semplice monaco" per fare penitenza.
Verso la fine della “sinfonia”?
Il teologo di Paderborn Johannes Oeldemann, direttore del Johann Adam Möhler Institute for Ecumenism, ipotizza l'arrivo di cambiamenti profondi nelle Chiese ortodosse a seguito della guerra in Ucraina. A suo parere, "il modello bizantino della sinfonia e di alleanza tra Stato e Chiesa rischia di giungere alla sua fine storica”. Scrive che il sostegno del patriarca di Mosca Cirillo I all'invasione della Russia dell’Ucraina ha suscitato forti critiche anche tra i vescovi e metropoliti della Chiesa russa. Queste "voci profetiche" hanno mostrato che anche all'interno dell'ortodossia, il rapporto molto stretto tra Stato e Chiesa "è difficile che si riveli praticabile in futuro". Oeldemann osserva che la posizione di Cirillo sulla guerra in Ucraina porta alla conclusione "che la Chiesa ortodossa russa si trova attualmente ancora nella 'gabbia d'oro' in cui fu imprigionata al tempo degli zar” (con privilegi e generosi aiuti finanziari). La Chiesa ortodossa in Russia – afferma – è “protetta esternamente, ma internamente è imprigionata e non libera”. Il predecessore di Cirillo, il patriarca Aleksij II, che ha guidato la Chiesa russa nel periodo successivo al crollo dell'Unione Sovietica, aveva ripetutamente messo in guardia dal rimettersi in una situazione del genere. "La guerra ora mostra quanto fosse giustificato il suo avvertimento".
ANTONIO DALL’OSTO