Pangrazzi Arnaldo
L’impotenza riflesso della precarietà esistenziale
2022/4, p. 31
Sono tante le situazioni che mettono di fronte alla propria impotenza, incluse le calamità naturali, ma una in particolare porta a disarmare i viventi: l’impatto con la morte. Le risorse per farvi fronte. La grande risorsa della speranza.

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L’impotenza
riflesso della precarietà esistenziale
Sono tante le situazioni che mettono di fronte alla propria impotenza, incluse le calamità naturali, ma una in particolare porta a disarmare i viventi: l’impatto con la morte. Le risorse per farvi fronte. La grande risorsa della speranza.
Il termine “impotenza” rimanda, di primo acchito, alla disfunzione erettile maschile e alle problematiche e rimedi sollevati da questa anomalia.
Nel significato più ampio il “senso di impotenza” include una gamma di vissuti che segnano l’esperienza umana.
Il periodo storico della pandemia ha fatto toccare dal vivo questo sentimento ad un’infinità di persone: dai medici ai malati, dagli insegnanti agli alunni, dalle figure religiose agli imprenditori, dai sociologi agli psicologi, dagli artisti agli sportivi, dagli scienziati ai ricercatori.
Il senso di impotenza, come una ventata inarrestabile, ha colpito ogni categoria di persone e ogni angolo della terra.
Pandemia: impatto planetario con l’impotenza
Un virus invisibile ha costretto la popolazione mondiale agli “arresti domiciliari", facendo interrompere le scuole, chiudere i bar e ristoranti, installare termo scanner nelle case di cura per anziani e negli ospedali, limitare i viaggi, sospendere eventi culturali e sportivi, prorogare convegni e incontri.
L'azione travolgente del covid-19 ha demolito i miti dell'autosufficienza, onnipotenza, efficienza e imposto una doverosa riflessione sul tema dei limiti e dell'impotenza.
Anche la Chiesa è stata costretta in trincea e ha dovuto rinunciare al suo tradizionale ruolo di prossimità a servizio dei deboli e dei feriti, sospendendo le funzioni pubbliche e posticipando le celebrazioni di matrimoni, battesimi, prime comunioni, cresime e funerali.
Anche i giovani, penalizzati in questi due anni dai limiti imposti alle libertà personali di muoversi e giocare con gli amici, hanno spesso scaricato le tensioni e l'aggressività in gesti di autolesionismo o in accresciute conflittualità familiari, quando non rifugiandosi nel silenzio o nella dipendenza da internet.
La pandemia ha evidenziato lo strapotere di un piccolissimo virus e i limiti e le lacune della scienza.
Suonano quanto mai veritiere le parole di Zygmunt Bauman “La generazione meglio equipaggiata tecnologicamente di tutta la storia umana è anche la generazione afflitta come nessun’altra da sensazioni di insicurezza e di impotenza”.
Siamo, allo stesso tempo, spettatori e protagonisti di un lungo bagno di umiltà nell’insicurezza.
L’immenso fiume dell’impotenza
La pandemia ha acutizzato e generalizzato uno stato d’animo che, per altre cause, colpisce quotidianamente innumerevoli soggetti, famiglie e nazioni.
Si pensi, ad esempio, a quanti vivono nel mondo condizioni di vita deprimenti, legate all’indigenza, all’oppressione, alla guerra, e che cercano nelle fughe disperate di porre fine all’oscurità e di riaprire spazi alla speranza.
Si pensi a quanti sono immersi nell’impotenza come compagna di vita permanente, perché incapaci di attivarsi e reagire alle contrarietà. Sono tutti coloro che sono portati a rassegnarsi, convinti che non ce la faranno mai, condizionati da precedenti esperienze di fallimento che li rendono pessimisti circa le loro abilità di fronteggiare le tribolazioni.
Si pensi al senso di impotenza sperimentato dalle persone in preda all’angoscia esistenziale che le può paralizzare o destabilizzare, scatenando reazioni sproporzionate alle circostanze.
Si pensi ai traumi di quanti si sentono sopraffatti da condizioni dolorose, quali la morte di una persona cara, che cercano di risolvere immergendosi in attività frenetiche o segregandosi nella propria casa e scollegandosi da tutti.
Si pensi al senso di impotenza avvertito da chi è sovraccarico di incombenze e responsabilità nel lavoro, o da chi deve affrontare ogni giorno situazioni demoralizzanti o deprimenti in famiglia.
Si pensi al senso di impotenza provato da quanti si trovano ad affrontare una malattia cronica o terminale e devono fare i conti con un progetto di vita sconvolto e uno stile di vita alterato, con pesanti ricadute familiari ed economiche.
Si pensi a chi vive l’impotenza di non potere fare nulla per salvare la vita di un figlio, di un genitore o di un coniuge che si sta spegnendo e per il quale non c’è più nulla da fare.
I familiari assistono affranti e impotenti al dramma che non possono cambiare né affidandosi alla medicina, né facendo appello alla preghiera, né mettendo a disposizione il loro patrimonio finanziario.
Anche quanti hanno ottenuto tutto dalla vita, grazie al loro potere o alle loro ricchezze, si trovano incapaci di capovolgere il destino e assaporano quanto sia vero che “niente è più instabile del potere; niente più stabile dell’impotenza” (Roberto Gervaso).
In sintesi, sono tante le situazioni che mettono di fronte alla propria impotenza, incluse le calamità naturali, ma una in particolare porta a disarmare i viventi: l’impatto con la morte.
Risorse per far fronte all’impotenza
Oggigiorno, uno dei problemi più diffusi tra la gente è il senso di impotenza legato alla precarietà delle certezze, alla paura di perdere beni e persone, allo smarrimento esistenziale per la mancanza di riferimenti certi, alla progettualità sospesa, ai cambiamenti continui, all’imprevedibilità del futuro, alle variabili infinite che scombussolano il bisogno di stabilità.
Quanto sta accadendo rende attuale la riflessione di Bertrand Russell: “L’universo è immenso, e gli uomini non sono altro che piccoli granelli di polvere su un insignificante pianeta. Ma quanto più prendiamo coscienza della nostra piccolezza e della nostra impotenza dinanzi alle forze cosmiche, tanto più è sorprendente ciò che gli esseri umani hanno realizzato”.
L’impotenza individuale e collettiva si supera imparando a gestire creativamente la mancanza di controllo, adattandosi all’imprevedibilità, interpretando gli eventi con sguardi diversi, ristrutturando la vita e rafforzando le forme di solidarietà e fratellanza.
James Richardson suggerisce che “la peggiore impotenza è dimenticare che c’è un aiuto”.
L’aiuto può venire dall’alto, dal prossimo e da dentro sé stessi.
L’aiuto della fede si manifesta sotto forma di affidamento a Dio dinanzi a tutto ciò che non possiamo controllare. La preghiera di Santa Teresa è un balsamo per la pace interiore:
“Niente ti turbi, niente ti spaventi,
a chi ha Dio, nulla manca, Dio solo basta.
Tutto passa, Dio non cambia, la pazienza tutto realizza.
Niente ti turbi, niente ti spaventi,
a chi ha Dio, nulla manca, Dio solo basta.
Niente ti turbi, niente ti spaventi, solo Dio, solo Dio basta”.
L’aiuto del prossimo proviene da diverse basi, ma è simboleggiato in particolare dai medici e infermieri che assistono i malati e i morenti.
L’aiuto da dentro nasce dall’individuazione e mobilitazione delle risorse cognitive, emotive e comportamentali di cui ognuno dispone per rispondere alle crisi. Tra le risorse interiori da risvegliare e mettere in azione, un ruolo significativo riveste la resilienza, che è la capacità di essere tenaci nei momenti di sconforto sapendo scoprire valori e insegnamenti nelle ore grigie del pellegrinaggio terreno.
Willa Cather scrive che “ci sono cose che si imparano meglio nella calma, altre nella tempesta”.
Un altro importante capitale da coltivare è la speranza che i primi cristiani rappresentavano come un'àncora di salvezza cui aggrapparsi.
La speranza è come il sangue: non si vede, ma scorre dentro; Louis Dumur afferma che "la speranza è la morfina della vita".
Per alcuni la speranza è non cedere alla disperazione, saper rialzarsi dopo essere caduti; per altri è trovare insegnamenti positivi in mezzo alle contrarietà; per altri ancora è credere alla presenza misteriosa di Dio nelle avversità umane.
Nei momenti critici dell’esistenza, la speranza assume diversi significati, tra cui: guarire da una malattia, comunicare con i propri cari, portare a termine un progetto, congedarsi serenamente dal mondo.
Anche l'angoscia del morire si supera collocando la propria storia al di là di se stessi: c'è chi considera l’immortalità nella continuità dei figli e nipoti, chi nell'eredità morale di valori ed esempi trasmessi, chi nella certezza dell'indistruttibilità dello spirito: "lo sono la risurrezione e la vita, chi crede in me, anche se muore, vivrà" (Gv 11,25).
Ogni esistenza individuale e comunitaria è segnata dalla precarietà e dall’impotenza: privati delle certezze, siamo educati alla provvisorietà; privati dell’autosufficienza, siamo educati alla fratellanza; privati dell’azione, siamo educati alla paziente attesa.
P. ARNALDO PANGRAZZI, M.I.