Chiaro Mario
I giovani chiedono ascolto e accoglienza
2022/3, p. 44
Nel 2020 è scoppiata una pandemia che ci ha colto impreparati. La fascia degli anziani è stata la più colpita, ma l’impatto socio-economico ha investito in particolare il mondo giovanile. Le conseguenze rischiano di essere particolarmente gravi.

Accedi alla tua area riservata per visualizzare i contenuti.

Questo contenuto è riservato agli abbonati a
Testimoni
.
I giovani chiedono ascolto e accoglienza
Nel 2020 è scoppiata una pandemia che ci ha colto impreparati. La fascia degli anziani è stata la più colpita, ma l’impatto socio-economico ha investito in particolare il mondo giovanile. Le conseguenze rischiano di essere particolarmente gravi. Come è documentato dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, il nostro paese presentava già fragilità e diseguaglianze nei percorsi formativi, professionali e di vita delle nuove generazioni, con ricadute sulla dimensione del disagio sociale, della salute mentale, dell’insicurezza nei confronti del futuro. Nel 2008 il tasso dei giovani che non studiano né lavorano (i cosiddetti Neet) tra i 25 e i 34 anni era del 23%, nel 2019 è salito al 28,9% (media europea al 17%). Gli over 65 oggi sono il 23% (un quarto della popolazione) e sono destinati ad aumentare (diventeranno il 33% nel 2040). Nascono sempre meno figli e sono circa 350 mila i giovani andati all’estero negli ultimi 10 anni. Diversi sociologi hanno cercato spiegazioni per l’attuale situazione sociale e psicologica di forme prolungate di immaturità (la cosiddetta sindrome di Peter Pan), ma le loro analisi hanno finito per penalizzare i giovani (o le loro famiglie). Oggi appare sempre più chiaro che occorre focalizzare il ruolo delle istituzioni, che non favorisce il passaggio alla vita adulta.
Giovani e nuovo modello di sviluppo
Alessandro Rosina, docente di Demografia e Statistica sociale nella Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano, si è concentrato sul contesto sociale che condiziona la crescita dei giovani: “ci troviamo oggi con uno dei peggiori intrecci nelle economie mature avanzate tra crisi demografica e questione generazionale”. “Ci sono quattro fattori che, in combinazione tra di loro, hanno portato i giovani entrati nel mercato del lavoro in questo secolo a ‘sentirsi di troppo’ rispetto alla capacità del sistema produttivo di includerli e valorizzarli adeguatamente”. Il primo fattore consiste nel fatto che finora il centro della vita attiva è stato occupato dalle generazioni nate nei primi decenni del secondo dopoguerra. Il secondo fattore è il percorso di basso sviluppo dell’Italia: possiamo parlare di un “decennio perduto” a causa del rallentamento della crescita e della perdita di competitività rispetto alle economie avanzate. Circa il terzo fattore, l’invecchiamento della popolazione porta i governanti ad affrontare i costi crescenti associati alle pensioni, alla salute e all’assistenza sociale: la risposta politica è stata quella di spostare in avanti l’età di pensionamento, mentre è stato basso lo sviluppo delle politiche a supporto della lunga vita attiva nelle aziende. “La combinazione tra invecchiamento demografico, posticipazione del ritiro dal lavoro, bassa crescita economica e basso sviluppo dei settori più innovativi e competitivi, ha portato a un aumento dell’occupazione degli over 55 senza una espansione generale delle opportunità di occupazione”. Il quarto fattore, infine, riguarda le carenze nei servizi che si occupano dell’incontro tra domanda e offerta. Tutte queste considerazioni portano a dire che l’efficacia dell’utilizzo dei finanziamenti del progetto europeo denominato Next Generation Eu andrà misurato sulla capacità di mettere il capitale umano delle nuove generazioni al centro dello sviluppo sostenibile, inclusivo e competitivo del paese.
Il diritto alla speranza
Si tratta di una urgente operazione antropologica. Proprio su questa linea antropologica si muove l’attenzione di papa Francesco verso i giovani, un’attenzione basata su una conoscenza ‘esperienziale’ delle nuove generazioni e da un ascolto sincero e rispettoso, non giudicante e accogliente. In questa prospettiva, egli preferisce insistere sulla dimensione processuale e progettuale dell’educazione: generare processi, lavorare sui percorsi, prestare attenzione ai dinamismi di crescita più che ai risultati. Ricordiamo che ai giovani universitari di Bologna (1/10/2017) il Papa ha proposto tre diritti: il diritto alla cultura, per tutelare un sapere umano e umanizzante; il diritto alla pace, per affermare i diritti delle persone e dei popoli, dei più deboli, di chi è scartato, e del creato, nostra casa comune; il diritto alla speranza. Soffermandosi su questo terzo diritto ha affermato: «Tanti oggi sperimentano solitudine e irrequietezza, avvertono l’aria pesante dell’abbandono. Allora occorre dare spazio a questo diritto alla speranza: è il diritto a non essere invasi quotidianamente dalla retorica della paura e dell’odio… È il diritto per voi giovani a crescere liberi dalla paura del futuro, a sapere che nella vita esistono realtà belle e durature, per cui vale la pena di mettersi in gioco. È il diritto a credere che l’amore vero non è quello “usa e getta” e che il lavoro non è un miraggio da raggiungere, ma una promessa per ciascuno, che va mantenuta».
Un manuale di resilienza per i giovani
In un interessante scritto, sr. Pina Del Core – docente di Psicologia dello sviluppo e dell’orientamento presso la Facoltà “Auxilium”, consultore della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica – ha sintetizzato alcune delle “espressioni tipiche” presenti nei discorsi del pontefice rivolti ai giovani, in cui “emergono i tratti di un percorso educativo e pastorale che si fa proposta formativa”: diventare artigiani di futuro (rendetevi protagonisti del vostro cammino); essere capaci di sognare (osate di sognare alto); mettersi in gioco puntando su grandi ideali (non accontentatevi di piccole mete); creare una nuova fiducia nella vita (non vivacchiate: vivete!); essere capaci di trasformare la difficoltà in una opportunità (guardate sempre l’orizzonte e guardate anche indietro…per favore non guardate dal balcone la vita, mettetevi in essa); avere il coraggio di andare controcorrente, contrapponendosi alla cultura del provvisorio, del consumo, della superficialità e dello scarto; essere protagonisti del cambiamento della società a partire dall’incontro, dagli spazi di nuove forme di relazione (siate rinnovamento nella cultura, nella società e nella Chiesa… lasciate un’impronta… un mondo migliore si costruisce anche grazie a voi, alla vostra voglia di cambiamento e alla vostra generosità); prendere la vita nelle proprie mani e decidere responsabilmente verso dove la si voglia condurre: (non abbiate paura di ascoltare lo Spirito che vi suggerisce scelte audaci, non indugiate quando la coscienza vi chiede di rischiare per seguire il Maestro); essere costruttori di una umanità nuova, uscendo da se stessi per far fiorire la civiltà dell’amore (sospinti dall’amore più grande, … siate pronti a spendere la vita nel servizio gratuito ai fratelli più poveri e più deboli, a imitazione di Cristo).
MARIO CHIARO