Una casa della “buona morte”? No, una comunità
2022/3, p. 32
Tre testimonianze raccontano come può essere vissuta l’esperienza di religiosi anziani e malati. Essi devono sentirsi prima di tutto una comunità.
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Testimoni
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TESTIMONIANZE
Una casa della “buona morte”? no, una comunità
Tre testimonianze raccontano come può essere vissuta l’esperienza di religiosi anziani e malati. Essi devono sentirsi prima di tutto una comunità.
Dato il forte invecchiamento dei religiosi, ormai tutti gli istituti hanno un’“infermeria”. I dehoniani si trovano nella Residenza S. Cuore a Bolognano d’Arco (TN). Non sono però da soli, sono accuditi da una comunità e condividono la Residenza con 32 laici, uomini e donne. Proponiamo queste tre voci che illustrano le dinamiche delle loro giornate.
Vivere l’anzianità e la malattia da religiosi
Sono p. Ilario Luigi Verri, 74 anni, dei Sacerdoti del Sacro Cuore (dehoniani). Dopo 30 anni di vita missionaria in Mozambico, il Padre Provinciale mi ha proposto di diventare superiore ed economo nella nostra infermeria provinciale a Bolognano d’Arco (Trento).
Il salto è stato grande, ma ho accettato con entusiasmo di condividere con i confratelli anziani e ammalati le gioie e sofferenze.
Inoltre, nella nostra Residenza S. Cuore, non ho trovato come assistiti solo dei religiosi, ma anche 32 laici, uomini e donne.
Il primo problema che ho cercato di superare è stato abbandonare il tavolo riservato al superiore e agli altri tre padri non assistiti. I confratelli anziani e ammalati da anni, a pranzo e a cena, erano posizionati agli stessi tavoli, molto concentrati sul cibo e poco disposti al dialogo. All’inizio della mia prima Quaresima come superiore, abbiamo cominciato, tirando a sorte, a cambiare i posti per conoscerci meglio e per migliorare alcuni conflitti che nascevano dalla non accettazione.
Nei Consigli di famiglia settimanali abbiamo definito il nostro progetto comunitario: essere fedeli ai tempi di preghiera (lodi, adorazione, messa, rosario e vespri), migliorare la fraternità, accettare la volontà di Dio Padre, pregare per la Chiesa, per il mondo e per la nostra congregazione.
Siccome abbiamo confratelli che vanno dagli 80 ai 95 anni, osservando le loro fragilità, le loro difficoltà nella relazione (spesso sono egoisti, chiusi nel loro mondo, sgarbati e poco attenti agli altri) nei Consigli di famiglia abbiamo cominciato a leggere assieme e a condividere il testo del biblista Piero Rattin Invecchiare bene è un’arte e l’esortazione apostolica Gaudete et exsultate di papa Francesco.
Per migliorare la fraternità, abbiamo programmato uscite mensili in pizzeria e visite alle nostre comunità della Provincia italiana settentrionale.
Purtroppo il Covid-19 ci ha segregati nella nostra struttura con tutte le sofferenze che hanno dovuto affrontare le persone di tutto il mondo.
C’è da dire che il personale medico, infermieristico, gli operatori socio-sanitari, gli addetti alla ristorazione e gli incaricati delle pulizie sono stati eccezionali.
Un altro punto di grande importanza è far esercitare ai padri anziani e ammalati la buona educazione, sapere dire grazie, per piacere, scusi, buongiorno, come sta?
Sono convinto che il buon esempio è ancora di grande attualità.
Per essere «misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36) e porsi accanto a chi soffre intraprendendo un cammino di carità, dobbiamo avere come modello Gesù vero uomo. Lui guardava, aveva compassione e agiva. (padre Ilario Verri)
Una comunità “normale”
Sono arrivato a Bolognano il 24 aprile 2018. Quando sono giunto, ero completamente a terra, fisicamente, psicologicamente e moralmente e, in più, totalmente afono. Non mi sono sentito giudicato dalla comunità per lo stato in cui mi trovavo, ma accolto. Dopo alcuni giorni, mi è stato chiesto di collaborare con il padre… nei lavori in giardino. Ho accettato volentieri, abbiamo fatto vari lavori di pulizia, non sono mancati dei momenti comici, ci siamo anche divertiti un sacco.
In cappella, il confratello che mi stava accanto, un giorno mi invita a leggere la lettura breve con le intercessioni delle lodi e dei vespri, anche se la voce era ancora “in fondo ai tacchi”. Poi, il Vangelo e la parte del Canone durante la messa.
Pian piano riprendo fiducia in me stesso. Il 16 giugno, il superiore provinciale viene a visitare la comunità e parla con me. Mi propone di far parte di questa comunità. Mi prendo un mese per pensarci e alla fine accetto. Il 23 giugno presiedo alla celebrazione eucaristica, nell’anniversario della mia ordinazione sacerdotale. La voce è ancora un po’ rauca, ma riesco ad arrivare alla fine, con molta fatica, ma contento.
Nel frattempo, durante la giornata ho l’occasione di fermarmi ad ascoltare alcuni confratelli e ospiti della casa. Di mia iniziativa mi autopromuovo cappellano della struttura chiamata Residenza S. Cuore, senza nessun mandato ufficiale (ma anche senza voler “far le scarpe” a nessuno).
Prima di arrivare a Bolognano, ho avuto la fortuna di esercitare il ministero di cappellano, per quasi quattro anni, nella RSA Margherita Grazioli di Povo, su mandato della diocesi di Trento.
Lì ho scoperto il mio dono di stare con gli anziani, e ora posso continuare a farlo qui a Bolognano. È l’unica mia attività pastorale, che consiste:
* nell’esserci in mezzo a loro, con una presenza discreta
* nell’ascoltare i loro sfoghi, le loro difficoltà, le loro paure, le loro solitudini
* ogni tanto “buttar lì” una parola che richiami il Vangelo, come Buona Notizia di gioia e di liberazione
* nello stringere la mano nei momenti di sofferenza e soprattutto nel momento del passaggio
* nell’essere vicino ai familiari
* nel creare un buon clima, a volte facendo il clown.
Tutto questo mi dà soddisfazione, mi sento realizzato, come lo ero in Mozambico, nei vent’anni di vita missionaria, anche se ora non ho nessuna attività pastorale “esterna”.
I pilastri della comunità sono tre: la preghiera, la vita fraterna, il Consiglio di famiglia.
La preghiera comunitaria e personale: la regolarità della preghiera comunitaria scandisce la giornata: atto di oblazione, lodi, adorazione, celebrazione eucaristica, rosario, vespri. Per alcuni può sembrare un ritorno al noviziato. Per me è positivo questo ideale ritorno, perché il noviziato non dovrebbe essere un periodo staccato dal resto della vita religiosa, ma un momento fondante tutto il resto della vita. Quindi, avere la possibilità di una certa regolarità, per me, non è negativo, anzi, perché aiuta a dare orientamento e unità a tutta la giornata. È molto bella la comunione di preghiera di “andata e ritorno” con la Provincia e la congregazione.
La vita fraterna: più volte si dice che è qui dove si gioca il futuro della vita consacrata. È anche una delle convinzioni più forti emerse dall’ultimo Capitolo Provinciale. A Bolognano si cerca di vivere la fraternità, pur con le sue fatiche, ma anche con la soddisfazione di fare dei piccoli passi di accettazione reciproca, di perdono, di condivisione profonda della propria fragilità. La vita fraterna è fatta anche di momenti di gratuità, di “ri-creazione” nel senso etimologico di “creare di nuovo”, di approfondire, di ricominciare. Questi momenti consistono anche nelle “serate in pizzeria” – momentaneamente interrotte dal Covid – che riservano qualche piccola sorpresa. Nel breve tratto di strada che porta alla “Pizzeria al Porto”, in pulmino sembriamo degli studentelli in gita scolastica.
La vita fraterna è fatta anche di uscite comunitarie. “Se la montagna non va a Maometto, Maometto va alla montagna”. Vista la difficoltà per molti confratelli, dovuta a vari motivi, a venire a trovarci a Bolognano, la comunità di Bolognano ha pensato di visitare le comunità della Provincia: Albino, Capiago, Monza, Castiglione delle Stiviere, Villazzano, Modena, Padova e Boccadirio. Purtroppo il Covid ha interrotto questa bella attività, ma appena sarà possibile si riprenderà. Parola di padre Ilario.
Consiglio di famiglia settimanale: anche questo può far ricordare il Noviziato, almeno per alcuni. Ma per noi è il terzo pilastro che non può mancare in una comunità. Nella nostra comunità ha queste finalità:
Correzione fraterna: senza una precisa programmazione e senza seguire alcuno schema già preparato, quando c’è bisogno, ci diciamo le cose che non vanno, sia come comunità, sia come singoli confratelli. Più volte papa Francesco ha detto che in una comunità religiosa o familiare è normale che si litighi. L’importante è che le cose vengano dette e che, alla fine della giornata, si faccia la pace. Questo cerchiamo di farlo, con i nostri limiti, non sempre nel modo giusto, ma sempre col desiderio di crescere insieme.
Informazione: dello stato di salute dei confratelli della comunità, della Provincia, della Congregazione. Informazione sulle varie attività della comunità e della Provincia.
Formazione permanente: due volte abbiamo letto insieme e condiviso l’opuscolo di don Piero Rattin Invecchiare bene è un’arte, seguito dall’esortazione apostolica di papa Francesco Gaudete et exsultate sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo. Da poco abbiamo iniziato la lettura e la condivisione – numero per numero – del Programma Esecutivo consegnatoci dall’ultimo Capitolo Provinciale.
Programmazione delle eventuali attività comunitarie.
Questa è la nostra vita di ogni giorno, sempre a contatto vivo con la nostra o la altrui fragilità, cercando di trasformarla in ricchezza. Nella vita, le realtà più sensibili e più belle sono anche le più fragili, come i vetri di Murano. Proprio qui sta la ricchezza della fragilità: nella varietà dei colori emotivi, nella bellezza di essere persone umane fino in fondo, come Gesù che non ha avuto paura di piangere, né di manifestare sia le sue angosce mortali sia le sue gioie. Per questo ringrazio il Signore per essere qui a Bolognano, una comunità normale. (padre Nico Marcato)
Sei fragile...?
Non è facile accettarsi debole, sfinito; trovarsi per terra, caduto, incapace di sollevarsi… dover dipendere dagli altri, dover interrompere bruscamente tutte le proprie attività e impegni. Essere condotto dove non vorresti.
Per uno abituato a stare sempre bene, ad essere attivo in tutte le ore della giornata, ad essere protagonista, di punto in bianco trovarsi a sospendere tutti i propri impegni, abituarsi ad essere un nessuno, lasciare che altri decida per te, è una situazione sconvolgente. È pesante il vuoto che si prova a non aver impegni, a non far niente di ciò che piace, rinunciare ad una rigorosa programmazione, a non aver il computer funzionante, la posta elettronica, la stampante. Non aver niente da fare. Niente da dire.
Vivevo a Monza. In un pieno pomeriggio, una voce autorevole mi comandò: “Fra due ore parti per Bolognano, ci sarà una autolettiga in cortile pronta a portarti, preparati!”. Contrariato, in disagio, preparo in fretta quattro capi di vestiario. I due operatori dell’autolettiga mi fissano alla barella con varie cinture e… via, si parte per Bolognano. Così, di mala voglia, per forza, due mesi fa fui spedito a Bolognano di Arco (Trento), RSA – Residenza s. Cuore, Loc. Gazzi 2.
Ero convinto di finire nella casa “della buona morte”. Invece sono finito in una bella cittadina, Bolognano, con dolci montagne innevate, freddo, numeroso personale gentilissimo, molto accogliente. Un edificio moderno, sereno, servito da 4 grandi ascensori, cucina che prepara ottimi e variati menù, sala da pranzo, con vari saloni per intrattenimento, dotati di televisori, video-proiettori, comode poltrone, cappella.
Simpatiche inservienti e infermiere della Cooperativa SPES, presenti fin dalle primissime ore del mattino, e vigilanti sul nostro sonno anche di notte. Gli ospiti della casa sono tanti: i padri e fratelli malati, signore e signori anziani, in situazioni di sofferenza, un sacerdote della diocesi di Milano. Tutti vivono assieme e sono soccorsi dal numeroso personale della SPES: sono vestiti, lavati, imboccati, spinti sulle loro carrozzine.
Ho incontrato una comunità religiosa dei padri dehoniani, animata dal superiore, p. Ilario Verri, molto accogliente. Tanti saluti, sorrisi, disponibilità ad aiutare. Ho ammirato la puntualità dei Padri autosufficienti alle pratiche religiose comunitarie: la recita, in parte cantata e animata dall’accompagnamento dell’organo, delle Lodi e dei Vespri; l’adorazione eucaristica silenziosa; la santa Messa presieduta a turno dai padri e il santo rosario; il Consiglio di famiglia tutti i venerdì pomeriggio alle 16,30, le confessioni sacramentali del primo venerdì del mese con un padre francescano disponibile.
Per iniziativa del superiore, la comunità religiosa vive anche momenti di gioia per i padri autosufficienti: uscite a cena in pizzeria, una torta a pranzo per il compleanno di un padre, un panettone con spumante consumato assieme, per gli auguri del s. Natale, tante piccole attenzioni alle persone, o alle necessità dei padri e dei loro parenti.
Mi ha colpito l’atteggiamento di riguardo e di affetto della comunità, di fronte alla morte di uno dei nostri padri, vissuta con serenità, pace, discrezione e amore. La salma del padre è stata salutata tra noi in cappella, con una solenne eucaristia.
Dopo due mesi passati a Bolognano, rinforzato in salute e nello spirito, ritorno nella comunità di Monza e mi sento di esprimere una valutazione largamente positiva della mia permanenza in questa nostra opera e la consiglio a coloro che avessero bisogno di riposare e ricuperare salute e serenità. (padre Bernardino Bacchion)
ILARIO VERRI – NICO MARCATO – BERNARDINO BACCHION