La Mela Maria Cecilia
Alla scuola della liturgia
2022/2, p. 26
Dopo essere stati alla scuola della Sacra Scrittura non possiamo adesso non iscriverci a quella della liturgia che ne è una immediata e diretta scaturigine. Ovviamente parliamo per immagini; è tutto un cammino, quello della preghiera, che abbraccia ogni aspetto della nostra vita e del nostro rapporto con il Signore.

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Alla scuola della liturgia
Dopo essere stati alla scuola della Sacra Scrittura non possiamo adesso non iscriverci a quella della liturgia che ne è una immediata e diretta scaturigine. Ovviamente parliamo per immagini; è tutto un cammino, quello della preghiera, che abbraccia ogni aspetto della nostra vita e del nostro rapporto con il Signore. Così diceva san Giovanni Crisostomo (Omelia 6): «La preghiera è un bene sommo. È, infatti, una comunione intima con Dio. Come gli occhi del corpo vedendo la luce ne sono rischiarati, così anche l’anima che è tesa verso Dio viene illuminata dalla luce ineffabile della preghiera. Deve essere, però, una preghiera non fatta per abitudine, ma che proceda dal cuore».
La Chiesa esprime le sue profonde convinzioni soprattutto nella liturgia dove si armonizzano lex credendi e lex orandi. È significativo che il primo documento del Concilio Vaticano II ad essere stato approvato è quello sulla liturgia. Essa «contribuisce in sommo grado a che i fedeli esprimano nella loro vita e manifestino agli altri il mistero di Cristo e la genuina natura della vera Chiesa. Questa ha infatti la caratteristica di essere nello stesso tempo umana e divina, visibile ma dotata di realtà invisibili, fervente nell’azione e dedita alla contemplazione, presente nel mondo e tuttavia pellegrina» (Sacrosanctum Concilium n. 2).
Valenza comunitaria della liturgia
Partendo dal significato etimologico del termine greco, “azione del popolo”, va subito sottolineata la valenza comunitaria della liturgia: l’unanimità si traduce in coralità di preghiera. Per questo l’atto liturgico è un momento ecclesiale di comunione intima con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Esso riporta nell’oggi il mistero compiuto e da compiersi nella dimensione di una perenne attualità. «Come è la comunità che fa la liturgia, così pure è la liturgia che fa la comunità e la manifesta».
Alla scuola della liturgia la grande famiglia dei credenti sperimenta che la dimensione relazionale-trinitaria è anche un movimento sacramentale e specialmente eucaristico. Il rito, pertanto, ci permette di partecipare all’evento e, mentre partecipiamo ai riti, veniamo rinnovati dai misteri che celebriamo. Noi preghiamo per Cristo, con Cristo e in Cristo, sia nella celebrazione eucaristica – dove siamo raggiunti dalla grazia che viene dalla croce - che in quella delle ore. Così ebbe a dire san Paolo VI il 29 settembre 1963 all’apertura del II periodo del Concilio: «Nessun’altra luce sia librata su questa adunanza che non sia Cristo, luce del mondo; nessun’altra verità interessi gli animi nostri che non siano le parole del Signore, unico Maestro; nessun’altra aspirazione ci guidi che non sia il desiderio d’esser a Lui assolutamente fedeli; nessun’altra fiducia ci sostenga se non quella che francheggia, mediante la Parola di Lui, la nostra desolata debolezza: Et ecce ego vobiscum sum omnibus diebus usque ad consummationem saeculi (Mt 28,20)».
La preghiera ha sempre accompagnato e sostenuto la vita dei cristiani: con la liturgia esprimiamo la nostra ricerca di Dio e la nostra tensione escatologica. E proprio perché la liturgia è ordinata alla gloria di Dio, essa si dilata spontaneamente sfociando in una spiritualità che riflette i lineamenti di Cristo. Le promesse, le speranze e le attese evocate nella Sacra Scrittura trovano pienezza e compimento nella persona e nella missione di Gesù.
La liturgia delle Ore
Dopo la Messa, la celebrazione delle ore è il momento più autentico di contemplazione e di adorazione. Quando noi preghiamo con i salmi e con altri testi biblici diventiamo prolungamento dell’opera di Dio nella storia. Essi ci permettono di entrare in relazione con Lui in quanto sono eco di ogni uomo che prega, in ogni luogo e in ogni tempo. Nel salmeggiare, esorta san Benedetto, «dovremmo far di tutto che la nostra mente si accordi con la nostra voce» (RB 19,7). Questo pensiero è ripreso al n. 90 della Sacrosanctum Concilium ed è un monito forte a fare della preghiera liturgica, dell’Opus Dei, il centro, l’atteggiamento della nostra vita. Quando, durante la professione solenne, abbiamo ricevuto il libro della Liturgia delle Ore ci sono state rivolte dal celebrante queste parole: «Ricevi dalla Chiesa il libro della preghiera: risuoni incessantemente sulle tue labbra la lode del Signore e sii intercessione per la salvezza di tutto il genere umano» (dal Rituale monastico).
Ogni cristiano, in quanto chiamato, è l’orante che cerca il suo Signore consapevole di essere stato da Lui amato e cercato per primo. «Il battesimo genera l’uomo nuovo […]. L’uomo nuovo è un essere liturgico: rigenerato dal battesimo, si nutre alla mensa eucaristica. L’uomo liturgico è un sacerdote che consacra e trasfigura ogni atto della propria vita».
Come la Vergine Maria dobbiamo fare della nostra preghiera un cantico di lode per le grandi cose che Dio compie nella nostra esistenza. «È bello questo universo che ci viene spalancato davanti agli occhi e dà alla nostra preghiera un respiro ecumenico e la capacità di farsi voce non solo di tutto il creato, ma anche di chi non ha voce, di chi non sa pregare e di tutti i fratelli posti in situazioni drammatiche».
Tutto questo ci fa sperimentare il privilegio e insieme la responsabilità di essere uniti spiritualmente a tanti altri cristiani - sacerdoti, religiosi, laici - che da ogni parte del mondo, pur in orari differenti, garantendone per questo una sorta di ininterrotta celebrazione, innalzano a Dio Padre, Figlio e Spirito Santo l’autentica preghiera corale. Anche quando questa viene pregata in privato - rimanendo comunque auspicabile la celebrazione comunitaria - non è mai individuale, ma sempre innestata nella grande liturgia che la Chiesa-sposa innalza unendosi al coro celeste degli angeli e dei santi. Così ci fa pregare l’Orazione II ai vespri del mercoledì T.O.: «Santo è il tuo nome, Signore, e la tua misericordia è benedetta nei secoli; guarda con benevolenza il tuo popolo in preghiera e fa’ che la sua lode si unisca alla liturgia dei santi nel cielo».
È importante tenere presente anche il carattere simbolico della liturgia. Essa si esprime attraverso i segni, la parola, il canto, i gesti, insomma con tutta la nostra corporeità. «Il nostro corpo siamo noi e nel nostro corpo rispecchiamo la nostra anima. Esso non è solo uno specchio, ma anche un magnifico strumento per comunicare con gli altri e con Dio. Con il corpo comunichiamo, con il corpo preghiamo».
Noi siamo tempio e dimora della Trinità, un nuovo cielo. Siamo chiamati ad essere una «lode di gloria», così come si definiva santa Elisabetta della Trinità, carmelitana di Digione, una «piccola ostia di lode», per dirla anche con la beata Itala Mela, oblata benedettina.
Tutta la nostra vita di credenti dovrebbe essere «a lode e gloria della sua grazia» (Ef 1,4). Chiediamo pertanto al Signore di renderci una liturgia vivente, uomini e donne che esprimono con tutto se stessi quanto di più bello e di più santo ci è dato quotidianamente di “gustare e vedere” (cfr Ps 33).
SUOR MARIA CECILIA LA MELA OSBAP