Prati Anita
Una vita per la libertà di pensiero
2022/2, p. 10
La sua passione per il pensiero e per la libertà portò le donne ad acquisire consapevolezza dei propri naturali, inalienabili e sacri diritti di cui Olympe fu un’indefessa precorritrice e sostenitrice. Ma il suo coraggio la portò purtroppo al patibolo.

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OLYMPE DE GOUGES
Una vita per la libertà di pensiero
La sua passione per il pensiero e per la libertà portò le donne ad acquisire consapevolezza dei propri naturali, inalienabili e sacri diritti di cui Olympe fu un’indefessa precorritrice e sostenitrice. Ma il suo coraggio la portò purtroppo al patibolo.
Tra le pagine di storia troppo spesso neglette e dimenticate o, quando va bene, confinate all’ambito specialistico degli “studi di genere”, troviamo quelle dedicate alla vicenda della scrittrice francese Olympe de Gouges, nata nel 1748 nel sud della Francia e morta a Parigi il 3 novembre 1793, ghigliottinata. Incontrare Olympe de Gouges e la sua passione per il pensiero e per la libertà, significa prendere fra le mani uno dei primi tasselli del percorso storico che, a partire dall’età dell’Illuminismo, ha portato le donne ad acquisire consapevolezza dei propri naturali, inalienabili e sacri diritti: con la sua pregnante tematizzazione di parole quali “libertà” ed “uguaglianza”, l’Illuminismo si pone, infatti, come momento fondativo non solo della nostra moderna civiltà occidentale, ma anche di quel movimento di pensiero e di azione che, alla fine dell’Ottocento, prenderà il nome di femminismo. La riflessione filosofica che gli Illuministi svilupparono prendendo le mosse dagli ideali di libertà ed uguaglianza diede accesso, attraverso l’individuazione di diritti fondamentali e inalienabili, alla possibilità di una traduzione dei princìpi nella concretezza dell’agire politico: i diritti naturali, in quanto propri, per natura, di ogni essere umano, non potevano più essere considerati, secondo i philosophes, appannaggio esclusivo del singolo sovrano assoluto – cioè solutum, sciolto da qualsiasi vincolo di legge e dal controllo esterno –, e neppure di élite ristrette o ceti sociali privilegiati.
Fra i pensatori illuministi vi furono posizioni molto variegate. Semplificando, potremmo distinguere tra un Illuminismo radicale – se diritti sono, e se sono universali, devono essere riconosciuti a tutti, e quindi anche ai neri, anche agli ebrei, agli zingari, ai nullatenenti, agli stranieri, alle donne…; e un Illuminismo più moderato, volto ad una interpretazione restrittiva dei principi e ad una conseguente formulazione della parola “diritti” secondo ben circostanziati distinguo. Olympe de Gouges sta lì, nel punto in cui l’Illuminismo francese approda alla possibilità di scelta tra la via della radicalità e quella della moderazione. E la ghigliottina calata sul suo collo ci dice, senza mezzi termini, che la strada della moderazione può essere, talvolta, molto violenta.
Olympe de Gouges è lo pseudonimo con cui Marie Gouze, nata a Montauban, in Occitania, il 7 maggio 1748, firmò i propri lavori. La madre, Anne Olympe Mouisset, di ricca famiglia borghese, aveva sposato nel 1737 Pierre Gouze, macellaio, ma le ricostruzioni biografiche identificano il padre naturale di Marie nel marchese Jean-Jacques Lefranc de Pompignan, uomo di lettere, autore di testi teatrali, poesie, traduzioni e opere di critica letteraria. Sposata a sedici anni, senza amore, con un uomo molto più anziano di lei, due anni dopo Marie si ritrovò vedova e madre di un bambino di pochi mesi. Legatasi sentimentalmente ad un ricco imprenditore lionese, lo seguì con il figlio a Parigi, dove già viveva una sorella.
Nuova fase della sua vita
Parigi segna l’aprirsi di una nuova fase della vita di Marie. Innanzi tutto, sceglie per sé un nuovo nome: decide di chiamarsi Olympe, come la madre, e di premettere al cognome, addolcito in Gouges, la particella nobilitante “de”, quasi un implicito rimando al padre marchese e letterato. Inizia a frequentare gli animati salotti parigini e a nutrirsi voracemente di letture - gli Illuministi in particolare -, dando nuova sostanza alla propria formazione intellettuale. Poi arriva la scrittura: romanzi, pièce teatrali, articoli, libelli politici. Nel teatro Olympe trova una forma espressiva che le è particolarmente congeniale e che le permette di comunicare con immediatezza ed efficacia le proprie idee al pubblico. Mentre i tempi della Rivoluzione vanno maturando, la de Gouges continua a dare voce al proprio pensiero con i suoi pamphlet e il suo teatro politico, cercando di scuotere le coscienze riguardo ai temi della giustizia, dell’uguaglianza, della libertà di espressione, dei diritti degli oppressi e degli emarginati della società. Fra i suoi testi teatrali troviamo titoli come l'Esclavage des Noirs, che affronta la questione dell’abolizionismo, e Le mariage inattendu du Chérubin, che tratta il tema del matrimonio non consensuale. Olympe parla di matrimonio civile, di divorzio, della equiparazione dei diritti per i figli nati fuori dal matrimonio; afferma la legittimità della ricerca della paternità, in un’epoca in cui un uomo non aveva nessun vincolo né legale né morale nei confronti dei figli illegittimi, mentre per una donna essere ragazza-madre rappresentava spesso l’anticamera della prostituzione; si impegna contro ogni forma di violenza e, lei che è repubblicana, non esita a prendere parola per opporsi alla condanna a morte del re.
Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino
Il 26 agosto 1791, a sole sei settimane dalla presa della Bastiglia, i rappresentanti del popolo francese costituiti in Assemblea Nazionale emanarono la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, che proclamava solennemente i diritti naturali, inalienabili e sacri dell’uomo, attraverso diciassette lapidarie e perentorie affermazioni. Olympe si interroga sul significato del concetto di “universalità” di cui la Dichiarazione si fa portatrice, mettendo in evidenza l’ambiguità della parola homme: i diritti proclamati nella déclaration sono detti “universali”, mentre, a conti fatti, riguardano solo i maschi, e il concetto di “universalità”, declinato solo al maschile, risulta parziale e mistificatorio. Consapevole dell’importanza di una presa di coscienza dei propri diritti da parte delle donne, nel 1791, con un affondo appassionato, scrive la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, sostenendo l’uguaglianza giuridica e politica dei due sessi e rivendicando per le donne la possibilità di una attiva partecipazione alla scena politica. Il testo, strutturato su diciassette punti come la Dichiarazione che le fa da modello, si propone come una sorta di suo controcanto al femminile. Olympe non si limita semplicemente a sostituire o aggiungere alla parola “uomo” la parola “donna”, ma entra nell’argomentazione con grande vigore e propositività. Per cogliere la forza del suo pensiero e comprenderne la radicale lucidità, può essere interessante leggere e confrontare almeno qualcuno dei diciassette articoli delle due Dichiarazioni.
Gli articoli della “Dichiarazione”
Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino
Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina
Art. I
Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti.
La donna nasce libera e ha gli stessi diritti dell'uomo.
Art. IV
La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri: così, l’esercizio dei diritti naturali di ciascun uomo ha come limiti solo quelli che assicurano agli altri membri della società il godimento di questi stessi diritti. Tali limiti possono essere determinati solo dalla Legge.
La libertà e la giustizia consistono nel restituire tutto quello che appartiene agli altri; così l'esercizio dei diritti naturali della donna ha come limiti solo la tirannia perpetua che l'uomo le oppone; questi limiti devono essere riformati dalle leggi della natura e della ragione.
Art. X
Nessuno deve essere molestato per le sue opinioni, anche religiose, purché la manifestazione di esse non turbi l’ordine pubblico stabilito dalla Legge.
Nessuno deve essere perseguitato per le sue opinioni, anche fondamentali; la donna ha il diritto di salire sul patibolo, deve avere ugualmente il diritto di salire sulla Tribuna; a condizione che le sue manifestazioni non turbino l'ordine pubblico stabilito dalla legge.
Art. XIII
Per il mantenimento della forza pubblica, e per le spese d’amministrazione, è indispensabile un contributo comune: esso deve essere ugualmente ripartito fra tutti i cittadini in ragione delle loro capacità.
Per il mantenimento della forza pubblica e per le spese di amministrazione, i contributi della donna e dell’uomo sono uguali; essa partecipa a tutti i lavori ingrati a tutte le fatiche, deve quindi partecipare anche alla distribuzione dei posti, degli impieghi, delle cariche, delle dignità e dell’industria.
Se l’articolo 1 si limita a puntualizzare che libertà e uguaglianza nei diritti sono principi che pertengono anche alla donna, l’articolo 4 accosta, al principio della libertà, il principio della giustizia: l’esercizio della libertà dev’essere sempre innestato nella giustizia, e l’abuso deve essere superato nel segno della “restituzione”. La de Gouges, rilevando che la donna è impedita nella possibilità di esercitare i propri diritti naturali dalla tirannia perpetua dell’uomo, viene ad anticipare di due secoli le riflessioni di Pierre Bourdieu sul dominio maschile, non limitandosi, per altro, alla semplice constatazione dei fatti, ma indicando con chiarezza la via della riforma legislativa quale strumento indispensabile per il superamento di questo abuso. L’articolo 10 parla del diritto di manifestare il proprio pensiero: dal momento che la legge contempla la possibilità di condannare a morte una donna a motivo delle sue opinioni, alla donna deve anche essere riconosciuta la possibilità di esprimere pubblicamente le proprie idee. Superando il veto secolare che grava sulla parola pubblica delle donne, Olympe sostiene il riconoscimento politico del pensiero femminile. E Patibolo e Tribuna diventano immagini anticipatrici - una sorta di profezia - di quello che accadrà a lei stessa di lì a due anni. L’articolo 13 entra nel merito del diritto al lavoro; anche qui lo sguardo di Olympe precorre con lucida intelligenza, e un anticipo di duecento anni, la legislazione sulle pari opportunità: in Italia solo con la Legge n. 903 del 9 dicembre 1977 sulla Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro verrà vietata “qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro” e verrà sancito il diritto della lavoratrice ad avere “la stessa retribuzione del lavoratore, quando le prestazioni richieste siano uguali o di pari valore”.
Liberté, Égalité, Fraternité, ma non per tutti!
Ma i tempi fremevano e, pochi mesi dopo, nel settembre 1793, in nome della triade Liberté, Égalité, Fraternité, iniziava il bagno di sangue del Regime del Terrore. Le donne, che avevano dato un attivo contributo alla Rivoluzione scrivendo cahiers de doléances, protestando, marciando, firmando petizioni, organizzandosi in club e associazioni, videro depennate, ad una ad una, tutte le loro conquiste. Il 16 ottobre veniva ghigliottinata la regina Maria Antonietta, cui Olympe aveva dedicato la sua Dichiarazione, chiedendole di sostenere “una sì bella causa”, in quanto compito della regina è “dare peso allo sviluppo dei Diritti della Donna”, perché “questa rivoluzione si opererà solo quando tutte le donne saranno compensate della loro deplorevole sorte, e dei diritti che hanno perso nella società”. Di lì a quindici giorni, la seconda donna a salire sul patibolo sarà proprio Olympe de Gouges, che pagava con la vita la coerenza di un pensiero lucido e di una voce animata da parrhesia. Pochi giorni dopo il Moniteur dava notizia della sua morte con queste parole:Olympe de Gouges, nata con un’immaginazione esaltata, scambiò il suo delirio per un’ispirazione della natura. Volle essere un uomo di Stato, e sembra che la legge abbia punito questa cospiratrice per aver dimenticato le virtù che convengono al suo sesso.
Dopodiché, il disprezzo, la mistificazione, il silenzio
Uomo, sei capace d'essere giusto? È una donna che ti pone la domanda; tu non la priverai almeno di questo diritto. Dimmi? Chi ti ha concesso la suprema autorità di opprimere il mio sesso? La tua forza? Il tuo ingegno? Osserva il Creatore nella sua saggezza; scorri la natura in tutta la sua grandezza, di cui tu sembri volerti raffrontare, e dammi, se hai il coraggio, l'esempio di questo tirannico potere.
ANITA PRATI