Gaetani Luigi
Il coraggio di camminare insieme
2022/12, p. 1
Si è tenuta a Valdragone, nella Repubblica di San Marino, dal 7 all’11 novembre la 62a Assemblea nazionale della CISM, che attraverso il tema La vita religiosa, sinodale per vocazione, lavora, amministra e dona ha inteso ripartire da una lettura della vita religiosa in Italia, tenendo in conto la complessità del tempo e della condizione entro cui interagiscono i religiosi italiani. Il carmelitano padre Luigi Gaetani è stato confermato a larga maggioranza presidente per il terzo mandato.

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Il coraggiodi camminare insieme
Si è tenuta a Valdragone, nella Repubblica di San Marino, dal 7 all’11 novembre la 62a Assemblea nazionale della Cism, che attraverso il tema La vita religiosa, sinodale per vocazione, lavora, amministra e dona ha inteso ripartire da una lettura della vita religiosa in Italia, tenendo in conto la complessità del tempo e della condizione entro cui interagiscono i religiosi italiani. Il carmelitano padre Luigi Gaetani è stato confermato a larga maggioranza presidente per il terzo mandato. «Sento sulle mie spalle la bellezza e la fatica della responsabilità. Innanzitutto», ha dichiarato dopo la rielezione, «la sfida di camminare insieme. Credo che il risultato di questa assemblea sia già un’esperienza in tal senso, perché sono emerse legittimamente posizioni diverse rispetto agli interessi e alla natura della CISM, con la necessità di aggiornarne gli statuti. Ma oltre a questo cammino interno, che si affianca all’altro percorso di collaborazione con l’Unione delle superiore maggiori, abbiamo davanti problematiche molto concrete». Un impegno, quest’ultimo, condiviso dalla presidente dell’USMI, suor Yvonne Reungoat, che ha fatto giungere all’Assemblea il suo caloroso saluto. «La nostra responsabilità è grande nei confronti del futuro, a partire dalle nostre scelte di vita e dai processi che intendiamo mettere in atto», ha scritto. «Questo è possibile solo camminando insieme, formando una rete sempre più ampia per avere un impatto significativo ed efficace nel cuore della contemporaneità. Ogni passo, anche il più piccolo, costituisce un piccolo cambiamento e apre alla speranza. Ogni decisione apre un orizzonte di futuro!». Nella sua preziosa relazione – di cui in queste pagine possiamo solo offrire, in una nostra riduzione, la seconda e la terza parte – padre Gaetani, dopo aver ripercorso «la storia di comunione e gratuità» dei suoi anni di presidenza alla CISM, ha definito quali saranno le prossime sfide per tutti gli istituti religiosi, impegnati da sempre nel sociale con scuole, ospedali, centri di assistenza: la piena dignità della scuola paritaria, la presenza del mondo cattolico nella sanità e la riforma del terzo settore. Temi, che sono stati affrontati con l’apporto di studiosi ed esperti, religiosi e laici.
La funzione educativa-comunionale
È difficile immaginare una sfida più grande di quella educativa entro cui viviamo. Papa Francesco lo ha ricordato: «Tutte le istituzioni devono lasciarsi interpellare… facendosi carico di un impegno personale e comunitario… rinnovando la passione per un’educazione aperta ed inclusiva, capace di ascolto paziente, dialogo costruttivo e mutua comprensione».
L’esperienza maturata in questi anni porta a riconoscere che il futuro della nostra Conferenza si giocherà sulla sua capacità di farsi proposta formativa, pur avendo valenza istituzionale, perché, come recitano gli Art. 2-3 dello Statuto CISM, è nella sua natura e nelle finalità statutarie che la caratterizzano generare un patto educativo di corresponsabilità, rafforzando il rapporto di comunione tra gli Istituti religiosi attraverso l’impegno comune e un rapporto collaborativo e sussidiario.
Nell’Enciclica Laudato si’ papa Francesco ha invitato tutti a collaborare per custodire la nostra casa comune, affrontando insieme le sfide che ci interpellano. A distanza di qualche anno, ha rinnovato l’invito a «dialogare sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta e sulla necessità di investire i talenti di tutti, perché ogni cambiamento ha bisogno di un cammino educativo per far maturare una nuova solidarietà universale e una società più accogliente».
A nessuno di noi sfugge che i numerosi mali di cui soffre la nostra civiltà sono di una tale gravità da generare sconforto e considerare inevitabile la nostra decadenza, c’è come una infinita amarezza che sta annullando lo stesso desiderio. La CISM ha la responsabilità culturale e morale di promuovere una reazione a questa rassegnazione carica di amarezza, proponendo la terapia di un processo educativo-comunionale finalizzato a valorizzare la capacità pensante e critica dei religiosi in maniera tale da non soccombere di fronte ai mali del tempo e salvare “l’umano nell’uomo”, liberandolo dalla «miopia di futuro» che porta a vivere ignorando il domani, mancando di iniziativa, creatività e azione, perché l’immaginazione è fuori uso. Crediamo fortemente, invece, che sia insito nella natura dei doni carismatici avere una carica di fantasia della carità, così come hanno testimoniato i Fondatori e tutti coloro che ci hanno preceduti…
Questa responsabilità della CISM come possibilità, in un tempo di resilienza, di ritornare a pensare e guardarsi dentro, vanno scoperti, perché da lì il futuro potrà zampillare sempre, aprendo all’entusiasmo, guarendo dalla miopia di futuro e dall’ansia di futuro, da questo esaurimento e inaridimento della vita…
È bello pensare che non cambiamo perché facciamo molte cose, ma per il fatto di aderire a proposte piene di significato, rimanendovi fedeli. Questo dobbiamo perseguire, con la collaborazione di tutti, sapendo che il cristianesimo è qualcosa che va al di là di ogni immaginazione, senza l’ansia di spiegare ma invitando le persone a stare nella stessa esperienza, offrendo proposte concrete attraverso gesti umili.
Uno sguardo non scontato
L’esperienza ecclesiale, in questo momento della sua storia, si coniuga con il termine sinodo. Molti osservatori riconoscono che è stato un cammino obbligatorio dentro una realtà complessa; lo dimostra il fatto che le Chiese italiane hanno ripreso una nuova fase di ascolto, forse per le evidenti resistenze interne: autoreferenzialità, clericalismo, paura, maschilismo, lontananza dalla vita concreta.
Sulla stessa linea, fra luci ed ombre, si trova anche il documento I cantieri di Betania, consegnato alle Chiese per questo secondo anno: molti gli spunti, ma resta la sensazione che occorre camminare senza troppi ritardi e senza scartare sentieri possibili, chiedendoci non solo che Chiesa vogliamo essere, ma anche che Chiesa siamo, cercando di capire come sia stato possibile maturare le nostre prassi (dal modo di celebrare e decidere alla forma di vita, dalla gestione dei beni alla conduzione pastorale, dalle relazioni ecclesiali alle strutture ecclesiali, fino alla formazione) e lasciare che i nostri linguaggi potessero essere diversi da quelli degli uomini e le donne in mezzo ai quali viviamo.
Certamente il brano evangelico scelto (Lc 10,38-42) come trama del cammino, quello in cui Gesù si ferma in casa di amici e Marta si lamenta della sorella mentre Gesù la difende dicendo che si è scelta la parte buona, rivelano la paura e la fatica della Chiesa a cambiare. Certamente è un brano che ci mostra Gesù nel villaggio e nella casa, ci parla di amicizia e di relazioni, mette al centro l’ascolto della Parola (tutti aspetti che il documento dei Cantieri mette in risalto), ma è anche un brano – l’esegesi ormai ce l’ha dimostrato – in cui l’evangelista riporta le tensioni interne alla comunità.
Forse possiamo e dobbiamo, come religiosi, in questo contesto di Sinodo, avere uno sguardo diverso, capace di uscire dallo scontato, di riconoscere ciò che manca senza scuse e di collocarsi fuori campo. Forse ci serve più coraggio. Forse davvero dobbiamo riprendere l’ascolto, ma chiamando per nome ciò che non riusciamo a fare e su cui vogliamo decidere come cambiare, provando a decidere insieme su che cosa e perché vogliamo cambiare. Perché quando si cammina, bisogna pure fare qualche passo.
Il cardinale Zuppi, con molta onestà, non ha nascosto di aver registrato in questa prima parte del cammino sinodale una partecipazione inferiore alle aspettative, in quantità e qualità. Certo, si è parlato molto di comunione, di partecipazione, ma assai poco di missione, di cosa significhi essere pastori oggi e cosa significhi essere cristiani. Questo è il punto. E questa domanda è anche la cifra di tanta nostra crisi e della crisi della stessa Chiesa: accettare l’inadeguatezza di una pastorale figlia di epoche ormai passate e ripensare la missione, prendere atto che la nostra pastorale parla ad un uomo che non esiste più. Una scelta, questa, che ha implicazioni teologiche pesanti e coraggiose, che rimanda ad un cambiamento antropologico che sta già accadendo, con una velocità impressionante.
Secondo la sociologa francese Danièle Hervieu-Léger, il cattolicesimo in Occidente è “esculturato” e va verso “l’implosione (Vers l’implosion? Entretiens sur le présent et l’avenir du catholicisme, Seuil, 2022), cioè non parla più una lingua comprensibile e rischia l’irrilevanza. Non è colpa del concilio Vaticano II ma di un sistema di potere che oramai è del tutto estraneo alla cultura contemporanea; la Chiesa deve infatti prendere atto della propria condizione ormai minoritaria in una società plurale dal punto di vista religioso, dove il numero di persone che si dichiarano “senza religione” supera quello dei credenti, almeno in alcuni Paesi europei.
Per un’istituzione che per secoli ha occupato una posizione egemonica sulla scena religiosa, sociale e culturale, si tratta di un trauma notevole, che accentua drammaticamente le divisioni tra gli stessi cattolici… Un divario più complesso della classica opposizione politica tra “progressisti” e “conservatori”: a opporsi sono visioni del cristianesimo che ormai non comunicano più tra loro… Il Vaticano II è stato solo il sismografo di scosse di un terremoto che veniva da lontano e non sempre registrato.
Il primo movimento è il declino della pratica sul lungo termine: una tendenza che si poteva già osservare alla fine della Seconda guerra mondiale. Lo stesso vale per la contrazione del clero, anche se molti preti hanno messo in discussione il loro sacerdozio dopo il Vaticano II.
Il secondo movimento è il contesto culturale specifico degli anni Sessanta e Settanta: quello di una rivoluzione dell’individuo che afferma la propria autonomia personale, una rivoluzione che riguarda la trasmissione del deposito di cultura e di esperienze in tutte le istituzioni (non solo nella Chiesa) e che pone l’istituzione cattolica in uno stridente contrasto culturale con l’ambiente circostante. Le riforme conciliari hanno forse accelerato il processo, in particolare rendendo i fedeli più consapevoli dell’incongruenza di un linguaggio religioso antiquato rispetto alla cultura contemporanea.
L’esculturazione è il processo di dislocazione della matrice cattolica della cultura italiana, che per lungo tempo ha permesso alla Chiesa di rivolgersi a tutti, al di là della laicizzazione delle istituzioni e della secolarizzazione in atto. Questa “esculturazione” è progressiva. La Chiesa non può parlare che ai propri fedeli, e non è neppure certo che questi la ascoltino, soprattutto sulle questioni di morale sessuale, che considerano appartenenti all’ambito della sola coscienza personale. Qualsiasi riforma, oggi, richiede la “decostruzione” di questo sistema, che si basa interamente sull’autorità sacralizzata, ma resta da vedere fino a che punto una tale “decostruzione” possa essere effettuata senza compromettere la tenuta dell’edificio.
PADRE LUIGI GAETANI, OCD
Presidente della CISM