Dall'Osto Antonio
Brevi dal mondo
2022/12, p. 33
ROMA – VITA DEGLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA - Capitoli Generali e Superiori Generali eletti ROMA - Il cardinale armeno Agagianian, verso gli altari LIBANO - A 10 anni dall’ Ecclesia in Medio Oriente

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Testimoni
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Roma – Vita degli Istituti di vita consacrata
Capitoli Generali e Superiori Generali eletti
P. Mauro-Giuseppe Lepori rieletto Abate Generale dell'Ordine Cistercense
P. Mauro-Giuseppe è attualmente il vicepresidente dell'USG
Il Capitolo Generale dell'Ordine Cistercense ha rieletto P. Mauro-Giuseppe Lepori come Abate Generale il 10 ottobre 2022.
Padre Luis Ignacio Rois Alonso, nuovo Superiore
Generale dei Missionari Oblati di Maria Immacolata
Giovedì 29 settembre 2022, il 37° Capitolo Generale dei Missionari Oblati di Maria Immacolata ha eletto P. Luis Ignacio Rois Alonso, O.M.I., come 14° Superiore Generale per un mandato di sei anni.
Padre Rogério Gomes eletto nuovo Superiore Generale
della Congregazione del Santissimo Redentore
Durante il XXVI Capitolo Generale di Roma, il 27 settembre 2022, nell'anniversario della nascita di Sant'Alfonso de' Liguori,
P. Rogério Gomes è stato eletto come 18° Superiore Generale della Congregazione del Santissimo Redentore.
P. Zenon Hanas, nuovo Rettore Generale dei Pallottini
La XXII Assemblea Generale della Società dell'Apostolato Cattolico (Pallottini), tenutasi a Konstancin, in Polonia, dal 19 settembre all'8 ottobre 2022, ha eletto P. Zenon Hanas Rettore Generale della Società per 6 anni.
Abate Jeremias rieletto Abate Presidente
dei Missionari Benedettini
Dopo la scadenza del mandato dell'abate Jeremias Schröder OSB come presidente della Congregazione di Ottilien, il Capitolo generale lo ha rieletto per un altro mandato di quattro anni, il 24 settembre 2022.
Il nuovo Superiore della Pia Società di San Gaetano viene dall'Argentina
Il 16 luglio si è concluso a Vicenza il X Capitolo generale della Pia Società San Gaetano.Padre Rolando Luis Duris è stato eletto Superiore Generale e successore di padre Venanzio Gasparoni.
Roma
Il cardinale armeno Agagianian, verso gli altari
Il 28 ottobre scorso si è aperta a Roma la causa di beatificazione e canonizzazione del patriarca (e cardinale) Gregorio Pietro XV Agagianian. Uomo di una spiritualità “semplice”, fu una persona “umile e religiosa”, che si distinse “per la forza della sua fede”. Fu definito il patriarca che risollevò gli armeni dal genocidio del 1915. Scomparso nel 1971, fu l’unico cardinale della Chiesa armena, e in due occasioni (nel 1958 e nel 1963) anche candidato al papato. È ricordato anche tra le figure di primo piano del concilio Vaticano II, in cui era membro della commissione direttiva.
“Ricordiamo con gratitudine – ha affermato l’attuale patriarca armeno Minassian in una intervista ad abouna.org – come ha avviato la costruzione di scuole, luoghi di culto, aprendo centri per la cura e la protezione degli orfani e molte istituzioni ecclesiastiche, spirituali e monastiche”. Di queste, ha detto, “forse la più importante è l’istituzione dell’Ordine di Santa Madre Teresa”, che rappresenta il suo modo di vivere la fede e di testimoniare Cristo “attraverso le opere” come scrive san Paolo.
Nato il 18 settembre 1895 ad Akhaltsikhe, nell’allora Impero russo e oggi Georgia, completò gli studi presso il pontificio ateneo dell’Urbaniana a Roma e fu ordinato sacerdote il 23 dicembre 1917. Dopo aver conseguito il dottorato, trascorse qualche tempo come parroco in Armenia a Tblisi. Tornato a Roma, fu nominato vice e poi rettore del Collegio Armeno. All’Urbaniana, dove fu anche rettore, ha insegnato Cosmologia e Teologia sacramentaria. Oltre all’armeno, parlava correttamente italiano, francese, inglese, georgiano, russo, latino e greco.
Nel 1935 fu nominato vescovo di Comana, in Armenia, e due anni più tardi fu eletto a Catholicos Patriarca di Cilicia dal Sinodo dei vescovi della Chiesa cattolica armena, e confermato dal Papa il 13 dicembre 1937, prendendo il nome di Gregorio Pietro XV. Sotto la sua guida, la Chiesa armena seppe ritrovare prestigio e valore nella diaspora, dopo le atroci sofferenze del genocidio ad opera dell’Impero ottomano durante la Prima guerra mondiale. Creato cardinale nel 1946 da Pio XII, nel 1955 fu presidente della Commissione pontificia per la redazione del Codice orientale di Diritto canonico, cosa che comportò la scelta di dimettersi dalla guida del patriarcato. Nel 1960 divenne prefetto di Propaganda Fide, e seguì da vicino la formazione dei missionari nel mondo e liberalizzò le politiche della Chiesa nelle nazioni in via di sviluppo. Durante il Concilio si ritagliò un ruolo di primo piano nella preparazione del Decreto missionario "Ad gentes" e della Costituzione sulla Chiesa nel mondo moderno "Gaudium et spes". Il 19 ottobre 1970 si dimise da prefetto del dicastero vaticano e fu nominato cardinale vescovo della diocesi suburbicaria di Albano, prendendo dimora presso il Collegio armeno. Morì a Roma, qualche mese più tardi, il 16 maggio 1971, dopo una breve malattia e fu sepolto nella chiesa armena di San Nicola da Tolentino.
L’attuale patriarca armeno Minassian ha testimoniato di aver vissuto in prima persona alcune vicende “innaturali”, come le definisce. Fra queste il fatto che “il suo corpo ha continuato a sudare per più di tre giorni dopo la morte”, un segno di “qualcosa di anormale”. Inoltre, ha detto, “mentre pregavamo presso il suo letto negli ultimi istanti di vita, lo abbiamo sentito dire all’improvviso di aver sete, ma non di acqua, bensì della “santità delle vostre anime”. Agagianian, conclude l’attuale primate armeno, “non è il primo santo della Chiesa armena” che è “piena di martiri e santi” a partire dalle vittime del genocidio del 1915, e con la sua testimonianza “ci insegna in Armenia in questo tempo e a dare il migliore esempio di santità” immersi nelle vicende “che oggi viviamo”.
Libano
A 10 anni dall’ Ecclesia in Medio Oriente
Sono trascorsi 10 anni da quando, il 14 settembre 2012 papa Benedetto XVI firmò ad Harissa, in Libano, l’Esortazione apostolica post-sinodale “Ecclesia in Medio Oriente”, primo atto del suo viaggio nel Paese dei Cedri. Il testo era il risultato dell’Assemblea speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei vescovi, tenutasi a Roma dal 10 al 24 ottobre del 2010, sul tema “La Chiesa in Medio Oriente: comunione e testimonianza – La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola”. “Cosa resta di questa Esortazione?”, è stato chiesto al Patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa che nel 2010 portò il suo contributo al sinodo per il Medio Oriente come Custode di Terra Santa. “I temi trattati nel Sinodo del 2010 e richiamati nella successiva Esortazione – ha risposto il patriarca – erano numerosi e andavano dal dialogo interreligioso all’ecumenismo, dalla cittadinanza alla partecipazione politica, passando per la laicità positiva, dalla formazione religiosa alla testimonianza. Cosa resta oggi? Innanzitutto dobbiamo tenere presente che in questa ultima decade abbiamo visto, da un lato, le stragi dell’Isis e, dall’altro, la firma (4 febbraio 2019) ad Abu Dhabi, di Papa Francesco e del Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyib, del ‘Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune’. Per non parlare della pandemia. Oggi dobbiamo rileggere tutti questi temi. Dieci anni fa c’era una visione positiva di crescita, di prospettiva, di cambiamenti. Pensiamo, per esempio, alla primavera araba. Dopo 10 anni, questi temi restano centrali e da sviluppare”. Non senza difficoltà, sottolinea Pizzaballa: “parlare di dialogo interreligioso in Siria e in Iraq, dopo Isis e Abu Dhabi, ci costringe a fare una sintesi vera e concreta di ciò che abbiamo vissuto. Non l’abbiamo ancora fatto e dovremo farlo. Uno degli impegni di questo anno pastorale sarà proprio quello di rileggere questa esortazione e ciò che è accaduto a livello politico, sociale ed ecclesiale. È stato un percorso drammatico ma anche importante”.
Ci sono delle luci che illuminano questo percorso? Secondo il patriarca Pizzaballa, “in contesti come quelli segnati dall’Isis, dall’esodo dei cristiani – tema questo molto presente nell’Esortazione – ci deve accompagnare la speranza che è figlia della fede. La fede non è solo credere è anche un modo di stare nella vita, di leggerla. Se tu vuoi qualcosa, la vuoi anche realizzare”. Perciò “la prima sfida è recuperare il nostro rapporto centrale con la fede che diventa un modo nuovo di stare dentro un Medio Oriente cambiato rispetto a 10 anni fa. Se guardiamo alle grandi Istituzioni ecclesiali, in Medio Oriente come in altre aree del mondo, vediamo elementi di crisi, ma se volgiamo lo sguardo al territorio, alle realtà ecclesiali che qui in questa regione sono meno numerose rispetto a prima, osserviamo tanto impegno e passione – che spesso diventa anche incomprensione rispetto all’istituzione – desiderio di mettersi in gioco. Dovere dei pastori è orientare questa presenza”. Il cammino sinodale intrapreso dalla Chiesa di Terra Santa al pari delle Chiese nel mondo, “sta evidenziando nella base un desiderio di volere fare qualcosa”.
Tuttavia, avverte il patriarca, “dal cammino sinodale non dobbiamo attenderci cambiamenti epocali. Esso deve essere inteso come una sorta di ‘dissodare il terreno’. Abbiamo vissuto anni drammatici dove si è fermato tutto. Anche la vecchia generazione deve lasciare il passo. Per noi il cammino sinodale deve essere un momento per prendere atto di cosa ‘bolle’ nelle nuove generazioni, e non solo, guardare in tutte le direzioni, per capire con chi puoi lavorare, per conoscere i temi e sapere dove siamo”. “Ci conforta in questa sfida la fierezza della fede dei cristiani di Terra Santa. E anche se non la conoscono benissimo, ne sono fieri. I nostri fedeli – conclude Pizzaballa – hanno un forte senso di appartenenza che deve essere formato. In Europa l’identità cristiana è molto più fragile”.
a cura di ANTONIO DALL’OSTO