Rossi Maurizio
Verso una Chiesa sinodale in uscita verso le periferie
2022/12, p. 29
Per la Chiesa dell’America Latina e dei Caraibi l’anno 2021 rappresenta qualcosa di più di un intenso periodo di straordinario lavoro sinodale. Sono mesi nei quali si è cercato di far convergere in una rinnovata sintesi missionaria alcuni significativi passaggi della vita recente di questa Chiesa continentale e, in modo particolare, le quattro (storiche) Conferenze Generali che ne hanno caratterizzato il tempo del post-concilio: Medellin (1968), Puebla (1979), Santo Domingo (1992) e Aparecida (2007), quest’ultima essenza della teologia pastorale e ritratto di ciò che è e che vuole continuare ad essere la Chiesa latinoamericana e caraibica.

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CELAM
Verso una Chiesa sinodale
in uscita verso le periferie
Per la Chiesa dell’America Latina e dei Caraibi l’anno 2021 rappresenta qualcosa di più di un intenso periodo di straordinario lavoro sinodale. Sono mesi nei quali si è cercato di far convergere in una rinnovata sintesi missionaria alcuni significativi passaggi della vita recente di questa Chiesa continentale e, in modo particolare, le quattro (storiche) Conferenze Generali che ne hanno caratterizzato il tempo del post-concilio: Medellin (1968), Puebla (1979), Santo Domingo (1992) e Aparecida (2007), quest’ultima essenza della teologia pastorale e ritratto di ciò che è e che vuole continuare ad essere la Chiesa latinoamericana e caraibica.
L’agenda sinodale, in linea con la tappa dell’ascolto, ha tracciato i percorsi di questi mesi ricchi di incontri e condivisioni, segnati da un intenso sforzo redazionale che ha visto la produzione di quasi una decina di documenti di varia natura; un lavoro che è culminato nell’ottobre 2022 con la pubblicazione del corposo testo intitolato Verso una Chiesa sinodale in uscita verso le periferie. Riflessioni e proposte pastorali dalla Prima Assemblea Ecclesiale dell’America Latina e dei Caraibi, che altro non è se non «la sistematizzazione di quanto è stato espresso nel dialogo fra i partecipanti a quasi cento gruppi di lavoro».
In realtà esso è molto di più, è un testo che sorprende. Redatto con l’intenzione di lasciare un vivido segno nella vita della Chiesa latinoamericana, la vera forza di questo documento sta nell’aver intuito che per raccogliere e dar conto dell’esperienza effettiva di popolo di Dio in cammino servivano molte parole da dire e da ridire, anche a costo di ripetersi, perché l’esperienza, qualunque essa sia, è multiforme e come tale va restituita. I temi centrali che ci si aspetta da un documento di questa natura ci sono tutti (i segni dei tempi e le sfide di oggi, una Chiesa samaritana, centrata su Gesù e la sua parola, Chiesa sinodale e missionaria la cui essenza coincide con la chiamata ad annunciare il vangelo, sorretta dalla fecondità sorprendente dello Spirito Santo…); e la lunga serie di proposte pastorali e delle linee di azione esprimono il desiderio di aver voluto raccogliere il più possibile di quanto suggerito dai gruppi di base. Tuttavia, merita di essere sottolineato ancora una volta il tono convinto e di gradevole semplicità, tutt’altro che scontato, dell’intero documento. Questo fa dire a qualche commentatore che la Prima Assemblea si candida a rappresentare un punto di discontinuità nella Chiesa latinoamericana, perché sarà difficile d’ora in avanti evitare la partecipazione del Popolo di Dio ai vari momenti organizzativi, assembleari e decisionali.
L’invito profetico del Papa
Il testo non si fa apprezzare in quanto perfetto, tutt’altro; la stessa traduzione, poco curata dal punto di vista redazionale, lascia intuire molti affanni. Si fa apprezzare, piuttosto, per non aver ceduto a linguaggi astratti e per aver creduto coraggiosamente nella possibilità di riuscire a trasmettere l’intrasmissibile, vale a dire la sostanza singolare di un’esperienza. (Cf. nn. 18-20). Ciò fa scrivere che «questa Assemblea è una delle prime ricezioni istituzionali della proposta sinodale del Santo Padre». (n. 2)
Il documento è il frutto di un lavoro avviato un paio di anni prima (cf. n. 9). L’intenzione era quella di «tenere una VI Conferenza Generale dell’Episcopato. Tuttavia, profeticamente, Papa Francesco ha proposto di dare vita a un processo più adatto al momento storico: realizzare un incontro ecclesiale e sinodale, dove tutto il Popolo di Dio potesse partecipare ed esprimersi», dando così vita a una entusiasmante «esperienza senza precedenti». (n. 1)
Le tre parti del testo sono pensate in una logica di analisi, approfondimento e proposta pastorale. La diagnosi sociale ed ecclesiale della prima parte – Segni dei tempi che ci sfidano e ci incoraggiano –, si sforza di scrutare a fondo la storia presente, e cerca la presenza di Dio e la sua volontà nel periodo che stiamo vivendo. (cf. n. 38) La pandemia, così trasversale circa gli ambiti colpiti e le persone coinvolte, svolge il ruolo di «pietra miliare del cambiamento dei tempi». (n. 39) La logica di mercato, ormai pervasiva potenza che risponde unicamente a se stessa, genera miseria, violenza e morte. Il grido dei poveri invoca dignità e riconoscimento. Se la lista di nomi delle svariate crisi inventariate è ampia (etica e culturale, ecologica e idrica, culturale, politica e urbanistica, educativa e religiosa, ecc.), lo sguardo realista e al contempo spirituale non si lascia ingannare da un invincibile mortale pessimismo, ma scorge anche segni di speranza capaci di futuri possibili. L’ambito dei nuovi volti protagonisti è dedicato ai giovani (nn. 79-84); alle donne (nn. 85-87); alle famiglie (nn. 88-90); alle popolazioni autoctone e afro-discendenti (nn. 91-93).
Alcune rivendicazioni intense e accorate da parte del Popolo di Dio hanno completato il quadro diagnostico riguardo all’universo intra-ecclesiale: un posto nuovo per le donne nella Chiesa (nn. 108-109), la formazione dei laici, e, particolarmente forte, la «necessità di superare il clericalismo» (n. 96), così come «l’imperativa necessità di riconoscere e rendere visibile la sofferenza delle vittime dei vari abusi ecclesiali, di coscienza, di potere e sessuali» (nn. 120-124). Sono alcuni appelli raccolti nell’Assemblea, vissuta nel suo insieme come autentico desiderio di una «Chiesa incarnata e disponibile, non trincerata nelle proprie comodità, ma in uscita, perché tutto ciò che è umano deve risuonare nel cuore dei discepoli di Gesù». (n. 127)
La seconda parte – Una chiesa sinodale e missionaria al servizio della vita completa – è pensata come cerniera tra la prima e la terza: favorisce il discernimento sempre complesso delle sfide del presente storico e predispone la proposta. «Assolve questa funzione articolata attraverso la meditazione teologico-pastorale-spirituale fedele e creativa, che assume grandi linee condivise in modi diversi nell’Assemblea, dalle presentazioni ai gruppi». (n. 32) Conferisce al testo una strutturazione coerente legando, in chiave pastorale, le due sezioni di cui essa si compone: «La prima, di carattere storico-pastorale, colloca la novità dell’Assemblea Ecclesiale nel cammino della Chiesa regionale, e ne mostra il rapporto con la Conferenza di Aparecida e il processo sinodale promosso da Papa Francesco. La seconda sezione ha un contenuto teologico-pastorale di ispirazione biblica, con un accento spirituale» (n. 134) sulla Chiesa come Popolo di Dio in vista della fratellanza dei popoli. Una Chiesa a cui viene chiesto quel tanto (anzi, quel poco) che basta affinché lo Spirito Santo possa agire nella storia. Suo punto di forza è la dignità missionaria e discepolare di ogni battezzato e la capacità di saper «riconoscere la presenza piena di Cristo nell’Eucaristia e scoprire anche i poveri come sacramento di Cristo». (n. 204) Di qui il fondamento dell’invio a uscire verso le periferie, non solo come indicazione a dislocare geograficamente le prassi dell’annuncio, ma come invito a guardare il mondo a partire da lì. (cf. n. 203)
A seguire la terza e ultima parte – Sovrabbondanza creativa in nuovi percorsi da seguire – individua, sulla scia del Concilio Vaticano II, sei dimensioni come altrettanti luoghi concreti in cui declinare le linee di azione pastorale, precedute da una ripresa di alcuni concetti di fondo, una prassi alla quale il documento ci ha già abituati. Senso dell’azione evangelizzatrice, sue finalità, le modalità dell’annuncio e della catechesi, l’incontro personale con Gesù Cristo come «criterio fondamentale per il discernimento e la programmazione di ogni attività evangelizzatrice». (n. 244) Primo annuncio, iniziazione cristiana, formazione alla fede; aprire il cuore alla sua originaria dimensione spirituale… Tanti temi che indicano una straripante sensibilità pratica del Popolo di Dio e la richiesta di un confronto su come e cosa fare, dalle pratiche liturgiche e sacramentali fino alle questioni spinose sui migranti, i rifugiati, ecc., e chiudere sulla questione ecologica che richiede la promozione e la formazione di una coscienza nuova e la sua integrazione nell’insegnamento e nella pratica pastorale. Cristiani capaci di sentire il grido della terra e il grido dei poveri e capaci di prendersi cura dell’uomo, del cosmo e, certo, anche di Dio, perché anche Lui deve stare bene con noi.
Chiudono il documento il Messaggio al popolo dell’America Latina e dei Caraibi e la Preghiera di consacrazione alla Madonna di Guadalupe.
Conclusione
Un confronto tra Chiese continentali sui cammini sinodali intrapresi è utile e stimolante. Le fatiche che hanno accompagnato e tuttora accompagnano la fase dell’ascolto di noi italiani ed europei sono anche quelle del popolo latinoamericano. Il documento in questione non le nasconde. Per noi, però, quella dell’inizio è stata una fatica supplementare, quando la parola sinodalità veniva rovesciata su mucchi di parole già a corto di ossigeno e in stato confusionale. Aleggiava un grande scetticismo per via di prassi consolidate che nel tempo hanno prodotto tante parole e pochi effetti.
Da noi ci hanno creduto in pochi, all’inizio, e anche quei pochi dichiaravano un po' di confusione. I più critici, forse, non hanno cambiato idea: la struttura verticale della Chiesa, dove nulla può essere pensato senza una benedizione dall’alto, rende insensato un tale processo sinodale perché nulla di fondamentale può realmente cambiare. A riprova si cita l’Amazzonia.
Lo sguardo oltreoceano però fa bene. Si ha l’impressione di essere dentro un mondo più allenato, rispetto al nostro, a camminare insieme; dove si può giocare ugualmente anche se si ha poco da offrire. Qui abbiamo da imparare. A titolo di esempio può essere utile uno sguardo ai gruppi sinodali delle nostre comunità cristiane, quando dichiarano con onestà la faticosa comprensione di alcune espressioni, come “chiesa missionaria”, “chiesa in uscita”. Si obietta: In uscita, ma per andare dove? E ancora: non è forse quello che già facciamo? Cos’altro serve?
Cosa serve. Verrebbe da dire che serve a noi tutti passare da lì, proprio da lì, dal luogo impensato di una fatica nuova, noi che siamo quelli abituati a dire l’ultima parola e a sapere sempre cosa fare. Questo per noi Chiesa dell’Europa è il luogo della benedizione, della fatica intesa come benedizione. Serve rendersi conto che abbiamo poco da offrire, ma che quel poco ha un valore immenso.
Non serve andare all’altro per raccogliere feedback utili: questo presuppone subdolamente che a parlare per primi si sia sempre noi. Serve ascoltare molto di più e parlare molto di meno. Così, magari, il feedback, invece di chiederlo, siamo noi ad offrirlo, gratuitamente e quasi senza accorgercene.
MAURIZIO ROSSI