La Mela Maria Cecilia
Alla scuola del creato
2022/12, p. 24
Come ultimo appuntamento del nostro passare da una scuola di preghiera all’altra, sostando contemporaneamente in tutte, bussiamo infine alla porta del creato. Tutto è partito dall’opera creatrice di Dio e tutto vi ritorna nel suo continuo dispiegarsi e compendiarsi.

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Alla scuola del creato
Come ultimo appuntamento del nostro passare da una scuola di preghiera all’altra, sostando contemporaneamente in tutte, bussiamo infine alla porta del creato. Tutto è partito dall’opera creatrice di Dio e tutto vi ritorna nel suo continuo dispiegarsi e compendiarsi. Contemplare le meraviglie della natura è già pregare perché, come afferma mons. Mariano Magrassi, «dal momento che Dio è il creatore dell’universo, ne segue che la natura è segno di Dio, come ogni effetto è segno della sua causa; anzi la natura è la parola di Dio, che però aspetta che noi la decifriamo […]. Gli attributi di Dio sono proprio il manifestarsi, quasi il rifrangersi della gloria del Signore attraverso la molteplicità corale delle creature».
Ed è proprio la Sacra Scrittura che ci conferma tutto questo. Citiamo – data la grande vastità del tema, basti solo pensare ai salmi – una voce dall’Antico Testamento, «dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore» (Sap 13,5), e una dal Nuovo: «Le opere di Dio manifestano la sua potenza e divinità» (Rm 1,20).
A tal proposito, essendo l’anno centenario della morte, vogliamo richiamare l’umile figura della beata Maria Fortunata Viti, benedettina di Veroli (FR) che, «nella sua quotidianità, durata ben 92 anni, non si stancava mai di meravigliarsi davanti alla bellezza di un fiore, al sorgere o al tramonto del sole, all’immensità del creato tanto che spesso le sue labbra pronunciavano l’espressione: Potenza e carità di Dio!». E così tanti santi e sante e, prima di loro, lo stesso Gesù che ha fatto della natura lo scenario più bello per i suoi discorsi e parabole. San Francesco d’Assisi, costituito nel 1979 da Giovanni Paolo II patrono degli ecologi, vedeva il creato come un segno trasparente di Dio. Quello che ha detto del sole: «De te, Altissimo, porta significazione», vale per tutte le creature. È qui ripristinato l’originario legame, l’armonia, l’intima solidarietà tra Dio, l’uomo e il cosmo. Eppure «è così difficile per noi oggi non solo riuscire a “vedere” i tanti piccoli segni di vita nella natura che ci circonda, ma anche sostare in silenzio e captarne l’eterno movimento della vita. È per questo che la riflessione, la contemplazione, la preghiera e la lode si spengono. Invece la preghiera dà la possibilità di non vivere terra terra, di far saltare la scorza della realtà per trasfigurarla; di intuire l’aspetto profondo degli esseri e delle cose, la loro ultima bellezza.
La natura, libro di Dio
Diceva Paolo VI: “La natura è libro di Dio. È un libro aperto, stupendo, misterioso. Saperlo leggere è preghiera” (10 luglio 1977). […] La natura è come una pergamena dispiegata tra cielo e terra, sulla quale Dio scrive un suo messaggio e l’umanità può rispondere con la sua lode».
La bellezza è via che favorisce la preghiera e la contemplazione, porta a Dio e ai fratelli, anche in virtù di quel linguaggio universale che attrae e di quella comunanza di sentimenti belli che caratterizzano la nostra umanità. È pure l’esperienza di Etty Hillesum, giovane olandese brillante e libertina attratta in modo “bulimico” dallo splendore della natura e dalla suggestione per l’arte che, dopo un cammino di crescita interiore, vive il rapporto con la bellezza come via di liberazione e di riappropriazione della sua più profonda identità in relazione a Dio. Ed è questa passione, finalmente ordinata e orientata, ad aprirla sempre più all’amore autentico. Ed ecco che, nell’infuriare della follia nazista, questa ebrea di 28 anni, vive nel campo di transizione di Westerbork un profondo momento mistico. In una lettera del 18 agosto 1943 trascrive all’amica Henny Tideman una preghiera poco prima annotata sul suo diario: «Mi hai resa così ricca, mio Dio, lasciami anche dispensare agli altri a piene mani. La mia vita è diventata un colloquio ininterrotto con te, mio Dio, un unico grande colloquio. A volte, quando me ne sto in un angolino del campo, i miei piedi piantati sulla tua terra, i miei occhi rivolti al cielo, le lacrime mi sgorgano da una profonda emozione e riconoscenza. Anche di sera, quando sono coricata e riposo in te, mio Dio, lacrime di riconoscenza mi scorrono sulla faccia e questa è la mia preghiera». Morirà ad Auschwitz il 30 novembre 1943.
Gratitudine e rispetto
L’ammirazione orante del creato si riverbera in un atteggiamento fondamentale, quello della gratitudine; in ogni celebrazione eucaristica si ringrazia il Signore per i frutti della terra. Dalla gratitudine scaturiscono il rispetto e la conseguente cura della nostra casa comune. «I cristiani in particolare hanno la grande responsabilità di assumere lo sguardo contemplativo di Gesù, che non appare certo un asceta separato dal mondo […]. Dio in Cristo consolida e conserva la sua creazione facendola evolvere. La cura della creazione da parte di Gesù si manifesta chiaramente nel quotidiano. Per seguire la sua Via e condividere il suo amore verso tutte le cose, anche i suoi discepoli sono chiamati ad esercitarsi alla prossimità, alla solidarietà, alla compassione, all’ascolto e alla perseveranza».
Eppure sembra che prevalgano lo sfruttamento egoistico della terra e l’inquinamento, cause anche dell’estinzione di tante specie viventi e degli sconvolgimenti climatici. C’è una canzone molto intensa di Renato Zero, Gesù, che è anche una preghiera, scritta durante la pandemia da covid-19. Ne riportiamo alcuni versi: «Era un mondo incline alla bellezza, al rispetto, alla purezza. Gesù, la natura ha i suoi limiti!/ Gesù, chi avvelena i tuoi pascoli?/ Fiumi ormai interdetti. Discariche laggiù./ Ciò che credevi un orto è deserto che avanza./ Gesù, siamo colpevoli./ Gesù, se potrai ancora farlo tu… Perdonaci! Perdonaci!».
Ed è in questo scenario desolante della nostra amata terra che, tuttavia, vogliamo far risuonare la certezza incoraggiante di papa Francesco nella Laudato si’: «Alla fine ci incontreremo faccia a faccia con l’infinita bellezza di Dio e potremo leggere con gioiosa ammirazione il mistero dell’universo, che parteciperà insieme a noi nella pienezza senza fine (n. 243). Nell’attesa, ci uniamo per farci carico di questa casa che ci è stata affidata, sapendo che ciò che di buono vi è in essa verrà assunto nella festa del cielo (n. 244)».
Per questo, «fatti voce di ogni creatura, esultanti cantiamo» (Preghiera Eucaristica IV) e preghiamo, continuando a camminare con più fiduciosa speranza nell’impegno fattivo di cristiani che abitano sulla terra protesi alla Patria celeste.
SUOR MARIA CECILIA LA MELA OSBap