SPENDER MADELEINE
Intervista a suor Angela – benedettina La povertà e la ricchezza
2022/12, p. 20
Con la professione religiosa si firma che tutti i beni che uno possiede vanno alla comunità e quindi appartengono a tutti. Non ne avevo quindi più diritto. Tutto ciò che ho portato con me è diventato proprietà comune. Ora, non ho niente e tuttavia ho tutto.

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Testimoni
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GERMANIA
Una Chiesa dalle porte sempre aperte
anche per chi se ne va
Il vescovo, mons. Franz-Josef Bode di Osnabrück ha scritto che in Germania lasciare la Chiesa sembra diventato un fatto normale. Ormai per molti non è la ragione per andarsene che uno deve giustificare, ma il motivo per rimanere. Intanto il numero di persone intenzionate ad andarsene continuerà ad aumentare.
La chiesa tedesca è sempre più alle prese con l’ondata di persone che l’abbandonano e se ne vanno. Il fenomeno ha assunto proporzioni a dir poco preoccupanti. Lo confermano anche le ultime statistiche: 359.338 sono stati coloro che sono usciti lo scorso anno, mai così tanti in precedenza.
Per fare un esempio: nella sola diocesi di Osnabrück¸ a cui fanno capo circa 540.000 cattolici, nel 2021 sono stati circa 6000 ad andarsene , 500 al mese; nel 2022, il numero è raddoppiato: al 30 giugno scorso, quindi a metà anno, se ne contavano già 6.000, ossia 1.000 al mese.
Il vescovo, mons. Franz-Josef Bode, in un lungo articolo apparso sul numero di ottobre del mensile Herder Korrespondenz, ha scritto che lasciare la Chiesa sembra diventato un fatto normale. Ormai per molti non è l’abbandono che deve essere giustificato, ma la ragione per rimanere.
E il numero di persone intenzionate ad andarsene continuerà ad aumentare se le aspettative circa le riforme della Chiesa non saranno soddisfatte. Sono numerosi coloro che non riconoscono più la Chiesa come la "casa gloriosa " conosciuta fin dall’infanzia e nella loro giovinezza e non approvano più, per esempio, che le imposte sulla religione e la chiesa siano spese per "riforme" che considerano discutibili e fautrici di divisione.
Le ragioni per andarsene
Sono numerosi coloro che gradualmente si sono allontanati nel corso di vari anni. Le ragioni per andarsene – sottolinea mons. Bode – sono diverse quante le persone, ma si possono accorpare in determinati modelli.
Bisogna distinguere le ragioni e le circostanze. Ad influire sono anzitutto la diffusa secolarizzazione e l'individualismo, fenomeni che allontanano sempre più le persone da una forma di religione istituzionalizzata. La fede in molti assume piuttosto la caratteristica di un’Entità, di un essere superiore, quale fondamento di tutta la realtà, e la pratica religiosa e spirituale è ridotta alla carità e alla solidarietà. Non esiste più una fede in un TU, in un'esperienza personale di Dio, e meno ancora una fede in una Chiesa con formule liturgiche, teologiche e spirituali fisse, con pretese etiche e morali che si ritiene come autorità in relazione alla verità.
Anche il numero di coloro che Tomáš Halík chiama “apateisti” (atei) sta aumentando notevolmente. Dietro ci sono persone indifferenti all'esistenza di Dio, al vangelo di Gesù Cristo, ai riti e agli insegnamenti della Chiesa. Sono coloro che ritengono di poter vivere benissimo un'umanità eticamente impegnata, senza bisogno della sovrastruttura religiosa, per non dire ecclesiastica. Il fatto che in tutti questi casi la tassa ecclesiastica non abbia più senso appare ovvio e si riflette nelle uscite.
Ma oggi, – e questa è una nuova esperienza – molti se ne vanno anche per un motivo ben preciso. Ciò vale soprattutto per la Chiesa cattolica confrontata com’è con la continua scoperta degli scandali degli abusi, la lentezza dell’elaborazione dei casi e delle verifiche nelle diocesi.
Anche alcune dichiarazioni del Vaticano, scrive mons. Bode, sono spesso occasioni per andarsene, come pure le recenti votazioni della quarta assemblea sinodale della Chiesa tedesca a Francoforte.
Secondo il vescovo, impressiona in modo particolare, l’uscita di molti credenti che finora erano rimasti fedeli alla comunità e alla Chiesa. Motivi per andarsene sono per alcuni la delusione per certi atteggiamenti del Papa o le dichiarazioni della Curia oppure il trascinarsi dei dibattiti nel “cammino sinodale” da cui attendersi “finalmente” risultati riformatori.
Ancora alte tuttavia le aspettative nella Chiesa
In generale, tuttavia, si può dire che, nonostante tutto il crollo di fiducia nella Chiesa, molti - dentro e fuori - si aspettano da essa una vera pastorale e dei riti significativi, e anche una buona opera di formazione, ad esempio negli asili nido e nelle scuole, un alto livello di impegno caritativo, nella consulenza e nell’accompagnamento e, non da ultimo, un appropriato contributo alla coesione della società.
La Chiesa, afferma mons. Bode, deve preoccuparsi di incontrare tutte le persone in modo cordiale e disponibile. Importanti sono in particolare i cosiddetti eventi occasionali, dal battesimo al funerale, a cui partecipano anche molte persone che non hanno più uno stretto legame con la Chiesa. Così pure anche l'ospitalità disinteressata, praticata da persone autentiche e convincenti, a tempo pieno e volontario.
Come afferma Christoph Theobald, non si tratta solo di offrire ospitalità, ma anche di recarsi in casa loro. È infinitamente importante la buona vecchia visita a casa e la presenza nei luoghi e nel mondo degli altri ("Zaccheo, oggi devo fermarmi a casa tua!"; Lc 19,5). Ancora una volta, questo non deve essere praticato per fare proselitismo, ma per cogliere la fede ancora presente in molte persone e far leva su di essa. Si tratta di far leva sul desiderio di avere un orientamento di vita e della ricerca di un futuro in cui valga la pena vivere.
Esempi pastorali nella diocesi di Osnabrück
Nelle chiese locali, come anche altrove, si stanno sviluppando nuove forme pastorali per mantenere i contatti, far capire che nessuno nella Chiesa è escluso e che le sue porte sono sempre aperte.
Nella diocesi di Osnabrück, per esempio, scrive il vescovo Bode: ci preoccupiamo molto di stare vicini alle persone che formalmente se ne vanno e di incoraggiarle a rimanere. Il "Forum am Dom" esercita a questo proposito un ruolo importante. È un luogo dove le persone hanno l'opportunità di dirci apertamente la propria opinione. Siamo interessati alle loro esperienze e critiche, e alla loro storia personale.
Strumenti utili di contatto sono anche le lettere, il telefono o gli incontri personali.
Il "Forum" rende pubbliche le sue proposte di dialogo anche con poster e cartoline e mediante un proprio sito web. Offre, ad esempio, un punto di contatto con un poster in cui è raffigurata una giovane donna che con la parola chiave "delusione" indica un touch point a coloro che passano per la piazza della cattedrale.
Inoltre segnala anche eventi in cui chi ha abbandonato e coloro che restano possono dialogare tra di loro, come è avvenuto in una serata con Lisa Kötter di Münster, co-fondatrice di Maria 2.0, e uscita dalla Chiesa, e una giovane referente pastorale. Le due donne hanno offerto agli ospiti la possibilità di esprimere le loro ragioni e motivazioni personali.
Altri eventi del cammino sinodale, come l'iniziativa “Out In Church”, sono le letture e proposte spirituali, entro un quadro in cui possono avvenire delle discussioni sulla Chiesa cattolica.
Coloro che, nonostante l’abbandono, desiderano ancora un legame con una comunità di fede possono rimanere in contatto in tutta libertà. Senza essere insistenti e invadenti, segnaliamo loro che le nostre porte sono sempre aperte. Il filo della conversazione non deve infatti mai spezzarsi del tutto. Si possono trovare compagni di viaggio che la pensano allo stesso modo e ciò può far nascere qualcosa di nuovo ed eccitante.
Un altro esempio: è stata organizzata una iniziativa telefonica dal titolo "Cos'altro ho da dire..." c’erano a disposizione per dialogare il vescovo, l’ausiliare, il vicario generale, il capo dell'ufficio pastorale e il capo del forum con persone che trovano difficile la vita nella Chiesa o che l’hanno abbandonata. Coloro che se ne sono andati hanno reagito con una certa cautela.
Ma, afferma il vescovo Bode, la campagna telefonica non è ovviamente lo strumento adatto per stabilire un primo contatto con queste persone. Ci vuole il contatto faccia a faccia. Per questo noi vescovi nei nostri progetti di visita abbiamo inserito dialoghi con tutti coloro che hanno abbandonato o pensano di farlo e vorrebbero cogliere nuovamente l'occasione per parlare con noi.
La mia esperienza è che questo può essere fatto in una ristretta cerchia di persone contattate personalmente anche se lì si incontra l'intera gamma di motivazioni. Alla domanda su cosa io come vescovo, su cosa noi facciamo come Chiesa e cosa possiamo fare meglio pastoralmente, la risposta è sempre la stessa: continuare a dialogare.
Naturalmente, solo pochi vengono raggiunti attraverso questi incontri. Ma l'esperienza positiva si diffonde e incoraggia altri a parlare e a stabilire un contatto. È importante per me chiarire che c'è anche un "dentro" e un "fuori" e che molti che immaginano di essere "dentro" sono più "fuori" di altri che sono usciti.
La Chiesa deve essere uno spazio vitale aperto
Mi sto convincendo sempre più, sottolinea mons. Bode, che la Chiesa non è un'impresa rigidamente inquadrata e circoscritta dove dentro e fuori sono chiaramente definiti - pur con una chiara idea di appartenenza - ma corrisponde sempre più a un sistema di coordinate a forma di croce in cui ognuno appartiene e sta in relazione in modo diverso con il centro, con il punto di incrocio.
Bisognerà che pensiamo a fondo a un'ecclesiologia più aperta, che certamente continuerà ad essere determinata dai sacramenti, ma anche da tanti modi di relazione nei sacramentali, nelle liturgie sacramentali (Benedikt Kranemann) o benedizioni. In questo modo può sorgere una “Chiesa spazio vitale” meno rigida e che presenta un processo di interazione di tanti doni e talenti, ossia carismi e vocazioni (cfr “Evangelii gaudium”, n. 222 ss.).
L'atteggiamento più importante di fronte all’esplodere degli abbandoni è probabilmente quello di imparare – certamente in modo doloroso – a diventare una minoranza più umile, serena e creativa. Ci sarà (dovrà esserci) meno “istituzione” – nonostante tutta la necessità dell'istituzionale – e più “vita cristiana personale” degli individui e gruppi in stretto legame ecumenico. La pastorale che incoraggia a rimanere e ad aver bisogno di modelli territoriali di base che consentano l'appartenenza, la coesione e l'identificazione. Tuttavia, allargherà i suoi campi categoriali per includere le persone che sono in ricerca o che possono essere raggiunte solo tramite proposte aperte. Si manifesterà personalmente attraverso testimoni e si situerà localmente in maniera molto “variopinta”. Gli spazi della chiesa, le istituzioni educative, i luoghi di incontro, i centri di consulenza, i monasteri, i centri spirituali, le comunità domestiche possono essere questi altri luoghi, non su tutto il territorio, ma "ardenti”.
La pastorale sarà strutturata in maniera più temporanea e per tempi limitati a fasi della vita, sarà sacramentale nel senso dei nostri sacramenti e della loro celebrazione, ma anche nel senso del sostegno sacramentale e sarà diaconale in tutti i bisogni esistenziali della gente. Si manifesterà in un modo nuovo anche digitalmente. La digitalità non fa parte solo delle pubbliche relazioni, ma costituirà un modo nuovo di fare pastorale a tutti i livelli. Tutto questo non sarà forse ideale, ma sarà vitale!
a cura di ANTONIO DALL’OSTO