Brevi dal mondo
2022/11, p. 37
Africa-Etiopia: La “Grande Guerra dell’Africa” in pieno silenzio
mediatico KERALA – INDIA: Una disputa di carattere liturgico
ITALIA : XXIV Rapporto 2022 sulla scuola cattolica
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Africa - Etiopia
La “Grande Guerra dell’Africa” in pieno silenzio mediatico
L'Etiopia sta diventando la guerra mondiale dell'Africa, con decine di migliaia di morti negli ultimi mesi, potenzialmente non denunciate, mentre i ribelli tigrini combattono una coalizione di eserciti e milizie in un totale silenzio mediatico. Nessun resoconto sul conflitto dopo che il governo etiope ha interrotto le linee telefoniche e Internet nella regione del Tigray e bloccato quasi completamente l'accesso ai media per nascondere l'entità dei combattimenti. La maggior parte delle comunicazioni con il mondo esterno devono ora essere effettuate tramite telefoni satellitari.La violenza è di dimensioni mai viste prima, anche dopo due anni di combattimenti. Con l'escalation del conflitto nella regione settentrionale del Paese, gli esperti lo descrivono come la ‘guerra più mortale del mondo’. “Questa è la nuova Grande Guerra d'Africa”, ha affermato Cameron Hudson, analista ed ex capo degli affari africani per il Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti. “Dopo gli eventi del Congo 25 anni fa, dove ben sei paesi africani impegnarono truppe in un combattimento che alla fine uccise più di cinque milioni di persone, l'Etiopia sta rapidamente diventando la prossima guerra mondiale dell'Africa” ha aggiunto l’analista.L’ultima offensiva di massa fa parte di una cruenta guerra civile scoppiata nel tratto settentrionale della seconda nazione più popolosa dell'Africa alla fine del 2020, quando il Primo Ministro Abiy Ahmed ha attaccato un governo locale dissidente nella regione del Tigray. Le forze federali, le milizie etniche e i soldati dell'Eritrea si sono uniti per combattere i ribelli che inizialmente sembrava fossero stati annientati. A metà del 2021, i guerriglieri hanno ripreso gran parte della regione con una straordinaria controffensiva. Le forze eritree si sono ritirate l'anno scorso e le forze tigrine si sono spinte verso la capitale etiope. Per un po’ sembrava che Addis Abeba potesse cadere. Tuttavia, un afflusso di droni dalla Turchia e dagli Emirati Arabi Uniti ha respinto i ribelli. Secondo fonti militari, un cessate il fuoco di mesi ha offerto una tregua ai milioni di persone in gravi difficoltà e il conflitto è caduto dall'agenda globale.
Ma ora la guerra su vasta scala sta facendo di nuovo a pezzi la regione. Gli esperti affermano che il conflitto di massa vede coinvolti molti attori da tutta la regione in una situazione esplosiva che potrebbe mandare in fiamme il Corno d'Africa.
“La situazione è drammatica: da tre anni il Tigray è senza medicine, cibo... le scuole sono chiuse”.“Da oltre otto mesi, inoltre, non si hanno notizie del Vescovo dell’Eparchia cattolica di Adigrat, Tesfaselassie Medhin; sappiamo che Adigrat è stata bombardata recentemente dagli eritrei, così come altri villaggi nella zona degli Irob: Alitena, Dawan, Agarale. Ci sono tra 70 e 80 religiosi cattolici e circa 30 suore di cui non sappiamo niente e che non si riesce a contattare.
Kerala - India
Una disputa di carattere liturgico
Un’aspra controversia liturgica minaccia di rompere l’unità tra i fedeli della chiesa siro-malabarese di rito orientale. Nella disputa è intervenuto ora anche il Vaticano nominando l'arcivescovo Andrews Thazhath, amministratore apostolico dell'arcidiocesi di Ernakulam-Angamaly, il quale ha revocato la dispensa che finora consentiva ai sacerdoti di celebrare stando rivolti verso il popolo. Il 30 settembre scorso, a una riunione del consiglio presbiterale, l’amministratore ha ordinato di riprendere a celebrare la Messa secondo il modello liturgico approvato dal sinodo episcopale del 1999 che richiedeva ai sacerdoti di stare rivolti verso l'altare durante la preghiera eucaristica fino alla comunione.
I sacerdoti, tuttavia, – ha dichiarato all’agenzia UCA News ( Union of Catholic Asian News) un sacerdote presente all'incontro – si sono rifiutati di seguire questa direttiva dicendo che era stata presa senza consultare il clero e i laici dell'arcidiocesi.
L'arcivescovo Thazhath ha partecipato più tardi a una riunione della curia arcivescovile ma si è dovuto chiamare la polizia, secondo quanto riferito da funzionari della Chiesa, perché si temeva che l'arcivescovo potesse essere aggredito da un gruppo di laici, che si erano radunati fuori dal luogo della riunione.
Una squadra di 20 agenti di polizia ha scortato poi l'arcivescovo Thazhath fino ad un taxi che era in attesa ed è ritornato nella sua arcidiocesi di Trichur, situata a circa 75 chilometri di distanza.
Il piccolo gruppo di laici che si era riunito all'incontro ha gridato slogan chiedendo al presule di “dimettersi e di ritirarsi”, evidentemente irritati dal suo ultimatum di obbedire o di aspettarsi un provvedimento disciplinare.
Ma sia i sacerdoti che i fedeli dell'arcidiocesi hanno deciso di continuare ad andare avanti con la Messa tradizionale in cui il celebrante è sempre rivolto verso i fedeli.
Inoltre, il 1° ottobre davanti alla sede arcivescovile sono stata bruciate copie della circolare della revoca emessa dall'arcivescovo Thazhath, in segno di protesta, dicendo che non avrebbero permesso la Messa del sinodo in nessuna delle chiese della loro arcidiocesi. L’amministratore è stato accusato di aver ingannato il Vaticano e hanno minacciato di bloccare in futuro il suo l'ingresso nella casa arcivescovile.
“L'imposizione della Messa sinodale in nome dell'uniformità ”, ha detto p. Mundadan, segretario del consiglio presbiterale, sta minando l'unità. E ha aggiunto che papa Francesco aveva raccomandato di "non imporre l'uniformità a costo dell'unità".
Padre Mundadan ha rivolto un appello al Vaticano e al Sinodo affinché comprendano i sentimenti del popolo e dei sacerdoti nell'arcidiocesi e consentano loro di continuare con la Messa tradizionale.
La disputa liturgica nella Chiesa siro-malabarese dura da quasi cinque decenni. È ripresa nell'agosto 2021 quando il sinodo ha deciso di attuare la sua decisione del 1999 sull'uniformità nella celebrazione della Messa in tutte le diocesi allo scopo di consentire una maggiore unità tra i suoi membri.
Il sinodo aveva ordinato a tutte le 35 diocesi di osservarla a partire da novembre 2021 e, ad eccezione dell'arcidiocesi di Ernakulam-Angamaly, tutte le altre si sono adeguate dopo un’opposizione iniziale di alcune diocesi, inclusa Trichur, guidata dall'arcivescovo Thazhath.
Riju Kanjookkaran, portavoce del Movimento Arcidiocesano per la Trasparenza (AMT), ha dichiarato all’UCA News il 3 ottobre che "nessun sacerdote nell'arcidiocesi celebrerà la Messa sinodale". E ha affermato che circa il 99 per cento dei sacerdoti e dei fedeli dell'arcidiocesi ha presentato per iscritto all'arcivescovo Thazhath la volontà di voler continuare con la Messa tradizionale.
Italia
XXIV Rapporto 2022 sulla scuola cattolica
Oltre 7.800 istituti con un totale di 542.080 alunni, tra i quali quasi 10mila con disabilità e quasi 40mila di cittadinanza non italiana. Sono i numeri del XXIV Rapporto sulla scuola cattolica in Italia, pubblicato come ogni anno a cura del Centro studi per la scuola cattolica (Cssc) della Conferenza episcopale italiana. Valutare per valorizzare è il titolo del rapporto uscito presso l’editrice Scholé in coincidenza con l’inizio del nuovo anno scolastico.
“A questa valutazione – scrive mons. Claudio Giuliodori, presidente della Commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università, nella presentazione del volume – sono legati i ricordi di tutti noi ex alunni, che siamo sicuramente passati attraverso l’esperienza di prove di verifica ed esami, che a loro volta sono stati fonte di ansia e di soddisfazione, di attese e di delusioni, perché la valutazione scolastica” è “anche e soprattutto un’esperienza emotiva, oltre che un fatto tecnico affidato alla competenza degli insegnanti”.
Tra le novità registrate dal volume c’è il ritorno del giudizio al posto del voto nella scuola primaria, la valutazione delle competenze, la valutazione della nuova educazione civica, le novità per gli esami di Stato. Perché, secondo i contributi raccolti dai diversi esperti, la valutazione deve valorizzare ogni alunno e non solo classificare e selezionare; più che funzione burocratico-amministrativa deve avere soprattutto funzione educativa. Ma permangono forme tradizionali di valutazione, con interrogazioni e compiti scritti che occupano la maggior parte del tempo (rispettivamente 67% e 47%), tuttavia è forte anche la presenza di prove strutturate e osservazione sistematica (oltre il 40%) e di esercitazioni e lavori di gruppo (intorno al 30%).
Cosa dicono gli studenti? Per quanto riguarda il vissuto personale, solo il 30% di studenti secondari riferisce di essere stressato dalle prove di valutazione, forse per via dell’ambiente disteso e accogliente delle scuole cattoliche in cui tre quarti dei genitori della primaria esprimono grande fiducia negli insegnanti approvandone incondizionatamente le valutazioni.
Con riferimento alle recenti novità, due terzi degli insegnanti primari approvano la sostituzione del voto con il giudizio verbale mentre i genitori si dividono esattamente a metà; nella secondaria invece la maggioranza rimane affezionata ai voti numerici e non intende cambiare. “Manca purtroppo la possibilità di confrontare questi risultati con le analoghe posizioni espresse dalle scuole statali”, è il commento dei curatori del Rapporto.
Il volume contiene anche una piccola raccolta di buone pratiche e suggerimenti metodologici che vanno dal ruolo strategico del metodo di studio all’applicazione del Sistema degli obiettivi fondamentali dell’educazione (Sofe), dalla sperimentazione di specifiche modalità valutative nella formazione professionale alla proposta finale di un decalogo per la valutazione. Ma la carta vincente rimane l’attenzione educativa propria delle scuole cattoliche, che si ripercuote positivamente anche sulle prassi valutative.
Come ogni anno, il Rapporto si conclude con l’appendice statistica che documenta le dimensioni del sistema di scuola cattolica in Italia, curata e commentata da Sergio Cicatelli, coordinatore scientifico del Cssc, che parla di “una lenta uscita dall’emergenza”. Rispetto ad anni recenti, in cui si era registrato un calo significativo e preoccupante, la linea di tendenza negativa sembra infatti aver rallentato il suo corso. I segnali di ripresa emersi già lo scorso anno e legati in parte all’emergenza della pandemia, trovano conferma: nell’anno scolastico 2021-22 le scuole cattoliche sono 7.829, solo 30 in meno rispetto all’anno precedente; gli alunni sono complessivamente 542.080, con un calo di 2.699 unità “che deriva però – si legge nel Rapporto – da una netta perdita nelle scuole primarie e dell’infanzia compensata da un aumento nelle secondarie, soprattutto di secondo grado.
Tra i punti di forza delle scuole cattoliche, l’abbondante disponibilità di spazi e la buona condizione delle strutture edilizie, insieme alla progressiva crescita di inclusività nei confronti degli alunni disabili e degli stranieri. Tra le criticità rimangono quelle economiche, cui si aggiunge il forte divario territoriale: le scuole del Nord (che da sole rappresentano quasi il 60% del totale) hanno fino al doppio di alunni delle sempre meno numerose scuole del Sud.
a cura di ANTONIO DALL’OSTO