Chiaro Mario
Le mani delle mafie sulla pandemia
2022/10, p. 28
Un Rapporto che tratteggia una fotografia davvero inquietante del grado dell’infezione mafiosa ai tempi del Covid. Il suo titolo è provocante: “La tempesta perfetta. Le mani della criminalità organizzata sulla pandemia”. Ricerca in cui convergono dati e analisi desunti dal lavoro compiuto dalle Forze dell’ordine nel loro complesso.

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INFEZIONE MAFIOSA IN ITALIA
Le mani delle mafie
sulla pandemia
Un Rapporto che tratteggia una fotografia davvero inquietante del grado dell’infezione mafiosa ai tempi del Covid. Il suo titolo è provocante: “La tempesta perfetta. Le mani della criminalità organizzata sulla pandemia”. Ricerca in cui convergono dati e analisi desunti dal lavoro compiuto dalle Forze dell’ordine nel loro complesso.
La pandemia ha innescato cambiamenti attesi e inattesi in ogni campo, compreso quello dei pericolosi fenomeni criminali. A ben vedere, la lezione del Covid-19 riguarda in particolar modo le disfunzioni della società (disoccupazione, lavoro nero, economie sommerse, attività illecita di gruppi mafiosi). Le mafie in particolare si mostrano e operano sempre in tempi di profonda crisi economico-sociale su due direttrici: in una stagione di aiuti economici, i fondi vengono depredati per sé o per altri (è la ‘mafia che aiuta’) oppure per rafforzare la propria posizione imprenditoriale (è la ‘mafia che si fa impresa’).
In questo contesto ricordiamo la lucida analisi in prospettiva globale di papa Francesco (Fratelli tutti n. 28): «la solitudine, le paure e l’insicurezza di tante persone, che si sentono abbandonate dal sistema fanno sì che si vada creando un terreno fertile per le mafie. Queste si impongono presentandosi come protettrici dei dimenticati, spesso mediante vari tipi di aiuti, mentre perseguono i loro interessi criminali. C’è una pedagogia tipicamente mafiosa che, con un falso spirito comunitario, crea legami di dipendenza e di subordinazione dai quali è molto difficile liberarsi».
Anche la storia delle mafie in Italia conferma queste affermazioni. Ricordiamo solo alcune vicende degli ultimi ottant’anni ancora vive nella memoria collettiva: il movimento indipendentista siciliano del dopoguerra, strumentalizzato da Cosa nostra per ricattare le nascenti istituzioni democratiche; il terremoto dell’Irpinia del 1980, che ha generato uno scontro violento all’interno della camorra per accaparrarsi gli appalti (Nuova camorra organizzata contro la Nuova famiglia); il terremoto dell’Emilia del 2012, che ha fatto emergere la presenza delle spietate cosche mafiose calabresi, spinte al decentramento degli interessi economici e alla forte infiltrazione nel tessuto imprenditoriale.
Infezione mafiosa
L’associazione Libera e la rivista La via libera hanno presentato un Rapporto che tratteggia una fotografia davvero inquietante del grado dell’infezione mafiosa ai tempi del Covid. Il suo titolo è provocante: “La tempesta perfetta. Le mani della criminalità organizzata sulla pandemia”. Si tratta di una ricerca in cui convergono dati e analisi desunti dal lavoro compiuto dalle Forze dell’ordine nel loro complesso (Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza), dalle relazioni istituzionali della Direzione investigativa antimafia (Dia), dalla Procura Nazionale e dalla Banca d’Italia con gli studi e i rapporti sul riciclaggio. Si può dire che l’infezione sanitaria del virus affianca l’infezione finanziaria mafiosa in molti e decisivi ambiti: il turismo e la ristorazione, il settore sanitario e la gestione dei rifiuti, gli appalti, l’energia, la grande finanza, le opere di ristrutturazione e di ampliamento delle residenze sanitarie per anziani.
L’emergenza in atto, inaspettata e di enormi proporzioni, sta determinando una crescita esponenziale dei profitti derivanti dal malaffare. Se la rapida diffusione del Coronavirus ha colto tutti impreparati, ciò non succede per le grandi organizzazioni criminali, che si rivelano capaci di rapido adattamento ai mutamenti economici e sociali. Dai dati raccolti emerge che nei primi dieci mesi del 2020 sono nate 55mila imprese in meno dell’anno precedente, mentre sono state aperte più imprese che svolgono attività finanziaria e assicurativa, tra le quali le agenzie di prestito su pegno e quelle che si occupano di prestiti personali al di fuori del sistema bancario. Nel contempo sono aumentate le ‘interdittive antimafia’, cioè quei provvedimenti che impediscono ad alcune società di operare nel settore pubblico, perché sospettate di aver legami con la criminalità organizzata. Gli aumenti maggiori di questi provvedimenti si registrano in Emilia Romagna, Campania, Sardegna, Molise e Toscana.
Variante criminalità
Come si evince dalle cifre, mentre emergono le mutazioni di questo specifico “virus” che sta infettando il tessuto economico-sociale del paese, ci troviamo di fronte alla “variante criminalità”. I suoi sintomi si presentano nei numeri di alcuni reati-spia, nelle interdittive che colpiscono le aziende, nelle frodi informatiche, nelle truffe sui ristori, sui bonus edilizi, sulle aziende in crisi e a rischio fallimento. Si tratta senz’altro di una variante subdola, che si innesta nel corpo sano attraverso dei prestanome. I clan, i colletti bianchi, gli imprenditori e i professionisti si sono compaginati tra loro, arrivando a trasformare in questo modo anche il concetto di «associazione criminale» che non conosce confini. Le nuove mafie sono imprenditoriali e flessibili; con il denaro e con la corruzione ottengono quello che prima ottenevano con la violenza e con le armi.
Giuseppe Zafarana, comandante generale della Guardia di Finanza, nell’audizione in Commissione antimafia del maggio 2021, ha confermato alcuni tratti del nuovo volto di questa inquietante “managerialità mafiosa”: «Dalle indagini emerge che le organizzazioni criminali ricorrono sempre più frequentemente ai reati di natura tributaria, non solo per evadere il fisco, ma anche per dare un’apparenza di legalità a flussi finanziari riconducibili alle estorsioni e ai traffici illeciti, come il narcotraffico e il contrabbando, nonché ad altri reati quali il riciclaggio, la corruzione, l’indebita percezione di finanziamenti nazionali ed europei e la bancarotta».
Non abbassare la guardia
Ha fatto scalpore l’episodio dell’imprenditore emiliano che in una conversazione intercettata ha detto spudoratamente che “il coronavirus ci ha portato bene, non so più dove andare ad aprire i conti correnti in giro per il mondo”! Luigi Ciotti, presidente di Libera, in questo contesto denuncia apertamente che purtroppo «la lotta alle mafie e alla corruzione è scomparsa dall’agenda politica». Proprio nell’anno in cui ricorre il trentennale di “mani pulite” e delle stragi mafiose di Capaci e di via D’Amelio, questi fenomeni criminali sono percepiti ormai come una ‘patologia nazionale’ cronica, per cui è meglio fingere che il problema non esista o sia meno grave di quel che sembra. «Meglio presentare una visione positiva del paese. Che deve crescere, svilupparsi e investire velocemente i 235mld dei fondi europei del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e altri finanziamenti collegati. Una visione in netto contrasto dagli allarmi che arrivano da più fonti autorevoli».
Dunque non è possibile abbassare la guardia, perché c’è il forte rischio che le organizzazioni criminali mettano le mani anche sui fondi europei per la ripresa economica: si tratta di quasi 209mld di euro spettanti all’Italia del Recovery Fund (circa il 28% dei 750 miliardi di euro previsti per gli stati membri dell’Unione europea). Per contestualizzare questo rischio, nel Rapporto viene presentato anche uno studio della Banca d'Italia che ha analizzato l’impatto dello shock generato dall’epidemia di Covid-19 sul fabbisogno di liquidità, la patrimonializzazione, la redditività e la struttura finanziaria di circa 730mila società di capitali italiane (registrano un 87% del fatturato complessivo). Se le misure di sostegno previste dal Governo hanno permesso a 42mila imprese di fronteggiare una crisi di liquidità, ce ne sono altre 100mila ancora in difficoltà per colpa del Covid-19. Il fabbisogno di liquidità di queste imprese in situazioni veramente difficili ammonterebbe a circa 33mld di euro. C’è da farsi una domanda: quante di queste imprese ritorneranno sul mercato, salvate da una liquidità ‘sporca’ che necessita di essere riciclata?
Andando più a fondo, secondo il presidente di Libera, «le conseguenze della pandemia rischiano di produrre danni permanenti e strutturali se non sarà realizzato quel cambiamento di paradigma politico-economico a cui sempre il Papa ci richiama con forza, nella consapevolezza che quello che ci governa – e dal quale ci lasciamo governare – è un “sistema ingiusto alla radice”. Impegno a cui anche questo Rapporto ci richiama con forza. Colpisce infatti, tra i molti aspetti denunciati, il rischio di una progressiva assuefazione e, quindi, normalizzazione del fenomeno criminale mafioso e di tutte le storture che lo alimentano. Rischio tanto maggiore in quanto le mafie hanno adottato da tempo una strategia di basso profilo, privilegiando il crimine informatico, la corruzione e tutta una serie di reati collaterali, con la capacità di garantire enormi profitti senza quasi destare allarme sociale. Conoscenza, corresponsabilità e, quindi, impegno. Ingredienti necessari per contrastare mafie e altri parassiti del bene comune, ingredienti che più che mai oggi, nella crisi epocale determinata dal Covid, devono ispirare le nostre azioni, affinché dalla crisi scaturisca una svolta».
Occorre dunque che il processo di crescita della consapevolezza pubblica proceda di pari passo con le realizzazioni infrastrutturali. Solo un reale coinvolgimento civico può finalizzare gli interventi alla tutela degli interessi collettivi e garantire così la ripresa dell’Italia. Il ruolo della cittadinanza attiva, prevista dalla legge anticorruzione 190/2012, viene spesso richiamata quando si parla di PNRR. Purtroppo gli strumenti di progettazione condivisa, capace di valorizzare una lettura dei bisogni dal basso, sono stati marginali nelle fasi di ideazione e programmazione, dominati dall’urgenza. Oggi è tempo di recuperare il valore del potenziale contributo della società civile, introducendo “forme di monitoraggio civico” nella fase di realizzazione delle opere.
Libera è impegnata da molti anni proprio nella costruzione di ‘comunità monitoranti’, che in questo momento possono svolgere il proprio ruolo di vedette civiche, segnalando condotte e percorsi non trasparenti dei processi decisionali. Proprio questo è il senso per esempio del consorzio Libenter, nato da una sinergia tra l’Università cattolica del Sacro Cuore, la Fondazione Etica e Libera, con il supporto anche dal CNEL. Il Pnnr non deve diventare la grande occasione per le mafie. È più che mai necessario unire forze e competenze per proteggere i fondi europei dalle mire delle cosche, parassiti sociali favoriti da quelle forme virali che stanno sempre più infettando la democrazia: complicità, disuguaglianze, divisioni.
MARIO CHIARO