La Mela Maria Cecilia
Alla scuola della storia
2022/10, p. 20
L’adagio che «la storia è maestra di vita» possiamo ben parafrasarlo anche a riguardo del tema che stiamo sviluppando in questa rubrica affermando indubbiamente che essa è per il cristiano anche scuola di preghiera. Innanzitutto partendo dalla convinzione che tutto ciò che è accaduto, accade e accadrà non è altro che lo snodarsi nel tempo e nello spazio della storia salvifica che raggiunge, riscatta e redime continuamente l’uomo e tutta la creazione.

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Alla scuola della storia
L’adagio che «la storia è maestra di vita» possiamo ben parafrasarlo anche a riguardo del tema che stiamo sviluppando in questa rubrica affermando indubbiamente che essa è per il cristiano anche scuola di preghiera. Innanzitutto partendo dalla convinzione che tutto ciò che è accaduto, accade e accadrà non è altro che lo snodarsi nel tempo e nello spazio della storia salvifica che raggiunge, riscatta e redime continuamente l’uomo e tutta la creazione.
Così afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 450: «Fin dall’inizio della storia cristiana, l’affermazione della signoria di Gesù sul mondo e sulla storia comporta anche il riconoscimento che l’uomo non deve sottomettere la propria libertà personale, in modo assoluto, ad alcun potere terreno, ma soltanto a Dio Padre e al Signore Gesù Cristo». E citando il n. 10 della Gaudium et spes conclude: «La Chiesa crede […] di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana». Ecco perché, come afferma papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti, «una perdita del senso della storia provoca ulteriore disgregazione» (n. 13).
Dio si manifesta come Signore della storia
Accettare ogni passaggio, sia luminoso che oscuro, della storia collettiva e di quella propria personale, apre il credente al riconoscimento dell’opera della Grazia alla quale non può non corrispondere una preghiera che è prima di tutto fare memoria del mistero salvifico che è il contenuto del nostro credo. Ci si permetta di ricordare in proposito il nostro defunto cappellano mons. Gaetano Zito (1954–2019), storico e archivista catanese di fama internazionale. La formazione di storico della Chiesa era imprescindibile dal suo stesso carisma di perspicace lettore della Sacra Scrittura che lo rendeva esperto nell’interpretazione dei fatti, degli eventi della vita, attento alla realtà concreta e capace di non fermarsi alla superficie ma di andare nel profondo per coglierne il significato recondito, perché è lì che Dio si manifesta come Signore della storia, chiave interpretativa dell’esistenza. L’attitudine a fare della ricostruzione storica una continua riflessione storiografica alla luce dell’evento pasquale che ha segnato la nostra storia di redenti, così faceva dire a mons. Zito in una omelia per la domenica di Cristo Re: «La solennità di Cristo Re ci fa chiudere questo anno liturgico durante il quale abbiamo celebrato il mistero centrale della nostra salvezza nella passione, morte e resurrezione del Signore Gesù, centro di tutto l’anno liturgico, cuore da cui ripartono tutte le celebrazioni quotidiane, festive, settimanali che la Chiesa vive nell’arco dell’anno. C’è un giorno in cui, come è proclamato nel brano evangelico, il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria. Questa è una certezza che accompagna la storia dell’umanità e sostiene la nostra fede: la certezza che la nostra storia, che tutti gli avvenimenti della vita dell’umanità tendono verso la venuta del Signore Gesù nella sua gloria.
Il Signore Gesù ha già manifestato pienamente la Sua gloria il giorno della sua risurrezione e questa sua gloria è partita dal momento in cui è stato innalzato sul trono della croce. Da quel momento noi sappiamo con certezza che tutto ormai va incontro a Lui e Lui viene incontro a noi. Questa certezza ci accompagna e accompagna la nostra esperienza di fede con quel sostegno che ci viene proprio dalla garanzia che la nostra vita, le nostre attività, il nostro esistere nel tempo e nella storia di breve o lunga durata che sia, e qualsiasi sia il luogo in cui si snoda la nostra vita, tutto ciò è impregnato dalla presenza del Signore che si manifesterà pienamente alla fine dei tempi. Il nostro vivere non si orienta verso la fine di tutto ma verso la partecipazione alla gloria di Dio».
Tutto questo porta a riconoscere le orme dell’agire di Dio nella quotidianità che bussa in vari modi alla porta di ogni esistenza, che pone segni nel nostro cammino. La preghiera, liturgica e personale, ci aiuta a riconoscere tali modi e tali segni. Anche quando si manifestano nella sofferenza. Ci piace citare la bella preghiera che il Manzoni mette in bocca a fra’ Cristoforo nel congedarsi dai suoi avversati parrocchiani, Renzo, Lucia e Agnese, in procinto di lasciare il loro paese e le loro sicurezze per fuggire alle diaboliche macchinazioni di don Rodrigo. Sono parole di un romanzo “religioso” che continua a consegnarci quella lettura provvidenziale della storia che tanto ci incoraggia: «Prima che partiate, preghiamo tutti insieme il Signore, perché sia con voi, in codesto viaggio, e sempre; e sopra tutto vi dia forza, vi dia amore di volere ciò ch’Egli ha voluto […]. Noi vi preghiamo ancora per quel poveretto che ci ha condotti a questo passo. Noi saremmo indegni della vostra misericordia se non ve la chiedessimo di cuore per lui: ne ha tanto bisogno! Noi, nella nostra tribolazione, abbiamo questo conforto, che noi siamo nella strada dove ci avete messi Voi: possiamo offrirvi i nostri guai; e diventano un guadagno».
Ogni giorno il Signore ci parla
e compie i prodigi del suo amore
Ogni momento si dovrebbe vivere immersi nella contemplazione del miracolo avvenuto e che sempre si rinnova nella nostra quotidianità. È l’invito del salmo 95: «Ascoltate oggi la sua voce, non indurite il cuore». L’oggi è ciò che siamo chiamati a vivere. Nel Padre nostro non chiediamo propriamente: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano»? La celebrazione eucaristica e delle ore ci aiuta a pregare e vivere in questa prospettiva riportando nell’oggi il mistero pasquale già compiuto nella dimensione di una perenne attualità. Oggi il Signore ci parla, oggi compie per noi i prodigi del suo amore. Ecco perché le antifone al Magnificat dei secondi vespri delle solennità legate al mistero dell’Incarnazione – e quindi anche quelle mariane dell’Immacolata concezione e dell’Assunzione – e della Redenzione iniziano con la parola «oggi», perché è oggi che l’opera salvifica del Signore ci affranca dal peccato e dalla morte.
Anche questo è tempo di grazia
In un tempo, quello odierno, segnato da pandemie, guerre, sconvolgimenti climatici e altro ancora, siamo chiamati ad esserne i testimoni, oltre che i protagonisti: come protagonisti a viverlo ugualmente come tempo della grazia (perché così è nonostante il buio e la trepidazione), come testimoni a raccontare pure l’umanissima paura, ma più di tutto l’accresciuta fede e la riscoperta, in tanti, di un rapporto più autentico con il Signore.
E per questa nostra storia dobbiamo pregare senza stancarci, perché sempre e ovunque trionfi il progetto di bene voluto da Dio per il mondo e per tutti gli «uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione» (Ap 5,9). Lo chiediamo per intercessione della Vergine Maria, esperta nell’accettare magnificando la propria piccola storia inscritta in quella universale del suo tempo e di ogni tempo con quella saggezza che, anche nei momenti incomprensibili, la portava a custodire ogni cosa nel cuore (Lc 2,20).
SUOR MARIA CECILIA LA MELA OSBAP