Pastorale sinodale delle "Aree interne" dell'Italia
2022/10, p. 5
Oltre 30 pastori di 12 Regioni, si sono riuniti a Benevento (30-31 agosto 2022), rispondendo a una espressa richiesta di papa Francesco, che ha rilanciato
la necessità di riflettere ancora sulle “Aree interne”, cioè quelle a maggior rischio spopolamento nel paese.
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Pastorale sinodale delle “Aree interne” dell’Italia
Oltre 30 pastori di 12 Regioni, si sono riuniti a Benevento (30-31 agosto 2022), rispondendo a una espressa richiesta di papa Francesco, che ha rilanciato la necessità di riflettere ancora sulle “Aree interne”, cioè quelle a maggior rischio spopolamento nel paese. Il percorso su questo tema è partito nel 2019 quando i vescovi firmarono un documento provocatorio intitolato “Mezzanotte del Mezzogiorno? Lettera agli amministratori”. L’obiettivo del nuovo convenire è quello di continuare a elaborare una pastorale specifica per questi territori che oggi pagano i maggiori costi della ‘metropolizzazione’. Mons. Accrocca, vescovo di Benevento, ha denunciato che «quando si registra l’abbandono di una parte del territorio è la nazione intera a subirne detrimento, perché un territorio non presidiato dall’uomo sarà sottoposto a una pressione maggiore delle forze della natura, con il rischio di nuovi e accresciuti disastri ambientali, e non si potrà evitare la perdita di parte di quell’immenso patrimonio artistico-architettonico che fa dell’Italia intera un museo a cielo aperto».
Strategia nazionale per le Aree interne
Ricordiamo che dal 2012 si è cominciato a costruire una “Strategia nazionale per le Aree interne” a partire dall’impiego dei fondi strutturali europei. Emergono numeri emblematici: le aree lontane dai poli di servizio essenziale rappresentano il 60% del territorio italiano, il 52% dei comuni e il 22% della popolazione. I terremoti che si sono succeduti dal 2016 hanno evidenziato la necessità di investimenti per la ricostruzione, ma anche per avere accesso ai borghi d’Italia che hanno grande valore per tutta la nazione. Secondo una recente classificazione, i Comuni che sono lontani da centri che dispongono di adeguati servizi scolastici, sanitari e ferroviari, sono quasi 4mila, cioè la metà dei comuni italiani, e ospitano una popolazione di oltre 13 mln di abitanti.
Conversione pastorale dei vescovi e del clero
Il Pontefice ha mandato due Messaggi, manifestando così la sua sollecitudine. In quello destinato in particolare ai vescovi, ha chiesto che di fronte alle difficoltà dei loro territori si sentano chiamati ad aiutare i sacerdoti, i consacrati e i fedeli laici che più da vicino condividono la comune missione ad essere lievito nella pasta del mondo. In questo senso si comprende che la pastorale delle ‘Aree interne’ può davvero essere uno stimolo a ripensare i modelli comunitari e a far crescere le comunità stesse innescando un processo sinodale. Così mons. Accrocca ha potuto affermare che «serve una conversione pastorale dell’episcopato e del clero per lavorare in sinergia». Tale conversione è auspicata anche dal Pontefice che – con un Messaggio diretto personalmente al vescovo di Benevento – ha indicato ai vescovi lo stile da seguire con audacia: «Non stancatevi di testimoniare alle persone affidate alla vostra cura episcopale l’amore che sperimentate nell'incontro con Gesù. Abbiate uno sguardo preferenziale alle situazioni più disagevoli e a quanti vivono in condizioni precarie. Siate presenza consolante soprattutto dove maggiore è il disagio, coinvolgendo i sacerdoti, le persone consacrate e i fedeli laici nei vostri progetti pastorali. É necessario che le parrocchie e tutte le realtà ecclesiali diventino sempre più palestre di vita cristiana, scuole di servizio al prossimo, specialmente ai bisognosi, che attendono concreti gesti di solidarietà».
Con il suo contributo mons. Castellucci, vice presidente CEI, ha aiutato a rileggere le vicende delle piccole comunità su come, durante i secoli, hanno saputo assumere forme diverse a motivo delle diverse conformazioni dei territori, per una pastorale più vicina alla gente. Egli ha anche prospettato criteri per ripensare i territori oggi: «mettere “in rete” tra di loro comunità piccole e sparse su territori vasti (comprese le strutture pastorali), iniziando dai bambini e dai giovani; cercando di individuare qualche disponibilità (carisma, ministero) per costituire dei referenti parrocchiali che non chiudano a riccio la comunità, ma la mantengano aperta alle altre comunità vicine; tentando, in qualche luogo, anche dei “gemellaggi” tra comunità parrocchiali cittadine e piccole comunità rurali (il che va a beneficio anche delle prime). Il Sinodo rappresenta, anche a questo proposito, un’occasione da non perdere». Il presidente della CEI, il cardinale Zuppi, ha definito le aree marginali come «un laboratorio per tutta la Chiesa italiana»; occorre puntare sulla qualità delle relazioni, perché «la grande ricchezza delle aree interne è la comunità, i campanili possono diventare antenne ed è di questo che c’è estremo bisogno». La dichiarazione finale dei vescovi su queste zone depresse ha il sapore di una promessa: «Non ci rassegniamo ad accompagnarle alla fine, in una sorta di accanimento terapeutico, ma vogliamo costituirci baluardo, forza per difenderle, dando vita a reti solidali capaci di attivare sinergie. Chiediamo alla politica interventi seri, concreti, intelligenti, ispirati da una progettualità prospettica, non viziata da angusti interessi o tornaconti elettorali: in tal senso, qualora entrasse in vigore l’autonomia differenziata, ciò non farebbe altro che accrescere le diseguaglianze nel paese; come comunità cristiana vogliamo crescere nella consapevolezza e nella partecipazione».
MARIO CHIARO