TSCHERRING EMIL PAUL
Cosa ci insegna la pandemia?
2022/1, p. 2
Vi state ponendo la domanda di come dare forma al nuovo che sta accadendo. Mi sembra che la pandemia ci insegni anzitutto che siamo mortali. Eravamo sicuri di essere immuni e certi che il progresso della medicina e delle scoperte tecnologiche ci avrebbe resi invulnerabili. Questa situazione ci interroga sul senso della vita che non può essere né quello di mantenere ciò che è superfluo, né di cercare di assicurare la sopravvivenza di ciò che rimane, ma rimettere Dio al centro della nostra vita e dei nostri piani, ritornare all’antico «quaerere Deum» e il suo Regno come ultimo proposito della nostra esistenza.

Accedi alla tua area riservata per visualizzare i contenuti.

Questo contenuto è riservato agli abbonati a
Testimoni
.
Cosa ci insegna la pandemia?
Vi state ponendo la domanda di come dare forma al nuovo che sta accadendo. Mi sembra che la pandemia ci insegni anzitutto che siamo mortali. Eravamo sicuri di essere immuni e certi che il progresso della medicina e delle scoperte tecnologiche ci avrebbe resi invulnerabili. Questa situazione ci interroga sul senso della vita che non può essere né quello di mantenere ciò che è superfluo, né di cercare di assicurare la sopravvivenza di ciò che rimane, ma rimettere Dio al centro della nostra vita e dei nostri piani, ritornare all'antico «quaerere Deum» e il suo Regno come ultimo proposito della nostra esistenza. È quanto gli ultimi Pontefici, e in particolare papa Francesco, hanno proposto come primo passo per dare forma ad un nuovo inizio.
La seconda esperienza che la pandemia ci consegna è la solitudine causata anzitutto dell'interruzione drastica delle relazioni interpersonali e comunitarie. Le ordinanze sanitarie ci hanno fatto scoprire la fragilità dei nostri metodi pastorali basati soprattutto sulla cura di quanti partecipano regolarmente alla celebrazione eucaristica o alla vita parrocchiale o dei gruppi. Forzati dalle condizioni pandemiche, i fedeli si sono ridotti a pochi. Il cosiddetto “nuovo mondo che viene” richiederà profondi cambiamenti dalle nostre strutture pastorali per garantire la trasmissione della fede alle prossime generazioni. Senza una vera e propria “uscita”, chiesta con urgenza da papa Francesco, tutto ciò non sarà possibile.
Ma la crisi delle relazioni si è manifestata pure nell'ambito delle nostre opere caritatevoli e sociali. Presso le nostre scuole, ospedali, fondazioni ed imprese sociali si sono creati enormi carenze di risorse non solamente per la mancanza di entrate, ma anche per un mutato atteggiamento da parte degli assistiti. Alcune strutture meravigliose e tanto necessarie rischiano pertanto la crisi se non addirittura la chiusura. Il nuovo che sta accadendo è una grande sfida per cambiare e rinnovare le relazioni tra Ordini e Congregazioni per un cammino comune, cioè per instaurare e avviare il sinodo anche nella vostra realtà di vita consacrata. Mentre nella società in cui viviamo imprese pubbliche e private stanno cercando di condividere risorse, acquisizioni, spese ordinarie e personale, tra gli ospedali e cliniche cattolici — per menzionare un esempio — questo sembra tuttora un sogno impossibile.
Da soli non ce la faremo; uniti non saremo soltanto un segno per il mondo, ma potremo anche avere spazio nelle trattative con le amministrazioni pubbliche. Siamo chiamati ad operare in una società che ha fatto del mercato il suo modello. Spetta a noi di dimostrare, con la nostra vita di consacrati ed attraverso le opere caritatevoli e sociali che abbiamo ricevuto in eredità dai nostri padri, che una nuova economia è possibile rispettando la giusta misura tra guadagno e servizio al prossimo. E il nostro prossimo, soprattutto i più fragili ed emarginati riceveranno un valore aggregato se ci sentiamo Chiesa e, nel rispetto del carisma di ciascuno, cerchiamo la condivisione dei mezzi e delle risorse. In tal modo l'inesorabile trasformazione in corso non ci troverà impreparati ed in balia del mercato, ma capaci di salvare i sacrifici di generazioni con il frutto di una fraterna vita rinnovata, aperta e generosa.
MONS. EMIL PAUL TSCHERRING
NUNZIO APOSTOLICO IN ITALIA