Ciardi Fabio - Matté Marcello
Che cosa mi darai? - Preghiera della merla
2022/1, p. 38
Penso al grido di Abramo ogni volta che vedo persone sole. Penso a quanti hanno visto il fallimento della propria famiglia e con quello il loro personale fallimento; a chi è attraversato dal dolore, dalla perdita di persone amate; a chi non riesce nella vita; a chi si sente insicuro, conosce il dubbio, è fragile, nell’oscurità...

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VOCE DELLO SPIRITO
Che cosa mi darai?
Penso al grido di Abramo ogni volta che vedo persone sole. Penso a quanti hanno visto il fallimento della propria famiglia e con quello il loro personale fallimento; a chi è attraversato dal dolore, dalla perdita di persone amate; a chi non riesce nella vita; a chi si sente insicuro, conosce il dubbio, è fragile, nell'oscurità... Abramo non è il solo a chiedere a Dio «Che cosa mi darai?». Tanti di noi l'accompagnano. «Fino a quando, Signore, continuerai a dimenticarmi? — gridava Davide in un suo salmo — Fino a quando mi nasconderai il tuo volto? Fino a quando nell'anima mia addenserò pensieri, tristezza nel mio cuore tutto il giorno? (...) Guarda, rispondimi, Signore, mio Dio» (Sal 13, 2-4). Dio promette, ma quando adempie la sua promessa? Non si sa quando, non si sa come. Tutto sembra contraddire la sua parola. «Abramo, Abramo». Finalmente udì la voce di Dio. «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle», disse Dio ad Abramo, e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza» (Gen 15, 5). Era una promessa! Per accoglierla Abramo dovette guardare in alto. Solo dall'alto viene la parola della promessa. Abramo credette, «nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli» (Rm 4, 18). È l'uomo della speranza, nostro padre nella fede. Siamo eredi della speranza.
FABIO CIARDI
da Dio si compromette
Città Nuova, Roma 2021
Preghiera della merla
Sono giorni di freddo e gelo.
La neve ammanta la terra.
A proteggere la vita che dorme coperta.
Ritroverà la primavera.
Tornerà a fluire tiepida.
Ma quanto è lontana da me la primavera!
Sono, i miei, giorni di freddo e gelo.
La neve nasconde il cibo al mio becco.
Non ho di che nutrire i giorni
che mi separano dalla primavera.
Non ho di che alimentare, oggi,
la mia speranza.
Vedo solo una vasta distesa di neve
e non la vita che vi dorme protetta.
Sento solo il freddo e il gelo.
Ho paura per la mia vita.
Sembra che tu, o mio Creatore,
in questi giorni,
ti stia prendendo cura del mondo intero
ma non di me.
Ma non abbandono la mia fiducia in te,
che nutri gli uccelli del cielo
e vesti i gigli del campo.
O mio Creatore, o nostro Creatore,
accendi compassione nei figli degli uomini,
perché il tepore dei loro cuori
riscaldi l’inverno di là dalle finestre
dietro le quali si prendono cura
dei loro cuccioli
e lascino cadere qualche briciola
dalle loro tavole.
E nella loro compassione per noi,
piccole creature ignorate
negli stenti del freddo,
io possa trovare cibo fino alla primavera.
Sono certa che verrà. Anche per me.
MARCELLO MATTÉ