Antoniazzi Elsa
Che cos’ è l’uomo?
2022/1, p. 29
La Pontificia Commissione biblica ha proposto un documento che ha come titolo “Che cos’è l’uomo?” e che propone un “itinerario di antropologia biblica”.

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Testimoni
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DOCUMENTO DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA
Che cos’ è l’uomo?
La Pontificia Commissione biblica ha proposto un documento che ha come titolo “Che cos’è l’uomo?” e che propone un “itinerario di antropologia biblica”.
Che cos’è l’uomo? è una domanda che da sempre l’essere umano si è posta e con un po’ di generalizzazione possiamo certo dire che cercando la risposta, si è sviluppata la riflessione umana. E oggi nuove frontiere delle scienze, come le riflessioni intorno al genere, ripropongono la domanda.
Per quest’ultimo aspetto il dibattito medio è abbastanza confuso e ideologico. Forse la fretta di tradurre tutto immediatamente in legislazione fa proliferare scontri sociali, di cui oggi non sentiamo certo il bisogno e che impediscono una riflessione che articoli i diversi livelli del discorso.
Sul fronte ecclesiale strettamente inteso, poi, l’attenzione di papa Francesco ai percorsi personali, che diventano parte integrante delle norme ecclesiastiche, come le cosiddette aperture dell’Amoris laetitia, suscitano in alcuni il timore che si stia stravolgendo la visione cattolica della persona. E ancora ci ritroviamo in animosità nei confronti del Papa, che raggiungono livelli disorientanti.
In questo contesto la Pontificia Commissione biblica ha proposto un documento che ha come titolo la domanda inziale e che propone un “itinerario di antropologia biblica”.
Un documento che purtroppo è passato in sordina, su cui, invece, sembra importante sostare e che potrebbe essere utile sia in sede di insegnamento della religione, sia per la catechesi e formazione.
La mole del documento non aiuta. Al posto del solito fascicoletto cui siamo abituati per i documenti ecclesiali, pur qualche volta corposi, questa volta è un vero e proprio libro di circa 300 pagine.
Del resto non poteva che essere così per un testo che si propone di «essere un’interpretazione fedele dell’intera Scrittura riguardo al tema antropologico». Proposito che sembra quasi pretenzioso.
Riflettere sull’essere umano
L’impostazione grafica che differenza la linea fondamentale della riflessione rispetto agli approfondimenti su qualche tema specifico aiuta, ma non abbrevia il testo. Sarebbe sin troppo facile avviare la lamentazione per questo aspetto visto che oggi non si legge, almeno in Italia, e l’attenzione è scarsa. Eppure proprio le perplessità che il testo suscita fanno sorgere il dubbio: si sarebbe potuto esporre la visione dell’essere umano, percorrendo tutta la Scrittura con un’edizione più breve? Tutto è possibile, ma se vogliamo approfondire, dobbiamo lasciare i discorsi e gli scritti a misura di post e chinarci sulla complessità, la ricchezza dell’essere umano, del suo essere in relazione, nella storia, secondo le scansioni del documento. Diventa una scelta di stile, un’indicazione: sui grandi temi non si può essere veloci.
La Scrittura evidentemente offre itinerari e percorsi necessari per comprendere le coordinate offerte dalla visione di fede, ma anche necessarie per confrontarsi e dialogare con posizioni diverse. I discorsi antropologici contemporanei giustamente ci lasciano perplessi, suscitano molte domande, ma forse le reazioni tutto sommato violente di alcuni fedeli nascono dal non saper bene come rispondere.
Si è dismessa da tempo una pastorale che faccia riflettere e il documento offre un prezioso strumento per farlo e, per altro, esso affronta l’orizzonte fondamentale, quello biblico. Tutta la riflessione teologica non può che muoversi in esso e con il suo stile.
Nello scorrere il documento, scritto in modo piano, quasi facile, si comprende bene come la Scrittura viva di una sua dinamica, e non sia una collezione di affermazioni neppure sull’essere umano. E questa storia del testo fa capire come sia necessaria tutta la Scrittura per delineare l’orizzonte entro cui muovere le riflessioni.
Fa comprendere anche che nella Bibbia non è detto tutto, e che tutto ciò che viene detto è espresso con gli strumenti della cultura del tempo. Alcuni aspetti suscitano facilmente la nostra reazione, pensiamo al rapporto uomo donna nell’Antico Testamento con il marito/ padrone; altre meno, perché più compatibili con la nostra cultura. In ogni caso è importante seguire lo sviluppo, perché Dio ha corso il rischio di farsi raccontare attraverso un lungo tratto di storia umana.
Il documento non è un puro esercizio di esegesi ma ha ben presenti gli aspetti che ancora oggi ci fanno porre la domanda: cos’è l’uomo. Negli approfondimenti potremmo dire che mostra lo stile con cui rispondere, ben sapendo che ai tempi dell’Antico e del Nuovo Testamento di alcune problematiche contemporanee proprio non c’era traccia e sarebbe impossibile cercare un detto della rivelazione.
Non c’è lettura e neppure lettura biblica che possa non considerare il punto di vista del lettore. Per questo ci sono passaggi che affrontano fino in fondo questioni poste dalla contemporaneità. Così per esempio riguardo al tema dell’omosessualità. Se il documento ribadisce la distinzione tra le inclinazioni personali e l’esercizio della sessualità, tuttavia ricorda la necessità di «un’intelligente interpretazione che salvaguardi i valori che il testo sacro vuole promuovere, evitando di ripetere alla lettera ciò che porta con sé anche tratti culturali» (p. 170).
Un cammino nel tempo
Come attenzione alla contemporaneità ci sembra di dover segnalare anche le pagine dedicate agli animali. In esse l’excursus biblico non teme l’immaginario biblico della bestia semplicemente sfruttata, ma con altrettanta sincerità segnala le diversità. Oggi il rifiuto del sacrificio animale è motivato dal rispetto per quest’ultimo. Invece, prosegue il testo, «la tradizione biblica, pur esprimendo rispetto per gli animali, per quanto riguarda i sacrifici si muove in una diversa direzione» ( p. 123)
In ogni caso il testo suggerisce come la Bibbia non sia un prontuario da impiegare a forza di citazioni. È un itinerario, richiede cioè un movimento che apre alla riflessione teologica contemporanea. Essa dovrà prendersi il rischio di dire le cose che in un determinato tempo storico possono aiutare la Chiesa a essere fedele al suo Signore. La teologia è cambiata e cambierà, anche sull’essere umano. Si tratta sempre di riprendere la Scrittura. E, inoltre, le Encicliche di papa Francesco ci aiutano a ritrovare una teologia che è dialogo con il proprio interlocutore.
Per chi ha frequentato qualche corso biblico questa non è una gran novità. La pubblicazione di un documento del genere segnala la preoccupazione che le comunità ecclesiali vivano di sintesi senza ripercorrere in prima persona il cammino. Un po’ come succede con gli appunti di scuola: gli appunti di un altro ti servono se un po’ sai di cosa si sta parlando, altrimenti ripeti frasi che non aiutano a rispondere se la domanda esce dallo schema.
Pure sul fronte strettamente biblico si potrebbe avere la sensazione che scrivere un documento offrendo un’interpretazione biblica potrebbe costituire un blocco per la ricerca biblica.
Il tono complessivo del documento, invece, non dà questa sensazione e non si ripropone come ultima parola. Ancora una volta, al contrario, siamo di fronte alla consapevolezza della poca conoscenza biblica e del metodo di lettura. L’autorità del redattore potrebbe aiutare a superare certi fondamentalismi che temono ogni specie di interpretazione. La Pontifica Commissione Biblica ci fa capire che l’interpretazione è necessaria, e c’è, anche quando la neghiamo.
È quasi inevitabile che con un compito così arduo qualche elemento sfugga al controllo del redattore.
L’uomo e la Legge
Abbiamo riscontrato qualche espressione rischiosa nei confronti del popolo ebraico, ma soprattutto che poco illumina la continuità tra Antico e Nuovo Testamento. Un esempio potrebbe essere l’avvio della riflessione sulla Legge. Un’indagine rispettosa del suo significato per il popolo ebraico, e nell’economia veterotestamentaria. Forse un po’ veloce nell’indicare la possibilità di sostituire altre espressioni «di ordine simbolico» per esprimere la fedeltà al Signore e l’amore al fratello (p. 253). Un documento pontificio si rivolge ai cristiani, ma il pericolo di considerare l’Antico Testamento come anticipazione sorpassata del nuovo, con le derive antigiudaiche, è ancora troppo presente per non fare lo sforzo di trovare espressioni che rispettino il sentire ebraico.
E infine, benché metta a tema Gesù e le donne, e all’interno di alcuni paragrafi segnali la necessità di una lettura avvertita per non far ricadere sulla donna pesanti fardelli (vedi matrimonio) si ha l’impressione che alcuni guadagni dell’esegesi femminista siano ancora tutti da recepire.
Il solo fatto che dal titolo alla fine si impieghi il vocabolo “uomo” per dire di uomini e donne non si usa persona o essere umano, per esempio, è un po’ faticoso.
La questione non è solo di linguaggio. Impiegare sempre il maschile, sottintendendo le donne, ancora una volta mostra come con lentezza sia recepita l’esegesi di genere. Esegesi femminista, ma anche esegesi attenta a indagare il modello maschile che i testi biblici veicolano, e quello che, invece, traspare dalla Rivelazione. Queste riflessioni sono considerate aggiuntive e per questo secondarie in ordine alla comprensione della Rivelazione. Approfondire, al contrario, aiuterebbe approfondimenti testuali capaci di interloquire con gli aspetti più specifici della vita degli uomini e delle donne.
Considerazioni che lo stesso testo autorizza visto che nella conclusione più volte ribadisce quanto la l’antropologia offerta dalla Scrittura sia sempre da approfondire, come lo sia l’aiuto che essa può darci per vivere nell’oggi, consapevoli del senso di cui le donne e gli uomini sono portatori.
«In maniera più esplicita, lo sforzo dispiegato nei capitoli del nostro testo, è stato quello di mostrare la straordinaria ricchezza della rivelazione, fatta di tonalità, contrasti, sviluppi e suggestioni che solo un ingenuo può ritenere di avere assimilato». (p. 325).
Non è solo per meglio intendere la Scrittura, ma per intendere meglio noi stessi e sorelle e fratelli, con lo sguardo della Rivelazione.
«Ma soprattutto il nostro tracciato, poliedrico e mobile, paragonabile alla fiammella dello Spirito, intende mostrare che la verità dell’uomo in realtà non è “visibile”». Non perché la dimensione interiore non può essere percepita; «ma più radicalmente perché ciò che l’uomo è, non è adeguatamente rappresentato neppure da un’accuratissima descrizione della sua parabola storica» (p. 326). Ogni essere umano inizia da un misterioso comporsi di cellule, e il testo suggerisce che questo sia «figura» della presenza della realtà creatrice presente in ogni essere umano, pur nelle sue peripezie di vita.
ELSA ANTONIAZZI