Spezzati Nicla
È ormai tempo di svegliarvi dal sonno
2021/7, p. 3
Siamo chiamati a scrollarci di dosso “la paralisi della normalità”. Suona ancora l’invito alla necessità di nuova discretio nell’accostare la mutazione antropologica e socio-culturale dell’era delle grandi incertezze, senza spegnere l’incanto originario e il suo sapore di Vangelo.

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Testimoni
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VITA CONSACRATA DAL CONCILIO AL TERZO MILLENNIO
È ormai tempo
di svegliarvi dal sonno
Siamo chiamati a scrollarci di dosso “la paralisi della normalità”. Suona ancora l’invito alla necessità di nuova discretio nell’accostare la mutazione antropologica e socio-culturale dell’era delle grandi incertezze, senza spegnere l’incanto originario e il suo sapore di Vangelo.
Il testo degli Orientamenti è legato ad un vasto registro di pensiero, di spazi laboratoriali, di adunanze autorevoli, voci che coralmente, nel tempo, hanno inteso riproporre la domanda sul senso della vocazione identitaria alla vita consacrata nella Chiesa.
In questo orizzonte il testo rivisita accuratamente il Magistero pontificio ed ecclesiale che ha accompagnato la vita consacrata dal Concilio Vaticano II, introducendola nel Terzo millennio; cito, per non partire da lontano: di Giovanni Paolo II, l’Esortazione Apostolica post-sinodale Vita Consecrata (1996); la Lettera apostolica Novo millennio ineunte (2001); di Francesco, l’Esortazione Apostolica Gaudete et exsultate (2018), l’Esortazione Apostolica post-sinodale Christus vivit; della CIVCSVA, le Istruzioni Potissimum Institutioni. Direttive sulla formazione negli Istituti religiosi (1990); La vita fraterna in comunità. Congregavit non in unum Christi amor (1994); Ripartire da Cristo. Un rinnovato impegno della vita consacrata nel Terzo Millennio (2002); Il servizio dell’autorità e l’obbedienza. Faciem tuam, Domine, requiram (2008); gli Orientamenti Per vino nuovo otri nuovi. Dal Concilio Vaticano II la vita consacrata e le sfide ancora aperte (2017).
Senza dubbio Il dono della fedeltà la gioia della perseveranza è un Documento che non nasce come voce solitaria, né da una necessità immediata, né per porre argine ad un fenomeno empirico e improvviso. Il testo ascolta i segni di pathos della vita consacrata che, già segnalati lungo lo scorrere degli anni nel magistero ecclesiale e nei forum di pensiero, sono oggi giunti a criticità. Una lunga serie di interrogativi, con esperienze venute a compimento in modo non previsto, con cammini umani vulnerati da vari fattori di non identità e di insignificanza, chiama a ragione con sapore di emergenza: disagi palesi e opacità sofferte feriscono la vita consacrata. La ratio teologica, spirituale e giuridica incontra l’umano che si misura con la sequela Christi nella forma permanente di vita, e valuta la lotta da sostenere per ravvivare coscienza e coerenza nelle scelte operate. Si ritorna a indicare i processi bloccati o disattesi ed ignorati che chiedono agli Istituti di vita consacrata e alle Società di vita apostolica di riconoscere, rendendo vigile lo sguardo e attento l’ascolto ad intra. Risuona e viene rilanciato l’invito a guardare “le sfide ancora aperte” con cui gli Orientamenti Per vino nuovo otri nuovi nel 2017 avevano fatto emergere le criticità ad intra in ordine a relazioni nella vita fraterna, processi formativi e altro. Riconoscere è già imparare a discernere e scoprire quanto ci tiene a distanza dal vivo del dramma umano, di chi attraversa situazioni di disagio, malessere o crisi (7). Siamo chiamati a scrollarci di dosso “la paralisi della normalità”. Suona ancora l’invito alla necessità di nuova discretio nell’accostare la mutazione antropologica e socio-culturale dell’era delle grandi incertezze, senza spegnere l’incanto originario e il suo sapore di Vangelo: È ormai tempo di svegliarvi dal sonno (Rm 13,11).
Discernere e accompagnare a coscienza
Ci si accosta al fenomeno degli abbandoni dello stato di vita consacrata e clericale con angolazione mirata. Si riconosce nel fenomeno un denominatore di situazioni diversificate su cui «da tempo la Chiesa si interroga», sollecitando la stessa vita consacrata «a riconoscere, discernere e accompagnare situazioni di disagio o di crisi» (2), e a non fermarsi alla mera denuncia.
L’orizzonte che si delinea corre su una realtà forse quantificabile nei numeri, ma non definita nella sua natura e nelle sue cause, una realtà che ha sapore della fragilità dell’umano e del suo mistero nei processi che ne derivano. Il testo degli Orientamenti pur puntando sulla forza dell’educativo dello spirito – discernere e accompagnare a coscienza - non prende avvio dall’ideario, ma da uno spaccato ad limina che evidenzia: una fedeltà a fasi alterne, un’obbedienza selettiva, una vita annacquata e mediocre, vuota di senso; debolezze e difficoltà che oscurano la gioia conosciuta all’inizio del cammino, l’accadere di persone che, dopo un lungo vissuto generoso e sereno, assumono comportamenti complessi da leggere; derive di comportamento, fino ad occasioni di scandalo, che feriscono e pongono seri interrogativi su processi formativi e stili di vita (5).
Molto spesso, la frammentazione, l’acedia, il buio preparano e aprono al dubbio, al vuoto, ad una sequela Christi demotivata, avvertita non più significativa per la propria storia di vita. Si richiama alla lettura critica del fenomeno, non nella molteplicità-casistica, ma come processo di vita con i suoi significati e valori e, in pari tempo, si offrono le coordinate del metodo: l’educabilità dell’umano nella misura alta dello spirito, vissuto come accesso alla coscienza, nell’identità del condiscepolato.
«Una vera uscita da noi stessi verso il mistero di Dio non è impresa da solitari, ma un viaggio in compagnia di giovani, adulti, anziani, confratelli e consorelle, che s’incamminano per vivere insieme l’avventura dell’incontro trasformante con il Signore» (48).
Viene letto e sistematizzato, per voci di fondamento, il processo umano di tensione e di lotta per abitare fedeltà e perseveranza: «un viaggio orientato alla maturità della fede, verso lo stato adulto dell’essere credente. Si è chiamati a compiere scelte che impegnano la propria coscienza di credenti, a decidere di sé e della propria vita in libertà e responsabilità, secondo la verità del misterioso progetto di Dio, al di là dei possibili rischi e delle eventuali incertezze» (48).
Si indaga sull’umano e sulla possibilità data di fedeltà perseverante, capace di sostenere e attraversare la prova e ci si ferma sui punti decisivi. L’indirizzo di metodo mostra tre paradigmi necessari: l’esercizio del discernere, il ministero dell’accompagnamento, la formazione della coscienza. Viene evidenziata la necessità di «accompagnare la parabola della perseveranza di consacrati e consacrate nella fedeltà al dono della vocazione alla sequela Christi» (48) e si precisa che tale processo, oggi, incontra nuovi paradigmi antropologici e culturali e viene interrogato da essi, esigendo un vero ministero «non solo per quanti attraversano il tempo della crisi, ma anche per quanti, nella perseveranza, desiderano rimotivare il senso della propria fedeltà» (49).
Chiamati a libertà
Al termine della lettura del testo torna alla mente il commento di Origene sulla Orazione del Padre nostro: «Noi preghiamo di essere liberati, non per non essere mai tentati, cosa impossibile a quanti vivono sulla terra, ma per non essere vinti quando siamo tentati». La tentazione è una realtà inevitabile in ogni esistenza umana ed è una prova necessaria per il credente, non possiamo chiedere al Padre di risparmiarcela, quello che gli possiamo e gli dobbiamo chiedere, suggerisce Mello, è la forza di sopportarla, secondo la parafrasi che Cassiano opera alla domanda del Padre nostro: «Non permettere che siamo tentati dal diavolo al di là delle nostre forze, ma con la tentazione donaci anche la forza di sopportarla».
Dietro i toni pacati e misurati che il testo degli Orientamenti usa – se ne avverte a volte la calibratura codiciale – si misurano umanità e fede in una esperienza che s’invera in significati plurimi, visitati sempre dalla lotta e dalla grazia che ogni autentico cammino dello spirito umano esige. Si avverte parimenti la necessità, avvertita come criticità che sollecita un esercizio di discernimento sul nostro cammino attraversato, limitato e spesso messo alla prova, non solo dalla fragilità personale, ma da modi, stili e strutture.
Si avverte la volontà a che la vita consacrata avanzi nel processo della ricerca di Dio, faciem tuam Domine requiram e nella radicazione evangelica; e che proceda nell’ermeneutica carismatica a fronte delle culture contemporanee, si rinvigorisca nella passione apostolica nel segno della fraternità significativa, si convinca a favore del mutamento di modi, stili e strutture necessario a rinnovare modelli storici e nuova antropologia.
Si auspica che la vita consacrata avvalori la coscienza del bene ricevuto, consapevolezza dell’essere interpellata da un bene che le è anticipato, dato in gratuità: voce che le vive dentro. In tale coscienza l’umana libertà viene giocata nella sequela pressius Christi, nell’attitudine che ascolta e discerne. Noi siamo coscienza. Secondo l’icastica fede del Grande Antonio. Al monaco restano due cose: «Abbiamo le Scritture e la libertà dataci dal Salvatore» (Vita di Antonio 26,4).
NICLA SPEZZATI asc