Spezzati Nicla
La vita consacrata chiamata a coscienza
2021/7, p. 1
In queste pagine ad accompagnarci nelle pieghe degli Orientamenti, pubblicati nel febbraio del 2020 dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, è sr. Nicla Spezzati delle Suore Adoratrici del Sangue di Cristo, che per anni ha svolto il suo servizio presso il Dicastero Vaticano. Senza nascondere la complessità che attraversa e coinvolge la vita consacrata, è lo stesso papa Francesco a riconsegnare religiosi e religiose alla propria identità dentro la comunità ecclesiale, come «uomini e donne che illuminano il futuro».

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La vita consacrata
chiamata a coscienza
In queste pagine ad accompagnarci nelle pieghe degli Orientamenti, pubblicati nel febbraio del 2020 dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, è sr. Nicla Spezzati delle Suore Adoratrici del Sangue di Cristo, che per anni ha svolto il suo servizio presso il Dicastero Vaticano. Senza nascondere la complessità che attraversa e coinvolge la vita consacrata, è lo stesso papa Francesco a riconsegnare religiosi e religiose alla propria identità dentro la comunità ecclesiale, come «uomini e donne che illuminano il futuro».
«Il nostro è un tempo di prova». Tale l’incipit del testo degli Orientamenti: «Il dono della fedeltà, la gioia della perseveranza. Manete in dilectione mea (Gv 15,9)», pubblicato dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica (CIVCSVA) il 2 febbraio 2020. Un inizio sostenuto dalla realistica parola di Francesco «è più difficile vivere da persona consacrata nel mondo attuale» (Francesco, La forza della vocazione. Conversazione con Fernando Prado, EDB, 2018, Bologna, 49).
Viviamo nella società fluida e multirete in cui la realtà è il momento, il farsi attimo per attimo, la relazione di significati plurimi che si inverano in ogni istante. La realtà non è solo l’insieme dei dati del mondo esterno, né il puro dinamismo della vita interiore: ogni attimo, nella cultura detta del presente, deve avere una dinamica che soddisfi. Stiamo assistendo ad una combinazione particolare di elementi tradizionali, moderni e tardo-moderni con la centralità del singolo di fronte alla storia, alla comunità umana ed al cosmo. Da un lato l’iper-soggettività, “I first: io per primo”, tutto è concentrato sul sentimento e sulle sensazioni del singolo, da un altro l’iper-oggettività per cui è reale solo quello che è scientifico, dimostrabile, tecnologico e soprattutto inserito nel flusso e nei dettami dell’economia globalizzata.
La complessità coinvolge tutta la vita. Si vive lo scontro tra la conservazione di vecchi modelli e l’attivazione di nuovi.
Nell’Introduzione il testo degli Orientamenti afferma: «Siamo consapevoli che l’odierna cultura del provvisorio non può non influire sulle scelte di vita, e sulla stessa vocazione alla vita consacrata, è una cultura che può ingenerare una fedeltà precaria e «quando il per sempre è debole», afferma papa Francesco, «qualunque ragione vale per abbandonare il cammino cominciato» (Francesco, La forza della vocazione. Conversazione con Fernando Prado, EDB, 2018, Bologna, 63).
Che cosa è accaduto?
Il fenomeno degli abbandoni della sequela pressius Christi si apre come vulnus in donne e uomini chiamati a fedeltà nella consecratio per evangelica consilia. Nel Discorso ai partecipanti all’Assemblea Plenaria della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica - che aveva riflettuto su un accurato Instrumentum Laboris sul tema Fedeltà e perseveranza. Intreccio di responsabilità - papa Francesco il 28 gennaio 2017, rimanda: «Possiamo ben dire che in questo momento la fedeltà è messa alla prova […]. Siamo di fronte ad una emorragia che indebolisce la vita consacrata e la vita stessa della Chiesa. Gli abbandoni nella vita consacrata ci preoccupano. È vero che alcuni lasciano per un atto di coerenza, perché riconoscono, dopo un discernimento serio, di non avere mai avuto la vocazione; però altri con il passare del tempo vengono meno alla fedeltà, molte volte solo pochi anni dopo la professione perpetua. Che cosa è accaduto?».
Il testo degli Orientamenti, ricordando nel suo incipit che la vita consacrata, sin dagli albori della sua storia, ha segnato la fatica della fedeltà e il venir meno del vigore della perseveranza, accoglie ed elabora questo interrogativo, aprendolo all’attenzione della Chiesa tutta e proponendo, come evidenzia Dalpiaz, un’ampia riflessione teologica, spirituale e giuridica sulle ragioni che motivano la perseveranza nella vocazione, anche in un contesto culturale caratterizzato dalla fatica ad assumere impegni di vita che siano “per sempre”.
«Molti sono i fattori che condizionano la fedeltà in questo che è un cambio di epoca e non solo un’epoca di cambio, in cui risulta difficile assumere impegni seri e definitivi», e papa Francesco fa sintesi, indicando tre ragioni: il contesto sociale e culturale, «viviamo immersi nella cosiddetta cultura del frammento, del provvisorio, che può condurre a vivere à la carte e ad essere schiavi delle mode. Questa cultura induce il bisogno di avere sempre delle porte laterali aperte su altre possibilità»; il mondo giovanile, «un mondo complesso, allo stesso tempo ricco e sfidante. Non negativo, ma complesso» in cui è necessario immergersi con la gioia limpida del Vangelo; il clima interno alla vita consacrata, «dove accanto a tanta santità, non mancano situazioni di contro-testimonianza che rendono difficile la fedeltà».
In questo primo sguardo ad intra il Papa evidenzia dinamiche e fattori concreti «la routine, la stanchezza, il peso della gestione delle strutture, le divisioni interne, la ricerca di potere, “gli arrampicatori”, una maniera mondana di governare gli istituti, un servizio dell’autorità che a volte diventa autoritarismo e altre volte un lasciar fare».
Papa Francesco procede, e chiama a coscienza la vita consacrata, indicando il cuore del mistero in cui si incontrano bene ricevuto e libertà di accoglierlo nel modo della fedeltà perseverante, “tesoro e creta”. Il mistero di Cristo nella vocatio incontra l’umano e vi permane. In tale dinamica i consacrati e le consacrate sono chiamati a consapevolezza sempre più matura: «La vocazione, come la stessa fede, è un tesoro che portiamo in vasi di creta (cfr 2Cor 4,7); per questo dobbiamo custodirla, come si custodiscono le cose più preziose, affinché nessuno ci rubi questo tesoro, né esso perda con il passare del tempo la sua bellezza», e a perseverante responsabilità: «La vocazione è un dono che abbiamo ricevuto dal Signore, il quale ha posato il suo sguardo su di noi e ci ha amato (cfr Mc 10,21) chiamandoci a seguirlo nella vita consacrata, ed è allo stesso tempo una responsabilità di chi ha ricevuto questo dono. Con la grazia del Signore, ciascuno di noi è chiamato ad assumere con responsabilità in prima persona l’impegno della propria crescita umana, spirituale e intellettuale e, al tempo stesso, a mantenere viva la fiamma della vocazione. Ciò comporta che a nostra volta teniamo fisso lo sguardo sul Signore, facendo sempre attenzione a camminare secondo la logica del Vangelo e non cedere ai criteri della mondanità. Tante volte le grandi infedeltà prendono avvio da piccole deviazioni o distrazioni. Anche in questo caso è importante fare nostra l’esortazione di san Paolo: È ormai tempo di svegliarvi dal sonno (Rm 13,11)».
Il testo degli Orientamenti
Il testo, oltre l’Introduzione (1-4), ci accompagna articolato in tre ordini.
Il primo, Lo sguardo e l’ascolto (5-22), si presenta come quadro di riflessione che «monitora e intercetta le situazioni che possono ingenerare malessere, disagio, crisi nella vita personale e comunitaria dei consacrati e delle consacrate», ferma alcuni nodi critici, le istanze da interpretare, le dinamiche da condurre a conversione.
Il secondo, Ravvivare la consapevolezza (23 – 61), offre una lettura trasversale di un’adeguata selezione di documenti del Magistero coniugati sul paradigma fedeltà-perseveranza-processi formativi. La riflessione muove «sia la persona sia l’Istituto alla “continua verifica della fedeltà verso il Signore, della docilità verso il suo Spirito […]”. Infatti, la vocazione alla vita consacrata è un cammino di trasformazione che rinnova il cuore e la mente della persona affinché possa discernere […]» (ivi 3). Il discernimento condiviso, la formazione della coscienza, l’accompagnamento nel tempo della prova, la fraternità come sostegno alla perseveranza, sono tematiche offerte con riflessione sobria, acuta, attenta.
Il terzo ordine del Documento tratta La separazione dall’Istituto. Normativa canonica e prassi dicasteriale (nn. 62 – 98) riferito alla governance degli Istituti di Vita Consacrata e delle Società di Vita Apostolica, utile nella disamina di fattispecie con segni di complessità e di criticità; da notare che il servizio formativo reso dall’Istituto alla persona in ordine alla fedeltà perseverante, oltre che nella terza parte, assume rilevanza nell’intero testo e viene sviluppato in modo complementare e trasversale.
La Conclusione (nn. 99 – 106) è affidata all’invito di Cristo, il Maestro: Manete in dilectione mea (Gv 15,9). La sobria esegesi indica ai consacrati e alle consacrate la necessità di non raggirare la prova, ma di «attraversarla con amore, rafforzando maggiormente l’unione a Cristo e facendo di essa un ulteriore apprendistato del dono di sé per smettere di vivere solo per se stessi (cf Rm 14,7) e ristabilire un’amicizia stabile con Cristo e con gli altri che procura fecondità e gioia piena (Gv 15,11)» (ivi 105).
Chiude il Documento l’invocazione corale a Maria, donna fedele e perseverante: amante della Parola, ai piedi della croce, perseverante nella preghiera con gli Apostoli.
NICLA SPEZZATI asc