Carpentieri Giovanni
Urgenza di una prossimità adulta al disagio giovanile
2021/7, p. 37
... sono un prete della Chiesa di Roma e un educatore professionale. Mi occupo di disagio giovanile, di tutti quei giovani a rischio di devianza sociale, una delle tante “periferie esistenziali” che esplodono a Roma. La fascia di riferimento ha un’età tra i 12-22 anni. La nostra esperienza mostra che, se non si vanno a cercare, non arriveranno mai da nessuna parte, tantomeno in una realtà ecclesiale: sono invisibili, ma devastanti!

Accedi alla tua area riservata per visualizzare i contenuti.

Questo contenuto è riservato agli abbonati a
Testimoni
.
Urgenza di una prossimità adulta al disagio giovanile
“Se gli spazi educativi si conformano oggi alla logica della sostituzione e della ripetizione e sono incapaci di generare e mostrare nuovi orizzonti (…) non staremo mancando all’appuntamento con questo momento storico?” (Papa Francesco - 15 ottobre 2020).
Mi chiamo Giovanni Carpentieri, sono un prete della Chiesa di Roma e un educatore professionale. Mi occupo di disagio giovanile, di tutti quei giovani a rischio di devianza sociale, una delle tante “periferie esistenziali” che esplodono a Roma. La fascia di riferimento ha un’età tra i 12-22 anni. La nostra esperienza mostra che, se non si vanno a cercare, non arriveranno mai da nessuna parte, tantomeno in una realtà ecclesiale: sono invisibili, ma devastanti! Sfuggono alle istituzioni civili, ai circuiti familiari, scolastici, lavorativi, psicoterapeutici, sono oggetto di procedimenti penali in età adolescenziale, sono business e manovalanza delinquenziale di una prossimità adulta criminale: i ragazzi albergano in strutture di peccato così ben organizzate che sistematicamente le subiscono, perché regolarmente le vivono: non si sentono affatto in emergenza, ma lo sono permanentemente! Il malessere è sempre più nascosto, incrocia tutti i nuclei familiari, da quelli benestanti ai più poveri, difficilmente viene espresso a parole e, purtroppo, quando emerge è ormai scoppiato: esternamente con il ragazzo, internamente con l’impotenza dei genitori che mai si sarebbero aspettati che i figli deflagrassero in modalità, per loro, neanche immaginabili. La proposta pastorale si situa in un contesto di promozione umana. Non è un discorso esplicito di annuncio perché tale segmento giovanile non ha alcun interesse spirituale nelle sue scelte: questi ragazzi hanno smarrito il senso della Vita, ancor prima di quello della Fede, per cui ci comportiamo come il samaritano, che non ha parlato di Fede, ma ha preso in carico lo sventurato: non ha parlato di Gesù, ma ha fatto come Gesù. Questo lavoro di prossimità nelle periferie esistenziali giovanili (bar, discoteche, scuole, piazze, centri commerciali, comitive pomeridiane, raduni notturni, eventi istantanei, sale-giochi, ecc.) fatica ancora oggi, e non poco, ad emergere come caratteristica di una nuova azione di pastorale ecclesial-giovanile. Siamo appiattiti su una ricezione che è assolutamente insufficiente e mostra fatica a generare processi, come dice papa Francesco. Importante non equivocare: non è da confondere né con le unità di strada collegate a problematiche esplicite come l’emergenza freddo, distribuzione di siringhe e/o profilattici, consegna di cibo a vario genere, né con il format delle tradizionali missioni di (prima-, pre-) evangelizzazione, perché questa realtà giovanile è assolutamente impermeabile e infastidita da approcci di questo tipo; tali “avvicinamenti” originano dei veri e propri allontanamenti! Oltre all’urgenza di una positiva prossimità adulta a questi ragazzi, anche la questione accoglienza è un nodo delicatissimo; infatti si assiste a un corto circuito: le tradizionali case-famiglia socioeducative sono insufficienti, e le consuete comunità di recupero non sono fruibili; le prime non sono attrezzate per gestire le criticità di questa fascia che, a causa dell’abuso di sostanze e stili di vita al limite della microcriminalità, crea scompensi e squilibri all’interno della struttura; le comunità di recupero, difficilmente possono accoglierli, perché questa fascia non è refertata generalmente dalle ASL come tossicodipendenti “conclamati”, e ci si ostina - spesso per circoscritte risorse di budget - a gestire con protocolli da adulto, problematiche che non hanno nulla a che vedere con il target dei minori e neo-maggiorenni. Pertanto, questa fascia giovanile si trova in una terra di nessuno e va alla malora.
Appello per attivare una nuova modalità di accoglienza
Occorre una terza via operativo-pastorale che rappresenta il motivo di una mia richiesta: sono alla ricerca, in una zona prossima a Roma o all’interno della città stessa, di una location, uno spazio di circa 400 mq con verde, in comodato d’uso gratuito, per avviare questa nuova opzione di accoglienza, in grado di coprire il vuoto che si è creato. Noi sosterremo i costi di gestione, gli imprevisti ordinari e la manutenzione ordinaria del bene. Alla congregazione religiosa, nulla sarà mai richiesto dal punto di vista economico.
Resto a disposizione per qualsiasi chiarimento, lasciando i miei contatti (338/1863803; dongiovannicarpentieri@gmail.com). Grazie!
GIOVANNI CARPENTIERI