Morandini Simone
Confessare il Dio creatore voci dell’ecumene
2021/7, p. 35
Gli ultimi decenni hanno visto crescere l’attenzione per quell’eco-teologia che si radica nel “vangelo della creazione” cui è dedicato anche il II capitolo della LS di papa Francesco. Ha dunque ritrovato centralità nelle diverse confessioni cristiane la nozione di creazione, parte integrante della fede cristiana, ma spesso lasciata in secondo piano dalla riflessione novecentesca.

Accedi alla tua area riservata per visualizzare i contenuti.

Questo contenuto è riservato agli abbonati a
Testimoni
.
LA CREAZIONE NELLA RIFLESSIONE PROTESTANTE E ORTODOSSA
Confessare il Dio creatore
voci dell’ecumene
Gli ultimi decenni hanno visto crescere l’attenzione per quell'eco-teologia che si radica nel “vangelo della creazione” cui è dedicato anche il II capitolo della LS di papa Francesco. Ha dunque ritrovato centralità nelle diverse confessioni cristiane la nozione di creazione, parte integrante della fede cristiana, ma spesso lasciata in secondo piano dalla riflessione novecentesca.
Eco-teologia
Al cuore delle Scritture incontriamo la storia della tenerezza di Dio per ogni creatura, la sua passione vivificante per un mondo che Egli sostiene ogni giorno, tenendolo nelle sue mani. Tanti salmi esprimono una lode in cui l’orante si fa voce dell’intera creazione, rivolgendosi a Colui che ne è la fonte vivificante. Il Nuovo Testamento, poi, coglie tale realtà a partire dallo sguardo d’amore per il creato di Gesù di Nazareth. Nella sua vita dedita alla cura, nel suo sguardo affettuoso sul mondo naturale, la fede cristiana scopre l’incarnazione del Figlio: una realtà divina che si inserisce nel mondo della vita in tutta la sua articolata complessità. Lo Spirito d’altra parte, appare come presenza solidale con le creature che sperimentano la negatività e il limite - la morte stessa - ma anche potenza segreta, che orienta la speranza oltre la distretta presente.
Laudato Si’ – col suo forte taglio francescano – offre un’icona efficace di cosa ciò possa significare per la teologia cattolica, ma riprende al contempo spunti e temi delle altre confessioni cristiane. Agli espliciti riferimenti al pensiero del Patriarca Bartolomeo I di Costantinopoli se ne intrecciano altri meno diretti al pensiero di un grande teologo evangelico come J. Moltmann. È questo un primo dato da sottolineare: in quest’ambito non vi sono distanze teologiche tra le confessioni cristiane - unite nella confessione del Creatore - ma piuttosto differenze d’accento nell’unica fede.
Una storia ecumenica
Potremmo così ripensare una storia ecumenica di prossimità teologica all’ecologia, radicata in una prossimità etimologica: i due termini condividono la radice greca dei termini oikos/oikeo; parlano di una casa comune e di un abitare condiviso; rimandano ad un impegno pure comune di custodia. Tale prossimità ricorda che le Chiese cristiane hanno imparato assieme ad ascoltare il grido della terra, ripensando una storia di amore per il creato dalle radici antiche. Ricordiamo l’esperienza di tanti mistici e mistiche, d’Oriente e d’Occidente: da Isacco di Ninive (613-700 circa) ad Ildegarda di Bingen (1098-1179), Francesco d’Assisi (1182-1226) e Serafino di Sarov (1754-1833) il cristianesimo d’Oriente e d’Occidente è ricco di testimonianze di appassionato amore alla creazione.
Meno forte nei secoli della modernità occidentale, esso riemerge via via nel Novecento, con quei pionieri che hanno iniziato ad esplorare alcune dimensioni di quella che oggi diciamo ecoteologia. Figure come il premio Nobel per la pace Albert Schweitzer (1875-1965), medico e teologo evangelico, cui si deve una forte etica della reverenza per la vita (non solo la vita umana). Meno noto alla realtà europea, il luterano statunitense Joseph Sittler (1904-1987), che negli anni Cinquanta del secolo scorso disegnava una comprensione cosmica della grazia; che nel 1961 – nel suo splendido intervento al Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC) – auspicava "una cristologia espansa a dimensione cosmica, resa appassionata dal pathos di questa terra minacciata e resa etica dall'amore e dalla collera di Dio".
Sono alcuni elementi caratteristici dell’ecoteologia evangelica: la sottolineatura della grazia di Dio come elemento fondante, ma anche la presa di distanza da un antropocentrismo unilaterale. L’ecoteologia protestante ama del resto sottolineare che essa non è proprietà umana, di cui usare ed abusare liberamente, ma realtà che ci precede (in sintonia anche con Laudato Si’). “Del Signore è la terra e quanto contiene: il mondo, con i suoi abitanti” (Sal 24, 1): l’essere umano è ospite, amato ed accolto sulla terra, chiamato a condividerla nella fraternità e custodirla per le generazioni future.
Temi presenti anche in autori più recenti, come Jürgen Moltmann (1926-), che li intreccerà con una forte sottolineatura della speranza nella sua valenza mondana: essa interessa sì la storia degli uomini e delle donne, ma anche la creazione - tutta abitata da uno Spirito che la orienta alla novità escatologica. Prendere sul serio la confessione del Creatore significa, dunque, testimoniare una parola di promessa che è per la creazione tutta e che anche per essa suscita una tenace speranza, motivando all’azione di cura. Non una salvezza dal mondo, che distoglierebbe dalla terra, ma una salvezza nel mondo e anzi col mondo: la storia di morte e risurrezione che la fede confessa realizzatasi in Gesù Cristo non proietta una luce di speranza solo sulla storia dell’umanità, ma su ogni creatura vivente e sul mondo stesso; è primavera di nuova creazione. La spiritualità ecologica si fa allora invito a respirare in sintonia con la creazione, a sintonizzare le emozioni morali col gemito e l’attesa della terra; è la prospettiva indicata anche dal grande testo della Lettera ai Romani, su cui spesso ritorna la meditazione eco-teologica:
“L’ardente aspettativa della creazione (…) è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio. La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi” (Rom. 8, 19-22)
Lo sguardo al futuro non è ingenua fiducia nel progresso, ma speranza appassionata per il creato e per la vita che lo abita; forza oltre la negatività, per disegnare una prospettiva diversa. La teologia della croce – così caratteristica del mondo protestante, fin dallo stesso Lutero – assume una dimensione cosmica, a fondare un’etica della cura per la terra.
Interazioni creative
La sensibilità evangelica avrà uno spazio di incontro creativo e fecondo con la teologia ortodossa all’interno del CEC. Già all’inizio degli anni ’80 – grazie ad un economista evangelico come Paul Abrecht (1917-2005) ed un teologo ortodosso-orientale come Paul Varghese (1922-1996) – esso avviava una fitta serie di dialoghi sul rapporto tra ecologia e teologia, che proseguirà poi a partire dagli anni ’80 e’90 nel processo JPIC (Justice, Peace and Integrity of Creation).
In tale fase si colloca l’istituzione nel 1989 – da parte del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Dimitrios I – della Giornata di preghiera per il Creato, cui darà continuità negli anni seguenti il suo successore Bartolomeo I, con la lettera enciclica inviata ogni 1 settembre (inizio dell’anno liturgico ortodosso). Tale proposta è stata recepita da numerose realtà europee cattoliche ed evangeliche (tra di esse dal 2006 anche la Chiesa cattolica italiana), nel 2015 poi papa Francesco ha invitato l’intera Chiesa cattolica a farla propria.
Potremmo muovere proprio da qui per comprendere la specificità del contributo ortodosso, radicato in una dimensione liturgica che per l’ortodossia è ambiente vitale per l’esperienza credente. Ma nella divina liturgia – sottolinea il metropolita Giovanni di Pergamo – è l’intera creazione ad essere presente: nella dinamica dell’offerta, ripresentiamo a Dio il mondo che lui stesso ci ha dato ed i suoi frutti. Esso viene così ad essere coinvolto in quella dinamica di divinizzazione che lo Spirito opera nel creato tutto, a dare corpo a quello che lo stesso Patriarca Bartolomeo I definisce un orizzonte eucaristico. Ad esso, poi, egli aggiunge l’altro termine ascetico, ad evidenziare l’indebita attualità acquisita da quella sobrietà nel rapporto col mondo, che fin dai Padri è stata parte dell’esperienza ortodossa, nel tempo della crisi socio-ambientale. Da qui anche il richiamo al cristianesimo occidentale contro un’eccessiva fiducia nella tecnica, per invitare invece a ricercare una nuova sapienza più radicata nell’esperienza di fede. L’essere umano - superando l’arroganza di un antropocentrismo dominativo - deve imparare a comprendersi come sacerdote del creato, che lo porta al Signore, nel rendimento di grazie e nell’invocazione di benedizione.
Conclusione
Non è difficile cogliere attraverso i diversi linguaggi delle confessioni cristiane, la comune confessione di fede, così come comune è l’impegno da esse assunto per la cura della terra. Un impegno che sempre più diviene vitale in questa fase di crisi socio-ambientale e che nel Vangelo di Gesù Cristo trova un fondamento esigente e ricco di prospettive.
SIMONE MORANDINI