Chiaro Mario
Il martirio di suor Maria Laura Mainetti: “un raggio di luce” nelle tenebre
2021/7, p. 22
Il 6 giugno di ventuno anni fa è stata massacrata a colpi di pietra e con numerose coltellate da tre ragazze minorenni durante un rituale satanico, messo in atto dopo aver attirato la religiosa con un inganno, di sera, in un luogo poco frequentato. Durante le indagini, una delle tre giovani ha raccontato che, quando iniziarono a infierire su di lei, suor Laura invocò il perdono di Dio per loro. Questa notizia fu un raggio di luce in un momento di tenebre per tutta la comunità di Chiavenna.

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Il martirio di suor Maria Laura Mainetti: “un raggio di luce” nelle tenebre
Suor Maria Laura, al secolo Teresina Elsa Mainetti, della Congregazione delle Figlie della Croce di Sant’Andrea Fournet, nasce a Colico (Lecco) nel 1939. Una vita non facile la sua: ultima di dieci figli, la mamma morì di setticemia a 31 anni, pochi giorni dopo averla data alla luce. Nei primi mesi di vita fu affidata alla sorella più grande e poi alla nonna. Il suo percorso di vita l’ha portata a essere insegnante, educatrice di molti giovani e studentesse, punto di riferimento spirituale per diverse persone. Il 6 giugno di ventuno anni fa è stata massacrata a colpi di pietra e con numerose coltellate da tre ragazze minorenni durante un rituale satanico, messo in atto dopo aver attirato la religiosa con un inganno, di sera, in un luogo poco frequentato. Durante le indagini, una delle tre giovani ha raccontato che, quando iniziarono a infierire su di lei, suor Laura invocò il perdono di Dio per loro. Questa notizia fu un raggio di luce in un momento di tenebre per tutta la comunità di Chiavenna. E significativamente l’inchiesta degli inquirenti fu denominata proprio “Raggio di luce”!
Questo sintetico quadro scolpisce la figura della religiosa e la impone come modello di vita cristiana. La Santa Sede ha riconosciuto che quello di suor Maria Laura è stato martirio in odium fidei. Lo scorso 6 giugno 2021 la suora è stata proclamata beata, a nome di papa Francesco, dal cardinale Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle cause dei santi. La celebrazione si è svolta nello Stadio comunale di Chiavenna (Sondrio). Nel reliquiario portato sull’altare era custodita la pietra con cui la religiosa fu colpita, con tracce di sangue ben visibili.
Suor Beniamina Mariani, consorella incaricata di raccogliere scritti e testimonianze, ci tiene a dire: «Sappiamo del suo ardore per la Parola di Dio e per il carisma della nostra famiglia religiosa. Davanti alla Croce si trasformava: si sentiva amata da Dio e questo stesso amore lo donava a tutti. Non pensava di fare qualcosa di straordinario. Per lei lo straordinario era quello che riceveva da Dio, non quello che faceva». Altre consorelle così la descrivono: «Era instancabile: sempre svelta e leggera, serena, come sospinta da una forza invisibile e invincibile. Sempre pronta ad accogliere, a rimboccarsi le maniche per servire, a scomodarsi per recare aiuto e conforto dov’era richiesto e dove scopriva una situazione di sofferenza, di povertà, di disagio di qualunque tipo. Amava tutti, ma i suoi “prediletti” erano gli ultimi. In loro vedeva il Cristo sofferente. “è il mio Gesù”, soleva dire tra il serio e il faceto e accorreva senza farsi attendere». La superiora generale delle Figlie della Croce confida che le piace leggere gli scritti della beata «perché traspare tutto il lavoro interiore per una conversione quotidiana, per essere coerente al Vangelo».
Anche il card. Semeraro ha ricordato che quando bussavano alla sua porta, lei sapeva chi era: “è il mio Gesù!”. Anche a chi era solito dirle “Vedo che hai tanti amici”, lei replicava: “No, no, questo è il mio Gesù”. «Maria Laura, come gli altri martiri cristiani non ha cercato il martirio in sé, ma lo ha assunto come conseguenza della sua fedeltà alla fede in Gesù Cristo ̶ sottolinea con convinzione il cardinale ̶ . Il segno distintivo di questo, come del martirio cristiano, è proprio l’amore, è la testimonianza luminosa della vittoria dell’amore sull’odio e sulla morte. Muore perdonando!». «Questo è il vero modello di un cristianesimo contemplativo, comunionale, incarnato nelle relazioni e nelle attività, missionario, gioioso per la gioia di essere amati da Dio in Cristo e di amare Cristo negli altri, specialmente i poveri».
Il prefetto della Congregazione delle cause dei santi, durante il rito di beatificazione, ha anche richiamato un passaggio di uno scritto della nuova beata: «Il cammino della mia vita religiosa è molto semplice. Ero molto giovane quando un sacerdote, dopo una confessione, mi ha detto: “Tu devi fare qualcosa di bello per gli altri”. C’era in questa frase un imperativo: inoltre la sua risonanza in me mi riempiva di gioia. Sentivo che avrei dato un senso pieno alla mia vita». Per il vescovo di Como, mons. Cantoni, suor Maria Laura nella sua famiglia religiosa ha trovato «la scintilla ideale per sviluppare e portare a compimento il suo santo proposito».
La santità è così: non è il frutto di uno sforzo umano. Nasce da un offrirsi completamente all’amore di Dio perché è in quella unica radice che cresce il bene. Nell’Esortazione apostolica Gaudete et exsultate papa Francesco ha scritto: «Tutti siamo chiamati a essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove ci si trova» (n. 14). Anche oggi è importante ricordare che il terreno per la fioritura della santità non è l’eccezionale, ma la fedeltà nel quotidiano. È in esso che si fa presente il momento opportuno.
MARIO CHIARO