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In un mondo terribilmente diverso, diamo voce alla speranza
2021/7, p. 20
È questo il tempo della vita, in cui ognuno è chiamato a riscoprire le tante risorse che fondano la propria identità umano-spirituale, per dar voce ad una speranza che si traduce in scelte da realizzare giorno dopo giorno.

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RIFLESSIONI PSICO-EDUCATIVE PER LA VC DEL DOPO-COVID
In un mondo terribilmente diverso,
diamo voce alla speranza
È questo il tempo della vita, in cui ognuno è chiamato a riscoprire le tante risorse che fondano la propria identità umano-spirituale, per dar voce ad una speranza che si traduce in scelte da realizzare giorno dopo giorno.
Il tempo della pandemia è stato e continua ad essere un tempo di speciale attenzione, per riscoprire le motivazioni che caratterizzano l’esistenza di ogni individuo anche quando ci sono condizioni difficili.
È un tempo che impegna un po’ tutti a guardare in avanti con coraggio e speranza, sapendo che non basta aspettare passivamente tempi migliori, ma occorre guardare con sollecitudine al lavoro di ricostruzione umano-spirituale che coinvolgerà ogni persona di buona volontà. È il messaggio che i vescovi italiani hanno voluto dare alla fine del recente Consiglio permanente della Cei. «Tutto questo sta avvenendo nelle nostre comunità. Se i segni di morte balzano agli occhi e s’impongono attraverso i mezzi d’informazione, i segni di risurrezione sono spesso nascosti, ma reali ancor più di prima. […] Ecco perché riteniamo che questo sia un tempo di speranza».
Ed è l’invito che anche la vita consacrata vuole raccogliere e fare proprio, condividendo le tante storie di fatica e di fragilità che hanno caratterizzato famiglie, comunità, parrocchie, conventi, poiché in tutti questi mesi di pandemia ci si è ritrovati nella stessa barca a condividere le stesse paure ma anche la stessa volontà a dare un senso a quello che stava succedendo. Riconoscere in questi momenti di difficoltà un’occasione per crescere e per maturare, è un compito educativo che accompagna ogni vita umana nel cammino di riscoperta del progetto di amore che Dio dischiude giorno dopo giorno nel corso dell’esistenza di ognuno.
Imparare a leggere i segni dei tempi
In questo tempo di pandemia la Chiesa ha continuato ad evangelizzare con la concretezza dei tanti gesti di solidarietà, facendo esperienza diretta del vangelo della condivisione. Come non ricordare le tante situazioni in cui ha continuato ad essere presente in mezzo al suo popolo, anche quando il popolo non c’era perché le chiese erano chiuse, o quando il distanziamento sociale richiedeva prudenza, o quando gli stessi pastori erano ammalati.
O come non ricordare i consacrati e le consacrate che hanno dato il loro contributo materiale e spirituale, pur nelle tante restrizioni che hanno sconvolto la loro vita comunitaria o lo stile della loro pastorale. Eppure, in tutte queste circostanze, interpretare i fenomeni umani e aprirsi a nuove scelte di vita è un compito educativo che interpella ognuno a dare risposte consapevoli a partire dalle tante novità che emergono dalle condizioni di vulnerabilità vissute.
«Dalle grandi prove dell’umanità, e tra queste la pandemia, si esce meglio o peggio. Non si esce mai allo stesso modo». Questo perché l’individuo non è destinato a sottostare in modo inerte al disagio che vive, ma può sempre discernere “dal suo tesoro cose nuove e cose antiche” (Mt, 13,52), imparando così a fare scelte che gli permettono di avanzare nel cammino di crescita umano-spirituale.
«Questo imprinting profetico della propria esistenza è un compito che ogni religioso e ogni religiosa è chiamato a realizzare quotidianamente, man mano che si lascia plasmare dagli eventi che si presentano e che interpellano a dare risposte coerenti con le proprie scelte esistenziali».Sono le parole che ritroviamo nelle pagine di un libro appena pubblicato, dal titolo “In un mondo terribilmente diverso. Nuovi processi formativi per la vita consacrata”.
L’urgenza di un tale lavoro emerge con forza anche nei tempi difficili che stiamo attraversando, perché è proprio nei momenti di crisi che ognuno è invitato a guardare in avanti, valorizzando quella prospettiva intenzionale che rivitalizza ogni chiamata vocazionale. «Tale prospettiva per il futuro si fonda sulla fedeltà alla propria storia vocazionale, nonché sulla consapevolezza della propria unicità di valore e sul bisogno di relazioni autentiche che arricchiscono e allargano gli orizzonti».
Questa prospettiva dà valore agli eventi dell’esistenza umana e «aiuta a vedere e capire meglio, a fare un’analisi più corretta della realtà, rifuggendo dal centralismo e da approcci ideologici». Spostarsi dalla centralità delle convinzioni autoreferenziali a cui spesso si è comodamente aggrappati, alle tante “periferie esistenziali” emerse nel tempo della pandemia, mette in primo piano ciò che c’è di essenziale nell’esistenza umana e diventa un metodo di vita che segna il processo di crescita di ogni individuo, chiamato ad integrare le debolezze e le fragilità con la vivacità di una conversione che sempre invita al cambiamento.
Una nuova solidarietà che nutre il forte bisogno di rinnovamento
Imparare dalla realtà della vita non è un lavoro che si fa da soli ma, al contrario, è un laboratorio di intersoggettività. «È brutto camminare da soli, brutto e noioso. Camminare in comunità, con gli amici, con quelli che ci vogliono bene: questo ci aiuta, ci aiuta ad arrivare proprio alla meta a cui noi dobbiamo arrivare».
La forza di questo sostegno interpersonale ha il nome della solidarietà e del coinvolgimento reciproco, soprattutto verso chi ha più bisogno e ha più sofferto. A tal proposito risuonano con forza le parole di papa Francesco: «Nessuno si salva da solo, cioè né come individuo isolato né con le sue proprie forze».Ma solo insieme è possibile riscoprire il valore della complessa trama delle relazioni interpersonali.
La vita consacrata si è attivata a rendere tangibile tale solidarietà rispondendo in modo concreto ai tanti bisogni emersi dalla pandemia: congregazioni religiose maschili e femminili hanno risposto con generosità di fronte alla crisi sanitaria, aumentando l’impegno in favore dei malati di Covid-19, di chi non aveva un pasto caldo da consumare, o di quanti avevano bisogno di un tetto sotto cui trovare rifugio. Un po’ ovunque la testimonianza del vangelo è passata attraverso l’azione di quanti hanno continuato a testimoniare l’amore di Dio nelle tante necessità che durante la pandemia sono diventate vere urgenze esistenziali.
In un mondo terribilmente diverso, attraversato da mille episodi di trepidazione, questa spiritualità che parte “dal basso” diventa un’occasione per rendere tangibile la presenza misericordiosa di Dio nelle tante condizioni di disagio di un’umanità ferita. È questo il tempo della vita, in cui ognuno è chiamato a riscoprire le tante risorse che fondano la propria identità umano-spirituale, per dar voce ad una speranza che si traduce in scelte da realizzare giorno dopo giorno. Tale novità richiede un continuo allenamento, a saper integrare gli aspetti dolorosi e a volte frustranti della vita umana con il desiderio nascosto nel cuore di ogni creatura, di rispondere in modo nuovo alla chiamata di Dio.
Rischiare, per costruire un mondo migliore nel dopo-COVID
Quale parola può sintetizzare questa spinta a compiere dei passi concreti per costruire un mondo migliore? «La parola l’ho detta tante volte: rischia! Rischia. Chi non rischia non cammina. “Ma se sbaglio?”. Benedetto il Signore! Sbaglierai di più se tu rimani fermo, ferma: quello è lo sbaglio, lo sbaglio brutto, la chiusura. Rischia. Rischia su ideali nobili, rischia sporcandoti le mani».
Rischiare senza arroccarsi in vecchi presagi catastrofistici ma sporcandosi le mani in prima persona… Se da una parte tale provocazione può essere poco rassicurante, in quanto non dà certezze sui risultati, dall’altra ha un significato educativo in quanto offre l’opportunità di assumersi la responsabilità delle molteplici opportunità da riconoscere dentro e fuori le comunità. Per questo occorre farsi carico dei talenti ricevuti ma anche delle incongruenze che troppo spesso si annidano fra le pieghe della propria umanità.
Integrare insieme le esperienze fatte in questo tempo di forte stress sociale con un progetto di crescita vocazionale vuol dire avere a cuore la prospettiva educativa della propria esistenza per essere aperti alla presenza vivificante di Dio.
Questo è il compito da realizzare per continuare ad essere “strumento della tenerezza di Dio”, anche in un tempo di speciale emergenza come quello che stiamo vivendo.
“In un mondo terribilmente diverso” la vita consacrata è chiamata a realizzare tale missione, per essere concretamente lievito di novità in questo tempo di speciale conversione che l’umanità intera ha dinanzi a sé.
P. GIUSEPPE CREA, MCCJ
PSICOLOGO, PSICOTERAPEUTA