Chiaro Mario
Vedere tutte le cose nuove in Cristo
2021/7, p. 13
È stato scelto come motto dell’anno: “Vedere tutte le cose nuove in Cristo”» per significare che non si tratta di volgersi indietro, né di esaltare la figura di Ignazio, ma di identificarci con la persona di Gesù Cristo e di sintonizzarci con lo sguardo di chi ha dato la vita per tutti noi.

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UN ANNO IGNAZIANO
Vedere tutte le cose nuove in Cristo
È stato scelto come motto dell’anno: “Vedere tutte le cose nuove in Cristo”» per significare che non si tratta di volgersi indietro, né di esaltare la figura di Ignazio, ma di identificarci con la persona di Gesù Cristo e di sintonizzarci con lo sguardo di chi ha dato la vita per tutti noi.
Il 20 maggio 1521, il soldato basco Ignazio di Loyola sta difendendo la città di Pamplona (Spagna) contro le truppe francesi. Viene colpito da una palla di cannone e le sue gambe sono distrutte. Sopravvive a malapena e deve passare mesi per riprendersi. I suoi precedenti sogni di successo mondano e di fama vanno in frantumi: camminerà zoppicando per il resto della sua vita. Durante la convalescenza, leggendo un libro sulla vita di Cristo e una raccolta di vite dei santi, il cavaliere cambia radicalmente la sua prospettiva, incentrandola su Cristo. Parte per un lungo pellegrinaggio in Europa e in Terra Santa. In questo modo arriva a liberarsi dalle illusioni che si era costruite secondo la sua esperienza familiare e alla corte reale, per perseguire l’ideale costruito a partire dall’incontro personale con Gesù di Nazaret.
Vedere tutte le cose nuove in Cristo
L’esperienza di un evento che produce un desiderio di seguire Cristo più da vicino, di cambiare fondamentalmente la propria vita e ricominciare da capo, una scoperta di un nuovo sogno, un modo di vedere le cose nuove in Cristo, è un’esperienza che tutti possiamo fare anche oggi.
Proprio con questa convinzione il venezuelano p. Arturo Sosa, superiore generale della Compagnia di Gesù dal 2016, con un suo Messaggio ha aperto un Anno Ignaziano che si sviluppa nell’arco di tempo che va dal 20 maggio 2021 al 31 luglio 2022, giorno della festa di Sant’Ignazio. Si tratta di «un appello a permettere che il Signore operi la nostra conversione. Chiediamo la grazia di essere rinnovati dal Signore. Desideriamo scoprire un nuovo entusiasmo interiore e apostolico, una nuova vita, nuovi cammini per seguire il Signore. Per questo abbiamo scelto come motto dell’anno: “Vedere tutte le cose nuove in Cristo”». Lo slogan vuole significare che non si tratta di volgersi indietro, né di esaltare la figura di Ignazio di Loyola. «Ispirati dalla sua esperienza cerchiamo di identificarci con la persona di Gesù Cristo, l’unico Signore, così da sintonizzarci con lo sguardo di chi ha dato la vita per tutti gli esseri umani per mostrare questo cammino verso la vita in libertà».
Conversione e discernimento
Con un videomessaggio papa Francesco – durante il momento di preghiera internazionale “Pellegrini con Ignazio” – ha fatto tre importanti affermazioni: la conversione non è un evento isolato, è un viaggio che si compie insieme e che si attua curando la dimensione del dialogo. Perciò occorre che il discernimento funzioni come bussola durante questo tempo speciale di rinnovamento e di rilancio per la Compagnia di Gesù e per tutta la Chiesa. «La conversione è una questione quotidiana. Raramente è una volta per tutte. La conversione di Ignazio cominciò a Pamplona, ma non terminò lì. Si convertì durante tutta la sua vita, giorno dopo giorno. E questo significa che per tutta la sua vita mise Cristo al centro. E lo fece attraverso il discernimento. Il discernimento non consiste nel riuscire sempre fin dall’inizio, bensì nel navigare e nell’avere una bussola per poter intraprendere il cammino che ha molte curve e tornanti, ma lasciandosi guidare sempre dallo Spirito Santo, che ci conduce all’incontro con il Signore. In questo pellegrinaggio sulla terra incontriamo altri, come fece Ignazio nella sua vita. Questi altri sono segnali che ci aiutano a mantenere la rotta e che c’invitano a convertirci ogni volta di nuovo... La conversione si fa sempre in dialogo, in dialogo con Dio, in dialogo con gli altri, in dialogo con il mondo. Prego affinché tutti coloro che s’ispirano alla spiritualità ignaziana possano fare questo viaggio insieme come una famiglia ignaziana. E prego affinché molti altri giungano a scoprire la ricchezza di questa spiritualità che Dio diede a Ignazio».
Profonda familiarità con Dio
L’obiettivo dell’Anno Ignaziano è dunque quello di invitare le persone a guardare la loro realtà in modo più profondo. Ignazio di Loyola ha fondato il suo Ordine per aiutare le persone a vedere che Dio sta lavorando nella realtà della loro vita e ad apprezzare il sogno più ampio e più grande a cui Dio ci chiama ogni giorno: ognuno di noi può avere un rapporto personale e appassionato con Dio.
Nel suo Messaggio p. Sosa si rivolge innanzitutto ai «compagni e compagne nella missione, laici, laiche, religiosi, religiose e a quanti, di altro credo religioso o di altre convinzioni umane partecipano alla medesima lotta. Durante l’Anno Ignaziano speriamo di condividere più a fondo con voi l’esperienza fondazionale sulla base della quale il corpo apostolico della Compagnia partecipa alla missione di riconciliare tutte le cose in Cristo. Molti di voi sentono una consonanza profonda con questa ispirazione, con il carisma che dà vita alla Compagnia di Gesù».
Rivolgendosi poi ai giovani, ha dichiarato di voler imparare ad accompagnarli: «ciascuno di voi è unico, è nato con un progetto particolare. Ignazio ha lottato per scoprire il senso della sua vita. In lui potete trovare ispirazione nella ricerca che ciascuno di voi sta facendo per fare della sua vita qualcosa di significativo, un contributo ad un mondo migliore, in cui si rispetti la dignità delle persone e si conviva gioiosamente con la natura. Manifesto il nostro desiderio di accompagnarvi attraverso tutte le nostre attività e soprattutto attraverso le nostre persone disposte a condividere tempo, sogni e speranza».
Ai fratelli gesuiti di tutte le generazioni dispersi in tutto il mondo ha ricordato che l’Anno Ignaziano costituisce una nuova chiamata ad ispirarsi ad Ignazio, il Pellegrino. La sua lotta interiore e la sua conversione lo hanno portato ad una più stretta familiarità con Dio. «Questa familiarità, questo amore intenso, gli permisero di trovare Dio in tutte le cose e di ispirare altri per formare, uniti, un corpo apostolico, pieno di zelo missionario. Siamo eredi di questo carisma e responsabili della sua validità nei tempi che viviamo».
Vita di povertà e cura dei poveri
In questo contesto carismatico, al centro del Messaggio troviamo la forte sottolineatura per una vita di povertà. «Per Ignazio una vita di povertà era espressione dell’intimità con Gesù, il Signore. Più che le parole, la sua povertà è stata un segno della sua trasformazione interiore, della sua crescente vulnerabilità davanti al Signore, della sua ‘indifferenza’ radicale nel disporsi a seguire la volontà di Dio, del suo sentire che tutto discendeva dall’alto come un dono». I membri attuali della Compagnia di Gesù possono ricevere e vivere questa grazia della povertà evangelica facendosi vicini alla forma di vita di Gesù, come fecero Ignazio e i primi compagni: «una relazione intima con il Signore è possibile se la desideriamo e la chiediamo con insistenza, come abbiamo imparato negli Esercizi Spirituali. È un’intimità che ci viene data non solo perché ciascuno ne goda tranquillamente. Al contrario, è un’intimità che ci rende capaci di amare e seguire più da vicino Gesù che continua a chiamarci, specialmente attraverso i più poveri ed emarginati, attraverso il grido della terra, attraverso tutto ciò che è vulnerabile. Per i primi compagni la vita in povertà di ciascuno e quella della comunità era sempre unita alla cura dei poveri. Questa è una parte sostanziale del carisma che abbiamo ereditato».
Ri-carismatizzazione della vita e della missione
La grande sfida è dunque quella di ascoltare il grido dei poveri, degli esclusi, di coloro la cui dignità è stata violata. «Abbiamo accettato di camminare con loro e di promuovere insieme la trasformazione delle strutture ingiuste che si sono manifestate così apertamente nell’attuale crisi mondiale. E permettetemi di essere chiaro: questa crisi non è solo sanitaria e economica, ma, soprattutto, sociale e politica. La pandemia del COVID-19 ha reso evidenti le gravi deficienze delle relazioni sociali a tutti i livelli, il dis-ordine internazionale e le cause dello squilibrio ecologico. Solo l’amore di Gesù porta la cura definitiva. Possiamo essere testimoni di questo amore solamente se stiamo uniti strettamente a Lui, tra noi e con gli scartati del mondo».
Vivere il voto di povertà nelle condizioni attuali del mondo esigerà cambiamenti anche nella cultura organizzativa. «La traiettoria degli Esercizi Spirituali può essere la nostra guida, incominciando da un profondo rinnovamento della nostra libertà interiore che ci porti all’indifferenza e ci faccia disponibili “a ciò che più conviene”. È anche necessario che riconosciamo le nostre deficienze e anche i nostri stessi peccati in questo ambito per poter ottenere l’identificazione di noi stessi con il Gesù povero e umile dei vangeli». Occorre allora domandarsi che cosa significhi nel nostro tempo introdurre cambiamenti nella vita di povertà religiosa dei Gesuiti per renderla più stretta. Questo significa capire quali siano le domande di questi tempi, mentre si guarda verso il futuro.
«L’esame della nostra vita di povertà si converte nella forma concreta di ispirare la conversione per una ri-carismatizzazione della nostra vita-missione». Questo può essere un momento di trasformazione. Può essere un momento che libera nuova energia, nuova libertà, nuove iniziative, nuovo amore per gli altri e i più afflitti in questo mondo. «Ricordare S. Ignazio di Loyola e la sua conversione ci dà nuovo slancio. Sì, il cambiamento è possibile. Sì, i nostri “cuori di pietra” possono diventare “cuori di carne”. Sì, il nostro mondo può trovare nuove modalità di crescita. Mettiamo le nostre mani in quelle di Gesù, nostro fratello e amico, e usciamo verso un futuro incerto ma ricco di speranza, fiduciosi che Lui sta con noi e che il suo Spirito ci sta guidando».
MARIO CHIARO