Donaci la pace
2021/7, p. 9
Frate Gioacchino sta per compiere 80 anni e pensa di chiedere ospitalità
ad un monastero per un ritiro di tre giorni, per tentare di fare un bilancio
della sua vita, con la calma concessa dall’età....
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DONACI LA PACE
Frate Gioacchino sta per compiere 80 anni e pensa di chiedere ospitalità ad un monastero per un ritiro di tre giorni, per tentare di fare un bilancio della sua vita, con la calma concessa dall’età.
Il primo giorno lo dedica alla sua vita attiva, cominciando dal periodo dei suoi studi a Roma, proprio nel tempo del Concilio, un periodo indimenticabile per l’entusiasmo di una vita nuova, con programmi di rinnovamento conciliari, compreso quello della sua famiglia religiosa.
Destinato alla formazione, cominciano i problemi: i suoi alunni sul Concilio pensano di avere idee più precise delle sue e, con sorprendenti semplificazioni, si dividono fra di loro e alcuni (molti?) preferiscono realizzarle per altre strade. La contemporanea diminuzione delle vocazioni, obbliga ad accorpare gli studentati e a tagliare altre opere. Con la conseguenza per frate Gioacchino di dover cambiare mestiere e di diventare esperto del ridimensionamento delle comunità e delle attività. Lavoro improbo e senza sbocchi se non si pensa a coinvolgere anche i laici, che bisognava formare al carisma e corresponsabilizzare nella gestione. Ma la situazione era tale che i laici prima divennero collaboratori e poi dirigenti, con frustrazione di alcuni religiosi che da padroni si trovarono garzoni. Primo giorno: il povero Gioacchino ha fatto il possibile, ma il tutto è una delusione, con la sensazione di un fallimento. Notte inquieta.
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E fu sera e poi mattina. Secondo giorno. Dedicato alla vita spirituale.
Fin da Roma si era ripromesso di fondare la sua vita spirituale sulla Parola di Dio e vi fu sempre fedele, con qualche difficoltà iniziale dovuta ad un approccio prevalentemente “scientifico”. Un’altra convinzione: essere aperto al mondo, superando un certo pessimismo di fondo. Ma s’accorse che doveva fare molte distinzioni, per non cadere nei tranelli di un mondo che vuol bastare a se stesso. Dopo alcuni passi falsi, si fece più prudente e più bisognoso di preghiera perché si scoprì più debole di quanto avesse pensato.
Rammentava tante persone sagge che lo avevano sorretto ed edificato, tante altre persone buone che avevano pregato per lui. E lodò Dio per il dono inestimabile della comunità. Concluse la giornata con la sensazione di aver perso molte occasioni per farsi santo. Però…poteva dire di aver servito il Signore e di aver avuto anche tante belle gioie, Notte con qualche inquietudine, ma tutto sommato tranquilla.
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E fu sera e poi mattina: terzo giorno. Frate Gioacchino si svegliò con il programma della giornata: vedere come vivere in pace gli ultimi giorni di vita, per la sua tranquillità e per quella dei suoi fratelli. Ma tranquillo non era, per il fatto di vedersi messo in disparte, o tra gli scarti, come direbbe papa Francesco.
Scese in chiesa con quel nome fisso nella mente, al punto che durante la preghiera gli sembrò di vedere san Francesco mentre spiegava ai suoi frati e a lui frate Gioacchino, personalmente, la perfetta letizia: “Se tutti ti dicono che sei stato un bravo e fedele servo del Signore, sii lieto, ma scrivi: ivi non è ancora perfetta letizia… E se dopo una vita di lavoro intenso, ti dicessero che ne hai indovinate poche e che comunque era giunta l’ora di farti da parte, anche con i tuoi consigli non richiesti… e tu lo farai perché hanno scartato anche il tuo Signore, quando aveva ancora molto da dire e da fare, scrivi: ivi è perfetta letizia”.
Frate Gioacchino rimase tutta la mattina in preghiera. Poi pranzò e se ne andò con il cuore in pace, lasciando in pace anche i suoi confratelli, che lo amarono ogni giorno di più.
PIERGIORDANO CABRA