MÜLLER ROLAND
“Oggi l’Europa è terra di missione”
2021/7, p. 6
Per la prima volta, con padre Gerard Francisco Timoner, un primo asiatico è stato eletto Maestro dell’Ordine domenicano.Nella seguente intervista il padre spiega come la sua origine asiatica (filippina) abbia qualcosa da offrire e sottolinea come dallo stile di sinodalità praticato da sempre nell’Ordine domenicano tutta la Chiesa può imparare qualcosa.

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Testimoni
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INTERVISTA A P. G. TIMONER MAESTRO GENERALE DEI DOMENICANI
"Oggi l'Europa è terra di missione"
Per la prima volta, con padre Gerard Francisco Timoner, un primo asiatico è stato eletto Maestro dell’Ordine domenicano. Nella seguente intervista il padre spiega come la sua origine asiatica (filippina) abbia qualcosa da offrire e sottolinea come dallo stile di sinodalità praticato da sempre nell’Ordine domenicano tutta la Chiesa può imparare qualcosa.
Quest'anno l'Ordine Domenicano celebra un anno giubilare: l'800° anniversario della morte del suo fondatore, San Domenico. Ma il coronavirus ha pregiudicato i piani delle celebrazioni e molte iniziative non potranno aver luogo. Li festeggiate lo stesso?
Ovviamente erano previsti pellegrinaggi e altre iniziative, ma purtroppo non sono possibili a causa della pandemia. Ma non dispiace più di tanto, perché col mio predecessore Bruno Cadoré, nel 2016, l'Ordine ha già celebrato l'800° anniversario della sua fondazione. Inoltre, San Domenico non è l'unico centro delle celebrazioni nel giorno della sua morte, piuttosto interessa di più la sua vocazione alla predicazione, che si è manifestata nell'Ordine. Per questo abbiamo volutamente messo in primo piano l'immagine della Mascarella in occasione del giubileo, la prima raffigurazione di Domenico dopo la sua canonizzazione, che lo raffigura a tavola insieme con i confratelli. Quindi non celebriamo il nostro fondatore come un santo che si trova da solo in una posizione eccezionale. In questo modo diamo risalto alla missione comune di tutti i frati predicatori, fratelli e sorelle. Il cardinale Zuppi, arcivescovo di Bologna, dove si trova la tomba di Domenico, mi ha detto di fronte alla situazione della pandemia, con un sorriso compiacente: "A Domenico ciò piacerà: egli ama stare in secondo piano”. Penso che abbia ragione. (ride). Ciononostante noi lo celebriamo lo stesso su piccola scala nelle nostre province e comunità, – proprio come si addice a Domenico. Ci sono molti santi dell'Ordine Domenicano che sono molto più famosi del nostro fondatore, come Alberto Magno, Tommaso d'Aquino o Caterina da Siena. Essi e tanti altri stanno in primo piano, mentre Domenico resta in secondo piano.
Molti altri fondatori dell'Ordine, come Francesco d'Assisi o Ignazio di Loyola, sono santi molto più conosciuti di Domenico. La sua relativa notorietà è più una benedizione o un discapito per l'Ordine dei predicatori?
Penso che sia piuttosto una benedizione. Perché in questo modo in primo piano non sta la persona Domenico, ma il suo messaggio e la missione dell'Ordine. Il nostro fondatore non è una personalità che brilla come San Francesco e la sua vita non ha avuto una conversione drammatica come quella di Sant'Ignazio. In questo senso, Domenico potrebbe anche essere un po' noioso. (ride) Non si può necessariamente fare un buon film sulla sua vita perché manca l’aspetto controverso e drammatico. Ma penso che sia un gran bene, perché così non saremo identificati in base alla persona del nostro fondatore, ma dalla sua missione per il bene della gente e della Chiesa. È significativo che non ci sia pervenuto un solo discorso o omelia dal fondatore dell'Ordine dei predicatori. Ironia della sorte oppure? (ride). Mi sembra che ciò sia stato pensato così dalla Provvidenza. L'Ordine da lui fondato è la sua predica attraverso i secoli. Le domenicane e i domenicani predicano il Vangelo in modi molto diversi: attraverso la predica nella Messa, nella vita di tutti i giorni, attraverso l'arte, nell'impegno per la giustizia o nel dialogo tra teologia e scienza.
Cosa significa il termine predicatore per l'Ordine oggi, ad esempio alla luce delle sfide che la Chiesa in Europa sta attualmente affrontando?
È molto interessante che anche dopo 800 anni le sfide che la Chiesa deve affrontare sembrino essere le stesse. Nel tardo Medioevo, Domenico avvertì che era necessario un nuovo modo di proclamare la fede cristiana. Oggi si direbbe una nuova evangelizzazione. Attualmente ciò è di nuovo molto importante. Posso raccontarvi a questo proposito un aneddoto: alcuni anni fa mi sono presentato ad un tale come domenicano e questi mi disse che ero "medievale" perché il nostro Ordine è stato fondato in quell’epoca. Io gli ho risposto: "No, io sono classico". (ride) L'Ordine dei predicatori è classico perché è senza tempo, ma ha qualcosa da dire in tempi diversi. L'Europa oggi è una terra di missione, ha bisogno di predicatori, annunciatori della fede. Mi viene in mente la storia di un giovane confratello europeo che non era stato battezzato né cresciuto cristianamente dai suoi genitori. Ancor giovane aveva trovato la fede, divenne cristiano ed entrò nell'Ordine. Avvicinò anche sua madre alla Chiesa. Non ho i numeri esatti, ma secondo la mia esperienza molti giovani in Europa sono così. A questo ha contribuito una generazione di genitori che non attribuiva grande importanza alla religione. Quindi, dal mio punto di vista, non è che i giovani lasciano la Chiesa. La maggior parte di loro non è nemmeno mai entrata, ma nel profondo del cuore hanno sete di Dio e della fede. Hanno bisogno di modelli cristiani di cui fidarsi, in cui possono avvertire che nella Chiesa c'è qualcosa di speciale da trovare. È così che deve avvenire l'evangelizzazione in Europa e altrove. Questa è una testimonianza che viene data non solo da sacerdoti o religiosi, ma ancor più dai laici, da tutti i credenti. Io trovo perciò molto interessante che i laici rappresentino di gran lunga il gruppo più numeroso nella famiglia del nostro Ordine.
In Europa il numero dei sacerdoti sta diminuendo costantemente. I laici perciò assumono un ruolo di maggiore significato nella Chiesa?
Non solo in Europa, ma in tutta la Chiesa, i laici diventeranno più importanti. In realtà, questo è già stato il caso fin dall'inizio della Chiesa. Se i chierici intendono il loro ministero come un servizio, allora va tutto bene, ma se si ritiene che l'unica cosa che conta nella Chiesa è solo chi è consacrato, allora questo è un problema. Il Concilio Vaticano II ha affermato che il sacerdozio deve essere sempre un servizio. È nostro compito come chierici servire il sacerdozio comune – i laici. La Chiesa deve sempre ricordare che tutti i credenti partecipano al sacerdozio. Questa nuova idea in realtà è molto antica e si ritrova anche nel nostro Ordine: da quando è stato fondato ci sono stati preti, monache, suore e laici.
Nota anche lei nell’Ordine domenicano un calo di vocazioni al sacerdozio?
La sfida della mancanza di sacerdoti è maggiore e più acuta in Europa, ma esiste in tutta la Chiesa – anche nel nostro Ordine. Lo dimostra uno sguardo alle cifre: abbiamo 43 province di frati, 20 delle quali in Europa. Il 47 per cento dei nostri sacerdoti vive in Europa. Nello studentato tuttavia soltanto il 32% vive in Europa; questo numero sta chiaramente diminuendo. Nel noviziato il 29% vive sempre meno in Europa. In questo continente, vive un numero di frati più anziani rispetto all’Asia e all’Africa. Perciò la demografia cambierà molto l'Ordine nei prossimi dieci o 20 anni. Cento anni fa, all'inizio degli anni '20, l'Ordine aveva all'incirca lo stesso numero di membri di oggi, da sei a settemila frati. Ma a quel tempo nella provincia dei Paesi Bassi c’erano 500 frati. Immaginatevi un paese così piccolo dove oggi sono rimasti solo pochi domenicani. Ma allora non avevamo province in Nigeria o nelle Filippine. Quindi i numeri rimangono complessivamente stabili, ma la distribuzione geografica dell'Ordine è cambiata molto. E in tutta la Chiesa la situazione è analoga.
Lei è il primo asiatico a ricoprire la carica di Maestro dell'Ordine. È un segno di un rivolgimento nella sua congregazione?
Alcuni la vedono in questo modo. Io direi piuttosto che è un segno della cattolicità dell'Ordine. L'Ordine domenicano è universale e perciò il Maestro dell'Ordine può provenire da qualsiasi luogo. Io vengo dalle Filippine e quest'anno celebreremo il 500° anniversario del primo battesimo e della prima santa Messa sul suolo del nostro Paese. Secondo gli standard europei, siamo giovani (ride). Il motto dei festeggiamenti è: Gifted to give: “Abbiamo ricevuto in dono per donare” .
Poiché abbiamo ricevuto qualcosa, sappiamo che dobbiamo trasmetterlo. Noi abbiamo ricevuto la fede cristiana dai missionari spagnoli che a quel tempo avevano attraversato l'oceano. È interessante notare che oggi il nunzio apostolico in Spagna è un filippino, l'arcivescovo Bernardito Auza, per inciso, membro di una comunità sacerdotale dell'Ordine domenicano. Si tratta quindi di un circolo di ricezione e trasmissione della fede.
La sua visione del passato coloniale è molto benevola, ma nei dibattiti attuali c'è una critica crescente sul fatto che i conquistatori hanno imposto la loro fede sui paesi conquistati. La vede anche lei così?
Sì, è vero, ma non del tutto. Naturalmente, il colonialismo ha lasciato dietro di sé strutture difficili. Ci furono abusi di potere lungo i secoli, anche da parte della Chiesa. Ma gli storici e i giornalisti spesso non parlano del fatto che ci fu anche un aspetto positivo dell’arrivo degli spagnoli nelle Filippine. Forse perché non si vede bene o non è troppo controverso. Tuttavia, se si leggono le lettere di reclutamento dei primi domenicani che si sono recati dall’Europa verso l’est, allora si ha un'idea di che tipo di persone dovevano essere. Sono stati raccontati tutti gli inconvenienti incontrati nel lungo viaggio sul mare insicuro. E si dice anche che i missionari dovevano imparare la lingua della popolazione locale per insegnare loro la fede. Prima ancora che il termine inculturazione esistesse, questi religiosi sapevano istintivamente di cosa si trattava. Dal secolo XVI proviene la prima traduzione del Padre Nostro in lingua nazionale filippina che recita: "Dacci oggi il nostro riso quotidiano". Dal mio punto di vista, la colonizzazione pertanto non è solo un'imposizione di ciò che è straniero, ma anche un approccio ad altre culture. Domingo de Salazar, primo vescovo di Manila e domenicano, si è prodigato per la difesa dei diritti dei popoli indigeni, indipendentemente dal fatto che fossero cristiani o meno. I missionari hanno contribuito a garantire che la colonizzazione non significasse solo oppressione. L'idea di pari dignità di tutti viene dal cristianesimo.
Come primo asiatico a capo dell'Ordine, fa qualcosa di diverso dai suoi predecessori? Ha una visione diversa dell'Ordine dei predicatori?
Naturalmente ho la mia visione dell'Ordine, che si basa sulla mia biografia. Ma non va dimenticato che l'Ordine è guidato dal Capitolo generale. Questo organismo supremo è un simbolo dell'universalità, della cattolicità dell’Ordine. Il compito del Maestro dell’Ordine è quello di attuare le risoluzioni del Capitolo generale. I membri del Consiglio generale, l'organo consultivo del Maestro dell'Ordine, provengono da tutto il mondo. C'è una prospettiva ampia dovuta alla diversità che viene espressa. Io ho una prospettiva diversa, un modo di pensare diverso da quello del mio predecessore, che era francese, ma non si può dire che questo "asiatizzerebbe" l'Ordine, perché è universalmente orientato.
Cosa intende quando dice di introdurre un modo di pensare diverso?
Un certo tipo di sensibilità verso culture diverse. L'importanza dell'interculturalità è nota a tutti, ma viene vissuta in modo differente. Io ho ricevuto una formazione più o meno orientata all'Occidente, ma sono cresciuto in un contesto asiatico. Il dialogo e l'impegno per i poveri e gli emarginati sono stati promossi dalla Chiesa in America Latina. Per questo per papa Francesco che viene dall'Argentina la giustizia sociale è così importante. In Africa si trova piuttosto una sensibilità per le differenze culturali. Della Chiesa in Asia si dice che coltiva un triplice dialogo: con i poveri, con le diverse culture e con le differenti religioni. Tutte le religioni del mondo provengono dall'Asia. In relazione all'intero continente asiatico, il cristianesimo è una religione minoritaria. Non nel mio paese d'origine, ma per quanto riguarda l'Asia nel suo insieme, sì. Anche in Europa, naturalmente, c'è tutto questo, ma le diverse religioni e culture sono molto simili. In Asia, invece, sono molto diverse. Se si viaggia da un paese asiatico all’altro ci si trova in un mondo diverso. Penso che questa sia la prospettiva che posso portare all'Ordine attraverso il mio incarico, perché questo dialogo è una parte importante di me stesso.
L'Ordine domenicano è diffuso in tutto il mondo e nelle singole province è orientato in modo diverso in un'ottica teologica e spirituale. Lo si può vedere, ad esempio, quando si confrontano i domenicani piuttosto liberali di Germania con i frati un po’ più conservatori negli Stati Uniti. Di fronte a questa diversità, come può riuscire a tenere unito l'Ordine?
Ha ragione, il nostro ordine è molto diverso a questo riguardo. A mio parere, ciò ha a che fare con le varie generazioni di domenicani: i più anziani appartengono alla generazione del Vaticano II, che ha portato molte innovazioni e ha aperto la strada alla teologia della liberazione. Ciò a volte viene definito "liberale", anche se io sono contrario a queste etichette perché la realtà è più complessa delle semplici etichette. E ci sono altri che forse desiderano una Chiesa del passato o una nuova Chiesa orientata in modo classico, con un'enfasi sulla liturgia e la scolastica. Queste diverse visioni e posizioni esistono non solo nell'Ordine, ma in tutta la Chiesa. La domanda è: come unire queste differenze? È un compito che si riscontra fin dall’inizio della Chiesa. Guardi al cosiddetto Concilio apostolico a Gerusalemme con Pietro e Paolo. Se a quel tempo ci fossero stati dei giornalisti, probabilmente avrebbero titolato: "Dibattito concitato tra gli apostoli" (ride). Ma hanno risolto le loro differenze attraverso il dialogo. Oggi le differenze nella Chiesa vengono preferibilmente risolte attraverso i concili o i sinodi. Nell'Ordine domenicano c’è il Capitolo. La nostra Costituzione è sinodale nel vero senso della parola, perché ciò significa camminare insieme. È comunità intesa in senso dinamico. Ogni tanto c'è qualcosa che assomiglia a degli scontri concitati, come a Gerusalemme, nel senso che i vari rappresentanti difendono appassionatamente le loro posizioni. Una costituzione sinodale è come un'autostrada costituita da diverse corsie che vanno verso la stessa destinazione: alcune sono più veloci e altre più lente, alcune viaggiano a sinistra e altre a destra, altre nel mezzo. Ma non bisogna mai dimenticare che tutti si muovono sulla stessa strada. Sarebbe una tragedia se le persone nella corsia di destra pensassero che quelle nella corsia di sinistra si trovano su un percorso diverso. È sbagliato come anche il contrario. Si può essere diversi nella Chiesa; siamo diversi, ma questo è esattamente il significato del termine cattolico. A volte ci sono anche coloro che hanno dei guasti alle loro auto lungo la strada e rimangono bloccati, ma non bisogna dimenticare che sono ancora per strada. (ride)
Papa Francesco parla molto di sinodalità. Cosa può lui, cosa può imparare la Chiesa dall'Ordine domenicano, che è molto democratico?
Sono un membro della Commissione Teologica Internazionale del Vaticano e ho fatto parte del gruppo che ha scritto il documento del 2018 "La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa". Durante lo scambio delle opinioni su questo argomento, la prima idea che mi è venuta in mente riguardava il mio Ordine: il nostro sistema di Capitoli, Consigli e assegnazione democratica degli incarichi. Naturalmente, emergono delle differenze in proposito, ma una volta presa una decisione, questa viene accettata da tutti. In questo modo noi manteniamo la nostra unità e comunione. Sinodalità significa cercare di capire l'altro anche se non si è d'accordo con lui. Sinodalità significa anche diritto di non essere di un unico parere, senza pregiudicare la comunione. È un po’ paradossale poiché un Sinodo riunisce persone con punti di vista diversi, ma l'obiettivo è mantenere la comunione. Dopo che tutti sono stati ascoltati, si cerca con una decisione di rimanere insieme nel mezzo. Credo che la sinodalità sia uno dei motivi per cui l'Ordine Domenicano non si è diviso negli 800 anni della sua esistenza - a differenza di altri ordini in cui ci furono delle rotture. La Chiesa può quindi imparare molto dalla costituzione comunionale e sinodale dei domenicani.
La sinodalità tuttavia ha bisogno anche di molto tempo, cosa che la Chiesa non ha secondo l'opinione di molti credenti riformisti in Germania. Un esempio è la richiesta dell’ordinazione delle donne ...
Discussioni come questa sono la conseguenza di permettere di esprimersi a tutte le posizioni nella Chiesa. Trovare il consenso su queste questioni controverse è molto difficile e può avvenire solo con l'aiuto dello Spirito Santo. Egli sorregge i cuori e le menti degli uomini e delle donne. Su questo argomento, penso che sia molto importante riflettere sul problema del clericalismo. Se nella Chiesa uno ha potere e autorità solo perché chierico, cioè dopo aver ricevuto il sacramento dell'ordine, ciò contraddice sostanzialmente l'idea del sacerdozio. Nell'esercizio del loro ufficio, i vescovi non devono dimenticare che in precedenza erano diaconi, cioè servi. Questa è la base del sacramento dell'ordinazione e del servizio sacerdotale ed episcopale. Quando questo si dimentica, allora si afferma il clericalismo.
ROLAND MÜLLER
trad. a cura di Antonio Dall’Osto