KROEGER H. JAMES
San Giuseppe: modello della missione
2021/6, p. 19
San Giuseppe fu dichiarato patrono della Chiesa universale da Pio IX nel 1870, 150 anni fa. Papa Francesco ha commemorato questo evento dichiarando un anno dedicato a san Giuseppe e donandoci la lettera apostolica, Patris Corde.

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San Giuseppe: modello della missione
San Giuseppe fu dichiarato patrono della Chiesa universale da Pio IX nel 1870, 150 anni fa. Papa Francesco ha commemorato questo evento dichiarando un anno dedicato a san Giuseppe e donandoci la lettera apostolica, Patris Corde. Ogni anno nella liturgia della Chiesa celebriamo due feste in onore di San Giuseppe. La solennità di Giuseppe, sposo di Maria, viene commemorata il 19 marzo; la festa di Giuseppe Lavoratore è ricordata il 1 maggio. Inoltre, non dimentichiamo che Giovanni Paolo II ha donato alla Chiesa Redemptoris Custos, un'esortazione apostolica su san Giuseppe.
La conoscenza storica di Giuseppe è limitata. In effetti, il suo ruolo è descritto in dettaglio solo nei racconti dell'infanzia di Matteo e Luca. Il suo nome appare in pochi altri luoghi, dove Gesù è identificato come "figlio di Giuseppe" e come "figlio del falegname". Questa mancanza di dati biografici dettagliati ci ricorda che i Vangeli sono principalmente "compendi della fede", scritti per suscitare un impegno di fede. In questo contesto, ci si potrebbe chiedere: è valido affermare che Giuseppe è un modello per la missione?
Giuseppe, secondo i racconti del Vangelo, era un falegname di villaggio; era anche un discendente del re Davide. La vita di Giuseppe a Nazareth era quella di un lavoratore tranquillo, umile e laborioso. Il suo stile di vita di villaggio era semplice e regolato. Era promesso sposo a Maria secondo l'usanza tradizionale ebraica. Giuseppe, come tutti gli evangelizzatori e missionari, cercò di servire fedelmente e umilmente il Signore nei numerosi compiti quotidiani, della vita ordinaria. La missione richiede fede e umile servizio.
Una terribile crisi sconvolge i piani di vita di Giuseppe: Maria è incinta. Giuseppe si trova davanti a un grande dilemma: cosa fa in questa situazione confusa? Formula un piano semplice: un "divorzio silenzioso". Giuseppe ha questo modo di procedere fedele alla legge ebraica e protegge anche Maria (per legge potrebbe essere lapidata). Egli sceglie una "via di mezzo". Fa la “cosa giusta”, assicurando che nessuno soffrirà; è veramente un “uomo "giusto". La missione deve inevitabilmente affrontare sfide e crisi; perciò è richiesto un grande discernimento. La missione cerca sempre il benessere di tutti; nessuno sarà danneggiato dalle decisioni o dalle azioni intraprese.
Proprio quando Giuseppe sembra avere sistemato tutto bene, Dio interviene in modo inaspettato, in sogno. A Giuseppe viene comandato di cambiare i suoi piani personali: prendi Maria come tua sposa! Modifica il tuo progetto. Riponi una fiducia radicale in Dio. Non avere paura! Credi in Dio, nonostante tutto il contrario. Sì, tutti gli evangelizzatori devono avere fede, credere. “La missione è una questione di fede” (RM 11). I missionari credono che Dio trae sempre il bene dalle situazioni difficili.
Giuseppe rimase impegnato con Maria – anche se ciò implicava attraversare molte difficoltà. C'erano dei sospetti e probabilmente anche dei pettegolezzi che circolavano a Nazareth. Giuseppe condusse Maria che era incinta nel lungo e pericoloso viaggio fino a Betlemme. Hanno affrontato il rifiuto ricevuto e Maria ha dato alla luce il figlio in una stalla rozza, sporca e maleodorante. Sono fuggiti come rifugiati in Egitto e per anni hanno vissuto come esuli in una terra straniera. Solo più tardi sono tornati a Nazareth. La missione richiede fedeltà ai propri impegni, in mezzo a circostanze difficili e frustranti.
Giuseppe crebbe con senso di responsabilità Gesù fino all'età adulta; ma, molto probabilmente morì prima che egli iniziasse il suo ministero pubblico. In breve, si nota che Giuseppe non vide pienamente i frutti delle sue fatiche, il ministero adulto di Gesù. Giuseppe servì fedelmente e diede tutto a Dio; non ha cercato riconoscimenti. Ha permesso che gli eventi accadessero nel "tempo di Dio". La missione richiede la stessa umiltà e il servizio nel nascondimento di sé. Quando e come i propri sforzi in missione porteranno frutti deve essere lasciato nelle mani di Dio.
Riflettendo sulla nascita di Gesù, ci si rende conto che è stato Giuseppe a tenere per primo tra le braccia il bambino appena nato; è la prima creatura umana a tenere in braccio Gesù, prima ancora di darlo a Maria. Che privilegio unico! Ma Giuseppe desiderava anche condividere Gesù con altri, i pastori, i magi. La missione richiede sia "tenere " sia "condividere" Gesù. Come Giuseppe, gli evangelizzatori vivono con Gesù e Maria; a partire da questa intimità condividono poi Gesù con gli altri.
Il significato del nome Giuseppe è: "lascia che Dio aggiunga". Giuseppe, modello della missione, ha permesso a Dio di aggiungere e accrescere, di riempire la sua vita di doni meravigliosi e inaspettati.
Amici, attraverso il battesimo siamo tutti missionari; guardiamo a Giuseppe come nostro modello per impegnarci nella missione. Vediamo in lui un modello per vivere come “discepoli missionari” (EG 120) all'interno della nostra Chiesa missionaria.
JAMES H. KROEGER,
MM Manila, Filippine