Dall'Osto Antonio
106 dal genocidio degli Armeni
2021/6, p. 12
Il 24 aprile scorso, a Jerevan capitale e più popolosa città dell’Armenia, è stato ricordato il 106° anniversario dello sterminio degli Armeni, o meglio di quello che viene chiamato il genocidio, che a tutt’oggi il governo turco si ostina a non riconoscere.

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106 anni dal genocidio degli Armeni
Il 24 aprile scorso, a Jerevan capitale e più popolosa città dell’Armenia, è stato ricordato il 106° anniversario dello sterminio degli Armeni, o meglio di quello che viene chiamato il genocidio, che a tutt’oggi il governo turco si ostina a non riconoscere. Migliaia di persone, indossando la mascherina, per via del coronavirus, hanno sfilato nella città, come avviene ogni anno in questa data, e hanno deposto fiori attorno alla fiamma perenne di Tsitsernakaberd, sotto la stele alta 44 metri, simbolo della rinascita armena.
A riaccendere la discussione ha cooperato ora anche il neo presidente americano, Joe Biden, che per la prima volta in un discorso ufficiale ha definito il massacro della popolazione armena ad opera dell’impero ottomano, un genocidio. Termine che ha fatto infuriare il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan.
Per comprendere cosa fu il genocidio armeno – come scrive il quotidiano online, il Post del 25 aprile scorso, bisogna anzitutto considerare che, se oggi la stragrande maggioranza degli armeni che non sono emigrati vive nell’area ristretta e senza sbocchi sul mare dell’attuale Armenia, per millenni la popolazione armena aveva abitato un’area molto più grande, nota come Anatolia orientale, che comprende in pratica la metà orientale della Turchia, sfocia nel mar Caspio e lambisce le regioni settentrionali degli attuali Siria e Iraq.
Per tutto il medioevo nella regione si susseguirono vari regni e dinastie armeni, affiancati da altri regni, fino alla conquista da parte dell’impero ottomano, tra il Quindicesimo e il Sedicesimo secolo...
All’inizio del Ventesimo secolo, circa due milioni e mezzo di armeni vivevano nell’impero ottomano, stanziati nell’ampia zona dell’Anatolia orientale, e c’erano grosse comunità di armeni anche nella regione confinante appartenente all’impero russo.
Due eventi epocali che lo spiegano
Il primo evento epocale all’interno del quale si inquadra il genocidio armeno fu la lunghissima crisi e poi il crollo dell’impero ottomano: durante la prolungata fase di instabilità politica, cominciata nel Diciannovesimo secolo, le tensioni nella società dell’impero ottomano spesso sfociarono nella violenza, e gli armeni, considerati un corpo estraneo dalla popolazione a maggioranza musulmana, furono vittime di violenze e stermini di massa. I primi massacri sistematici degli armeni, in alcuni casi incoraggiati dalle autorità ottomane, e in altri compiuti spontaneamente dalla popolazione, cominciarono negli anni Novanta dell’Ottocento e proseguirono con l’inizio del nuovo secolo.
Nel 1908 un gruppo rivoluzionario chiamato Comitato dell’unione del progresso (GUP), ma più noto con il nome di Giovani turchi, organizzò un colpo di stato contro il governo assoluto del sultano ottomano, prese il potere nell’impero e instaurò un governo costituzionale. Inizialmente il cambio di potere fu apprezzato dai leader della comunità armena: i Giovani turchi erano laici e promettevano di dare vita a un sistema di governo più liberale. Con il passare degli anni, tuttavia, il gruppo divenne sempre più autoritario e nazionalista, e cominciò a guardare agli armeni come a una possibile minaccia interna.
Il secondo evento epocale che spiega il genocidio fu la Prima guerra mondiale, assieme ai conflitti che la precedettero. Tra il 1912 e il 1913, nella Prima guerra balcanica, l’impero ottomano perse praticamente tutti i territori che deteneva nei Balcani, e i nuovi dominatori cristiani sottoposero le popolazioni musulmane a violenze e soprusi, e costrinsero moltissime persone a emigrare. La notizia delle violenze fu accolta all’interno dell’impero con grande costernazione e provocò un forte sentimento di rabbia e rivalsa nei confronti delle popolazioni cristiane, compresi gli armeni, che pure non avevano avuto ruoli nella guerra.
Allo scoppio della Prima guerra mondiale, i Giovani turchi si schierarono al fianco di Germania e Impero austroungarico contro Regno Unito, Francia e Russia. Il primo obiettivo degli ottomani era la Russia, e questo generò un grande interesse nei confronti degli armeni, che abitavano un po’ al di qua del confine, nell’impero ottomano, e un po’ al di là, nell’impero russo.
Sia gli ottomani sia i russi cercarono di convincere gli armeni a passare dalla loro parte, ma i leader armeni decisero che ciascuna comunità sarebbe rimasta fedele all’impero di appartenenza. Le cose sul campo furono più complicate, perché vari gruppi armeni si schierarono con entrambe le potenze, mentre molti altri furono sottoposti alla coscrizione forzata, e tantissimi disertarono. Anche gli armeni avevano i propri gruppi nazionalisti, e molti ne approfittarono per cercare di ottenere autonomia e indipendenza.
In ogni caso, l’impero ottomano perse piuttosto miseramente quasi tutte le battaglie contro i russi che si svolsero nelle aree abitate dagli armeni. Tra i ranghi ottomani cominciò a diffondersi l’idea che gli armeni fossero una quinta colonna che aiutava segretamente i russi, e soprattutto dopo la terribile sconfitta di Sarıkamış, nel gennaio del 1915, i Giovani turchi decisero che la colpa della disfatta era degli armeni.
Le atrocità degli ottomani
Questi divennero agli occhi degli ottomani una minaccia esistenziale, e tra il marzo e l’aprile del 1915 si delineò l’intenzione sistematica di eliminarli dal territorio dell’impero.
Gli intellettuali e i mercanti armeni nelle grandi città dell’impero, come Istanbul e Smirne, furono arrestati e in gran parte uccisi, ma il vero genocidio si compì nell’Anatolia orientale. Gli attacchi dell’esercito ottomano contro la popolazione armena e le persecuzioni sistematiche furono atroci. Alcune comunità armene cercarono di opporre resistenza, come quella della provincia di Van, sul lago omonimo, ma fu in gran parte inutile: quando le forze russe conquistarono Van, trovarono 55 mila cadaveri di armeni.
L’impero ottomano cominciò inoltre un vasto programma di deportazioni di massa: anziani, donne e bambini furono costretti a lasciare le loro case e a percorrere centinaia di chilometri a piedi per poi essere rinchiusi in decine di campi di concentramento nel deserto della Siria: la maggior parte dei prigionieri fu giustiziata o morì di stenti, di fame e di malattie.
Dei 2,5 milioni di armeni che si trovavano nell’impero ottomano all’inizio del secolo, il 90 per cento fu ucciso o deportato fuori dall’impero. Si stima che alla fine del genocidio circa un milione di armeni morì per mano degli ottomani. Alcune centinaia di migliaia di donne e bambini furono costretti a convertirsi all’Islam e furono adottati da famiglie turche, mentre moltissimi altri armeni fuggirono, creando una diaspora che ancora oggi è forte in molti paesi del mondo, compresi gli Stati Uniti.
Il genocidio armeno avvenne sotto gli occhi di giornalisti e diplomatici occidentali, in gran parte impotenti o non interessati a intervenire: soltanto nel 1915, il New York Times pubblicò 145 articoli sui massacri degli armeni, definendoli come «sistematici» e «autorizzati dal governo». Dopo la fine della Prima guerra mondiale ci furono alcuni tentativi di processare i principali responsabili del genocidio, ma furono in gran parte futili.
La Repubblica di Turchia appena nata adottò fin da subito una politica strettamente negazionista, alla quale non ha più rinunciato: ancora oggi la Turchia non riconosce l’Armenia e non intrattiene rapporti con lo stato armeno.
ANTONIO DALL’OSTO