Pangrazzi Arnaldo
La gioia e i suoi benefici
2021/5, p. 32
La gioia spontanea produce molteplici benefici, promuove il benessere, favorisce la comunicazione, agevola le amicizie, sostiene l’ottimismo, accende la creatività, dimostra gratitudine. La vita senza allegria è una lampada senza olio.

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UN TESORO DA SCOPRIRE
La gioia e i suoi benefici
La gioia spontanea produce molteplici benefici, promuove il benessere, favorisce la comunicazione, agevola le amicizie, sostiene l’ottimismo, accende la creatività, dimostra gratitudine. La vita senza allegria è una lampada senza olio.
William Ward scriveva: “L’avventura della vita è imparare. Lo scopo della vita è crescere. La natura della vita è cambiare. La sfida della vita è superare. L’essenza della vita è curare. La grande occasione della vita è servire. Il segreto della vita è osare. Il sale della vita è fare amicizia. La bellezza della vita è dare. La gioia di vivere è amare”.
In poche parole Ward ha sintetizzato il senso della vita e della felicità.
Le creature che meglio interpretano la gioia sono i bambini: non cercano la ricchezza, il successo o il possesso dei beni, per essere appagati. Sono felici con poco: si divertono correndo in un parco, raccogliendo conchiglie sulla spiaggia, svagandosi con gli amici, camminando in un bosco, ascoltando una favola, catturando una rana. Il loro comportamento rammenta come non servano paradisi artificiali per essere contenti: basta andare in bicicletta, fare bolle di sapone, costruire castelli di sabbia, giocare a nascondino.
Il segreto della gioia nei bambini è restare assorbiti nel presente, assaporare ogni momento con leggerezza, vivere la vita come un mistero da scoprire e non come un problema da risolvere.
Nei piccoli la vocazione al sorriso è più spiccata e spontanea, mentre tende a scemare man mano che passano gli anni, a causa di censure, etiche soffocanti o la fatica del vivere.
L’adulto resta giovane nella misura in cui vive intensamente i frammenti di ogni giorno, è disposto a giocare e a sognare, mantiene vivo il bambino che ha dentro.
Il significato della gioia
Paolo Coelho raccomandava: “Scegli di avvicinarti a quelli che cantano, raccontano storie, si godono la vita e hanno la gioia nel cuore. Perché la gioia è contagiosa”.
La gioia è la piacevole emozione che si prova quando ci si sente amati, si consegue un obiettivo, si realizza un progetto, si sperimenta il clima gioioso di una festa, si vivono nuove esperienze, si dilata la mente e l’interiorità, si godono attimi di beatitudine.
Questa emozione fondamentale ingloba una moltitudine di voci, alcune più leggere e sfumate, altre più forti e intense.
Nella geografia delle voci più tenui si possono annoverare: il gaudio, il sollievo, la contentezza, il benessere, la pienezza, l’ilarità, la letizia, il brio, l’allegria, e così via.
Nel vocabolario delle sfumature più intense possiamo includere: la felicità, la sorpresa, l’eccitazione, il tripudio, l’esultanza, il giubilo, l’estasi, l’euforia, e così via.
Si è gioiosi per mille ragioni: una buona notizia, un pranzo gustoso, una visita inaspettata, la vittoria della propria squadra, un viaggio indimenticabile, una giornata di sole, un’iniezione di umorismo, una terapia che ha dato buoni risultati, il ritorno di un figlio, un pellegrinaggio carico di emozioni, cambiamenti positivi nel contesto relazionale o lavorativo, un canto o una poesia che fanno vibrare il cuore.
Il poeta uruguayano Mario Benedetti, figlio di immigrati italiani e uno degli autori più amati della letteratura latino-americana, nel suo ultimo libro “Il diritto all’allegria” scriveva a proposito di questa emozione: “A volte è fumo o nebbia o un cielo velato. Ma dietro questi contrattempi c’è lei, in attesa. Nell’anima c’è sempre una fessura a cui l’allegria si affaccia con le pupille spalancate”.
La gioia è un’energia che si diffonde nel corpo e si manifesta nella luminosità dello sguardo, la rilassatezza del volto, la festosità del sorriso, la scioltezza dei gesti e dei movimenti.
Gioia e salute
La gioia, più di ogni altro sentimento, contribuisce alla salute della persona. La si può avvertire interiormente attraverso un senso di pace e serenità o trova manifestazioni esterne attraverso la danza, la musica, il buon umore, la vivacità espressiva.
Ippocrate, nel V secolo a.c., asseriva che “il buon umore è in grado di combattere le malattie”.
Ridere e sorridere producono riflessi salutari sulla condizione di benessere. Molte ricerche confermano come una bella risata, suffragata da pensieri positivi, migliori l’equilibrio tra sistema simpatico e parasimpatico, favorisca la distensione della muscolatura, sia un naturale antidolorifico e abbia effetti benefici sul sistema immunitario.
Il nostro tempo, così segnato dalla paura, dallo stress e dall’ansietà, invoca urgentemente il recupero del sorriso e del buon umore, per ridonare l’uomo alla vita e la vita all’uomo.
Del resto “La vita senza allegria è una lampada senza olio” (Walter Scott) o come indicava Don Orione “chi non ride non è una persona seria”.
Ritrovare il sorriso è il sentiero per risvegliare il bambino che è in noi, e sprigionarne la vitalità e creatività.
Ridere migliora la qualità della vita, è un balsamo per i sani e un farmaco per i malati, aiuta ad invecchiare meglio, concorre all’armonia interna e alla comunione con gli altri.
Giovanni Bizzarri, un poeta pistoiese del novecento, in una toccante poesia dal titolo “Solo”, richiama la funzione sociale della gioia:
“La gioia s’è fermata
stamattina nella mia casa.
Prima di stringerla al cuore
ho girato tutte le stanze
sempre gridando: “La gioia,
è venuta la gioia a trovarmi!”.
Son corso alla finestra,
sono uscito fuori dalla porta
ho cominciato a chiamare:
“Venite tutti, correte:
in casa mia c’è la gioia!”
Ho detto allora alla gioia:
“Non ho nessuno in casa mia,
ripassa un’altra volta”.
Tutti dobbiamo un tributo di gratitudine a comici, clown e attori che, oltre all’“homo faber” e all’“homo sapiens”, ci hanno fatto gustare il valore dell’“homo ridens”, tra questi: Charlie Chaplin, Stanlio e Olio, Totò, Fantozzi, Don Camillo e Peppone, o film, quali: “Patch Adams” e “La vita è bella” di Benigni.
I benefici della gioia
Per la maggior parte delle persone la gioia è probabilmente il sentimento più facile da gestire. Ma non per tutti.
Alcuni si trovano più a loro agio con la malinconia, altri con la collera, altri ancora sono governati dall’ansietà.
La gioia spontanea produce molteplici benefici, tra cui:
- promuove il benessere. Secondo una ricerca realizzata in California negli anni ’70 bastano 14 piccoli muscoli facciali per sorridere, mentre ne occorrono 73 per tenere il broncio. Chi è contento tende a vedere le cose positivamente, manifesta fiducia, gode di una sana autostima;
-favorisce la comunicazione: la persona sorridente si racconta e tesse relazioni attraverso lo sguardo, il volto, la vivacità espressiva;
-agevola le amicizie: chi è gioioso comunica simpatia e garantisce una dinamica rete di rapporti sociali;
-sostiene l’ottimismo: la persona allegra, anche nelle avversità, tende a vedere il bicchiere mezzo pieno, risalta gli aspetti positivi nelle crisi e irradia un atteggiamento speranzoso.
Talvolta, la gioia ha il volto dell’umorismo che sa cogliere i lati comici delle situazioni;
-accende la creatività: un animo gioviale garantisce una mente aperta, capace di intravedere risposte innovative dinanzi agli ostacoli e ai problemi;
-dimostra gratitudine: la letizia trova espressione nel senso di apprezzamento e riconoscenza per tutto ciò che si è, si ha e si riceve, dal sole alla pioggia, dal sentirsi benvoluti al donarsi agli altri.
Come affermava Jean Royer: Ciò che chiamiamo felicità è la nostra capacità di amare la vita”, per cui se la gioia contribuisce a vivere intensamente ogni attimo, se aiuta a prevenire le malattie, se ristruttura creativamente il pensiero e la realtà, se promuove l’autostima, ben venga questo prezioso lubrificante della vita.
La gioia illusoria e artificiosa
Ci sono, però, anche dei risvolti negativi della gioia, quando essa diventa ingannevole e fasulla.
La ricerca affannosa del piacere e della gratificazione maschera comportamenti che ostacolano la crescita, quali:
-la tendenza all’intemperanza: l’eccesso del bere, del mangiare, del viaggiare alimentano una falsa parvenza di gioia;
-l’immaturità: il soggetto si lascia travolgere dai propri impulsi e bisogni, diventando capriccioso e privilegiando l’aspetto godereccio della vita e trascurando le proprie responsabilità;
-l’autoreferenzialità e l’impazienza: il gaudente è portato ad assolutizzare i propri bisogni, diventando insensibile ad altri valori e ad altre persone;
-la fuga dal dolore: la ricerca di una falsa gioia innesca atteggiamenti di evitamento delle situazioni dolorose, nella presunta illusione di evitarle, o comportamenti di fuga da lavori noiosi o da responsabilità stressanti;
-la tendenza a relativizzare il dolore del prossimo: talvolta l’eterno ottimista non sa entrare in empatia con chi soffre, ma ne relativizza il calvario, con facili espressioni, quali: “Tranquillo, tutto andrà bene”; “Sorridi e pensa a chi soffre più di te”; “Dio manda queste prove alle persone che ama di più”.
Il vestito della gioia
San Paolo, scrivendo ai Filippesi, insisteva: “Siate lieti! Ve lo ripeto: siate sempre allegri nel Signore” (Fil 4,4).
La capacità di essere gioiosi differisce da persona a persona ed è indubbiamente influenzata da fattori biogenetici, famigliari, culturali e socio-economici.
La povertà, di per sé, non influisce negativamente sullo sviluppo della gioia, tant’è che bambini molto poveri sono felici di giocare nel fango, mentre bambini ricchi sono insoddisfatti in mezzo a centinaia di giocattoli.
Così possiamo imbatterci in persone che godono di buona salute fisica, ma sono tristi, mentre altre che sono malate trasmettono serenità e pace.
La gioia è un bene che si coltiva dentro, inizia con il volersi bene e poi si irradia fuori, come la luce.
Coloro che sono sereni o solari esprimono le proprie potenzialità, sono guidati da pensieri positivi, sono flebo di speranza, amano la vita e sprizzano allegria da tutti i pori.
Sono quanti hanno appreso a: “Vivere con leggerezza, ma non sconsideratamente; essere gioiosi senza essere chiassosi, essere coraggiosi senza essere temerari; mostrare fiducia e allegra rassegnazione senza fatalismo – questa è l'arte di vivere” (Jean de La Fontaine).
p. ARNALDO PANGRAZZI