Militello Cettina
Maria “corredentrice”?
2021/5, p. 18
La beata Vergine cooperò in modo tutto speciale all’opera del Salvatore. Per questo è diventata per noi madre nell’ordine della grazia. Ma uno solo è il nostro mediatore. La sua funzione materna verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce questa unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l’efficacia.

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UNA PRECISAZIONE TEOLOGICA
Maria “corredentrice”?
La beata Vergine cooperò in modo tutto speciale all'opera del Salvatore. Per questo è diventata per noi madre nell'ordine della grazia. Ma uno solo è il nostro mediatore. La sua funzione materna verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce questa unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l'efficacia.
La devozione verso la Madre del Signore ha indotto e induce il popolo cristiano a renderle lode attraverso una serie di espressioni, anche lontane dalla sobrietà della Scrittura. Come un/a innamorato/a fa a gara a trovare espressioni degne dell’amato/a, così nella lunga storia della pietà verso Maria assistiamo a un vero e proprio gioco d’artificio, a un incalzare di termini che, se intesi nella loro valenza teologica, sembrano incrinare il punto fermo della nostra fede: solo Cristo è il nostro salvatore, solo Cristo è mediatore tra Dio e gli uomini, solo Cristo è il nostro redentore.
Un percorso teologico in varie tappe
Il lungo percorso della teologia, in ciò che si riferisce a Maria, è stato segnato da diverse tappe. Una prima ce ne ha trasmesso la presenza e le pochissime parole, pure significative teologicamente parlando. Pur se diversamente, sia Luca che Giovanni la propongono nel segno del discepolato.
Una seconda, quella degli apocrifi, oggi considerati una fonte storica importante, è quella in cui si colmano i vuoti e si fa più spazio all’immaginazione. Apprendiamo così dell’infanzia di Maria, ad esempio; o le vicende relative all’infanzia del Salvatore; o, ancora, ci giungono racconti relativi al suo transito.
Di certo nella comunità ecclesiale cresce l’attenzione alla Madre del Signore. La si guarda come figura esemplare; si proietta in lei ogni santità; la si invoca; la si sente prossima nel mistero della comunione dei santi – il canone romano la nomina per prima e innanzitutto.
E ancor prima la sobrietà dei simboli di fede la chiama in causa, unitamente allo Spirito, nell’articolo relativo all’incarnazione del Verbo. Proprio lo sviluppo della cristologia, la messa a fuoco della identità umano-divina di Gesù, giustifica il termine Theotokos, comunemente tradotto con Madre di Dio ma più esattamente da tradurre “Genitrice di Dio” nel senso che per suo tramite il Verbo assume la condizione umana.
Si aggiunga a ciò l’assenza nella religione cristiana di un femminile divino e della necessità di colmare il vuoto determinato, in gran parte dell’area mediterranea, dal venir meno delle divinità femminili. Passano così a Maria tutti gli appellativi rivolti alla dea Iside o alla “Magna mater deorum”.
Nei secoli che seguono Maria assume un ruolo sempre più conforme alla visione culturale di un femminile “potente” e “materno”. La troviamo così interposta tra il Figlio giudice e l’umanità peccatrice, lei sola capace d’intercedere e di ottenere misericordia.
Questa collocazione/esaltazione di Maria a un tempo cortese e funzionale nutre un crescendo massimalista da cui prenderà le distanze la Riforma, rivendicando l’unicità di Cristo, la sua singolarità assoluta in ordine alla redenzione. I riformatori iscrivono Maria nel discepolato e ne contestano un ruolo di intermediaria. Per semplificare con uno slogan, si può pregare con Maria, ma non pregare Maria.
E poiché quest’atteggiamento sarà letto come lesivo della sua dignità, la parte cattolica polemicamente farà di Maria la donna del privilegio, approssimandola sempre più al Figlio. In tempi a noi più vicini, dopo secoli di estenuanti controversie, la si proclamerà “immacolata” ossia partecipe sin dal concepimento di una condizione di pura e piena grazia, necessaria per generare il Figlio dell’Altissimo nella carne; e “assunta”, ossia partecipe, immediatamente partecipe, corpo ed anima, della condizione del Figlio vincitore della morte.
Corredentrice?
Non stupisce che, acquisiti questi ultimi dogmi, si sia messa in moto una macchina da guerra volta a chiedere la promulgazione di un quinto dogma, quello di Maria “corredentrice”. Si vorrebbe definito solennemente il suo ruolo in ordine alla salvezza. Come dice il termine stesso la si vorrebbe dichiarata co-redentrice, prossima al Figlio e dunque attiva nell’azione di lui a favore della umanità peccatrice.
Il movimento, tornato alla ribalta malgrado la svolta operata dal Concilio, si ripropone di ottenere lo stesso risultato conseguito da movimenti analoghi che, nell’ottocento e nella prima parte del ‘900, hanno contribuito a dichiarare quali dogmi verità non fondate nella Scrittura ma riconosciute tali a partire dalla fede in atto, dal sensus fidei, espressione anch’esso della infallibilità della Chiesa.
Uno solo è il mediatore tra Dio e gli uomini
Sulla corredenzione, però, il discorso è un po’ più complesso. E, credo valga la pena di riascoltare LG VIII che, riproponendo una mariologia misurata, biblica, patristica, ecumenica, ha ben precisato quali siano i termini del problema.
«Uno solo è il nostro mediatore, secondo le parole dell'Apostolo: «Poiché non vi è che un solo Dio, uno solo è anche il mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù, che per tutti ha dato se stesso in riscatto» (1 Tm 2,5-6). La funzione materna di Maria verso gli uomini in nessun modo oscura o diminuisce questa unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l'efficacia…
La beata Vergine … fu su questa terra l'alma madre del divino Redentore, generosamente associata alla sua opera a un titolo assolutamente unico, e umile ancella del Signore… cooperò in modo tutto speciale all'opera del Salvatore.... Per questo ella è diventata per noi madre nell'ordine della grazia.
E questa maternità di Maria nell'economia della grazia perdura senza soste …. Per questo la beata Vergine è invocata nella Chiesa con i titoli di avvocata, ausiliatrice, soccorritrice, mediatrice. Ciò però va inteso in modo che nulla sia detratto o aggiunto alla dignità e alla efficacia di Cristo, unico Mediatore.
Nessuna creatura infatti può mai essere paragonata col Verbo incarnato e redentore. Ma come il sacerdozio di Cristo è in vari modi partecipato … così anche l'unica mediazione del Redentore non esclude, bensì suscita nelle creature una varia cooperazione partecipata da un'unica fonte. La Chiesa non dubita di riconoscere questa funzione subordinata a Maria...» ( nn. 60-62, passim).
Insomma, come ha poi affermato Giovanni Paolo II nella “Redemptoris Mater” quella di Maria è una cooperazione salvifica materna speciale subordinata (cfr. nn. 38-41). E lo è, come abbiamo ascoltato dal testo conciliare, a partire dal fatto che in una certa misura, a ragione del carisma e dell’ufficio da ciascuno esercitato nel corpo di Cristo che è la Chiesa, tutti partecipiamo al mistero di Lui, nostro redentore. Se ciò ovviamente connota particolarmente, meglio singolarmente, Maria a ragione del munus e officium a lei proprio, l’essere madre del Redentore (cfr. LG 63), non fa tuttavia di lei la corredentrice, restando unico e solo il nostro Redentore.
Purtroppo del Concilio ci si ricorda ormai poco. E la pressione circa la proclamazione del quinto dogma si fa sempre più forte in tante parti del mondo, in America soprattutto. Lo è già stata sotto il pontificato di Giovanni Paolo II che, malgrado la sua illimitata devozione a Maria, non ha ritenuto di poter procedere nella direzione richiesta. In qualche modo ha veicolato il suo no la risposta negativa elaborata dalla Pontificia Accademia Mariana Internazionale (Congresso internazionale di Częstochowa del 1996) su richiesta della Congregazione per la dottrina della Fede.
La devozione però non demorde, soprattutto in un tempo qual è questo nostro. Tempo incerto, sospeso, in cui facilmente ci si rifugia in forme di religiosità fantasiose.
La LG 67 invitava i predicatori «ad astenersi con ogni cura da qualunque falsa esagerazione, come pure da una eccessiva grettezza di spirito, nel considerare la singolare dignità della Madre di Dio» e ricordava ai fedeli «che la vera devozione non consiste né in uno sterile e passeggero sentimentalismo, né in una certa qual vana credulità, bensì procede dalla fede vera, dalla quale siamo portati a riconoscere la preminenza della madre di Dio, e siamo spinti al filiale amore verso la madre nostra e all'imitazione delle sue virtù». Va detto, purtroppo, che sentimentalismo e credulità vengono incrementati da chi non vuole il popolo di Dio alacre e consapevole, e preferisce un gregge, reso inerte da una fede visionaria ed enfatica che lo chiude in se stesso e lo disimpegna dal dovere di adoperarsi a favore del Regno di Dio.
Questo, a mio parere, sta dietro l’intervento, quasi estemporaneo, in realtà ricco di spessore, di papa Francesco che il 24 marzo, vigilia dell’Annunciazione del Signore, nell’udienza del mercoledì, ha affermato: «Cristo è il Mediatore, … È l’unico Redentore: non ci sono co-redentori con Cristo. È il Mediatore per eccellenza, è il Mediatore. .. l’unico Mediatore tra Dio e gli uomini.
Il vero ruolo di Maria, oltre ogni esagerazione
Dall’unica mediazione di Cristo prendono senso e valore gli altri riferimenti che il cristiano trova per la sua preghiera e la sua devozione, primo tra tutti quello alla Vergine Maria, la Madre di Gesù…. Maria è totalmente rivolta a Lui. A tal punto, che possiamo dire che è più discepola che Madre. … Sempre segnala Cristo; ne è la prima discepola. Questo è il ruolo che Maria ha occupato per tutta la sua vita terrena e che conserva per sempre: essere l’umile ancella del Signore, niente di più…
… Come Madre alla quale Gesù ci ha affidati, avvolge tutti noi; ma come Madre, non come dea, non come corredentrice: come Madre. È vero che la pietà cristiana sempre le dà dei titoli belli, come un figlio alla mamma: quante cose belle dice un figlio alla mamma alla quale vuole bene! Ma stiamo attenti: le cose belle che la Chiesa e i Santi dicono di Maria nulla tolgono all’unicità redentrice di Cristo. Lui è l’unico Redentore. Sono espressioni d’amore come un figlio alla mamma – alcune volte esagerate. Ma l’amore, noi sappiamo, sempre ci fa fare cose esagerate, ma con amore…» (cfr. www.vatican.va, Catechesi del 24/3/2021)
Il tema della catechesi era quello della “preghiera in comunione con Maria”. Ci si poteva aspettare altro, ma sono queste le ferme parole che ha pronunciate.
È la maternità divina a collocare Maria nel suo ruolo unico, singolare. E tuttavia questo stesso titolo altissimo che le compete guarda al Figlio, vale cioè nella prospettiva del Figlio di Dio che da lei prende carne. La stessa maternità non può sminuire ciò che veramente la fa grande: l’essere discepola e serva del Signore. In ciò per prima e singolarmente essa mette in atto la dinamica propria dell’accogliere la parola e del porsene a servizio. Compito di noi tutti nel corpo di Cristo che è la Chiesa.
Possiamo - e lo ha già fatto Paolo VI proprio chiudendo la III Sessione del Concilio, - rivolgerle tutte le parole affettuose che vogliamo, possiamo strafare e stradire, sedotti dall’amore verso di lei. Ma queste amorose esagerazioni – come le chiama il Papa – non possono indurci a dirla “corredentrice”. Maria non è una dea – espressione felicissima e dirimente!–; è una creatura, su cui si è posata sovrabbondante la grazia. E ciò ci consola e rassicura. La sappiamo presente e vicina nella comunione dei santi. Ci è compagna, amica, sorella nell’eccedenza del farsi prossimo a ciascuno/a di un Dio, innamorato di ogni sua creatura.
CETTINA MILITELLO