Chiaro Mario
Un paese ridotto a un cumulo di macerie
2021/5, p. 8
Come ha affermato il nunzio apostolico di Damasco, mons. Mario Zenari, la Siria è stata abbandonata sul ciglio della strada dopo essere stata malmenata e derubata da vari ladroni. Similmente a quanto descritto nella parabola evangelica, attende ora il Buon Samaritano che si chini sulle sue ferite.

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SITUAZIONE DRAMMATICA IN SIRIA
Un paese ridotto a un cumulo di macerie
Come ha affermato il nunzio apostolico di Damasco, mons. Mario Zenari, la Siria è stata abbandonata sul ciglio della strada dopo essere stata malmenata e derubata da vari ladroni. Similmente a quanto descritto nella parabola evangelica, attende ora il Buon Samaritano che si chini sulle sue ferite.
Con una lettera di un gruppo di 18 ministri degli Esteri dell’Unione Europea, pubblicata su Avvenire (30/3/2021), la diplomazia occidentale ha denunciato esplicitamente, dopo dieci anni di conflitti e di orrori, i crimini contro l’umanità che hanno devastato la Siria. La primavera araba sbocciava infatti in Siria nel marzo del 2011, con le parole-graffiti sui muri delle scuole di Da’ra: segni della voce del popolo che chiedeva al regime di Damasco la democrazia e il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali. «La brutale risposta del regime ha innescato una delle azioni criminali e delle crisi umanitarie più gravi dalla Seconda guerra mondiale, provocando oltre 400mila morti e infinite violazioni dei diritti umani».
Più della metà della popolazione siriana ha dovuto lasciare le proprie case e più di 6 milioni di siriani sono fuggiti dal paese per scampare alle atrocità del regime. Decine di migliaia di persone sono state fatte sparire con la forza. Il regime siriano ha usato ripetutamente armi chimiche contro il suo stesso popolo. «Non resteremo in silenzio, hanno affermato i ministri europei, di fronte alle atrocità avvenute in Siria, per le quali il regime e i suoi fiancheggiatori esterni sono i principali responsabili. Molti di questi crimini, compresi quelli commessi da Daesh e da altri gruppi armati, possono costituire crimini di guerra e crimini contro l’umanità. È obbligo di ognuno di noi combattere l’impunità ed esigere che siano individuati i responsabili per i crimini commessi in Siria indipendentemente dall’autore. È una questione di giustizia per le vittime. Data la gravità dei delitti, continuiamo a chiedere che la Corte penale internazionale venga autorizzata a indagare sui crimini commessi in Siria e a perseguire i responsabili».
Il dramma degli sfollati e dei profughi
Con il titolo “La speranza del ritorno. Dieci anni di guerra, fra violenze, distruzione e vite sospese” Caritas Italiana ha pubblicato un Dossier che conferma appieno la denuncia dei politici europei, focalizzandosi in particolare sui milioni di civili in fuga. Secondo l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Unhcr), i siriani costituiscono il maggior numero di sfollati forzati nel mondo. Sono 13 milioni le persone costrette a lasciare le loro case a partire dal 2011: circa la metà ha dovuto compiere la difficile scelta di abbandonare il paese, cercando rifugio in altre nazioni come Turchia, Giordania, Libano e Germania, che attualmente ospitano il maggior numero di profughi siriani a livello globale. Gli altri 6,2 milioni di siriani sono invece sfollati interni, che si concentrano in particolare nel nord-ovest e nord-est della Siria, in aree fuori dal controllo delle forze del presidente Bashar al Assad. Uno spostamento che continua: sono oltre un milione i “nuovi” sfollati nei primi mesi del 2020, a causa dell’attacco alla città di Idlib e alle aree a nord di Aleppo da parte delle forze di Assad e dai suoi alleati. Sono famiglie costrette a vivere in campi improvvisati al confine con la Turchia, in condizioni sub-umane.
Questa drammatica questione degli sfollati interni e dei profughi siriani è stata sollevata più volte da papa Francesco. Nel dicembre 2020, in occasione dell’incontro del Dicastero per lo sviluppo umano integrale proprio sulla crisi umanitaria in Siria e Iraq, il pontefice ha chiamato in causa la comunità internazionale perché compia «ogni sforzo per favorire questo rientro, garantendo le condizioni di sicurezza e le condizioni economiche necessarie perché ciò si possa avverare. Ogni gesto, ogni sforzo in questa direzione è prezioso». Nel messaggio per la celebrazione della 54a Giornata mondiale della pace del 2021, ha poi ribadito la necessità che «in molte parti del mondo occorrono percorsi di pace che conducano a rimarginare le ferite; c’è bisogno di artigiani di pace disposti ad avviare processi di guarigione e di rinnovato incontro con ingegno e audacia».
Il bisogno di assistenza umanitaria
La Siria, oggi, è un paese in macerie pur restando tuttavia uno snodo fondamentale per gli equilibri del Medio Oriente. La parte militarmente peggiore della guerra siriana sembra conclusa. Il Califfato è stato sconfitto, ma controlla ancora alcune fette di territorio. La Turchia continua purtroppo a costituire una minaccia alla stabilità del paese. Nel contempo, Egitto, Stati del Golfo e Russia si stanno adoperando per avviare i primi passi del processo di ricostruzione fisica della nazione.
In questo contesto, l’Agenzia che coordina le emergenze umanitarie per le Nazioni Unite segnala un grave peggioramento nel numero delle persone in stato di bisogno umanitario per il 2021: oltre 13 milioni di persone, a fronte di 11 milioni nel 2020. Tra questi, più di 6 milioni sono bambini. Tale peggioramento è dovuto non tanto agli effetti diretti degli scontri bellici, ma alla povertà dilagante come conseguenza di dieci anni di guerra, a cui si somma la gravissima crisi finanziaria che ha colpito il Libano e la crisi economica derivante dalla pandemia di Covid-19. Tra questi 13 milioni di persone, 560 mila sono anziani, oltre 3 milioni hanno delle disabilità fisiche o mentali e più della metà sono donne. Un altro dato importante riguarda le famiglie che hanno fatto ritorno in Siria: su 448 mila persone rientrate, 320 mila sono in stato di bisogno umanitario. Il piano di aiuti delle Nazioni Unite per il 2021 prevede di raggiungere nel complesso solo 10,5 milioni di persone.
A fine 2020 la povertà colpisce circa il 90% della popolazione siriana. Più di 2 milioni di siriani vivono in condizioni di “povertà estrema”. A causa della crisi economico-finanziaria libanese e delle sanzioni internazionali, il costo del paniere di beni per una famiglia media siriana è aumentato del 236% nell’ultimo anno. Il valore della lira siriana è crollato del 78% in un anno. Questo ha portato alla nascita della categoria dei workingpoors, coloro che pur avendo un lavoro non riescono ad avere un reddito sufficiente. Va anche segnalato che si sono perduti tra i 200 e i 300 mila posti di lavoro, portando la disoccupazione a circa il 50% della forza lavoro attiva e al 60% dei giovani.
A tutto questo si aggiunga la crisi economica nel resto del mondo, causata dalla pandemia, che ha portato una diminuzione del 50% delle rimesse dei rifugiati all’estero: queste persone rappresentavano per molte famiglie l’unica fonte di sostentamento. Di conseguenza, il numero di persone che oggi non riescono a coprire i bisogni alimentari è arrivato a oltre 12 milioni. Drammatiche le conseguenze sui bambini: 674 mila minori di 5 anni hanno ormai danni irreversibili nel loro sviluppo, a causa della denutrizione, e circa 5 milioni di mamme e bambini sono pericolosamente denutriti.
Il bisogno di protezione sociale
Oltre al cibo mancano tutti gli altri beni primari non alimentari: 4,7 milioni di persone sono bisognose di vestiti, prodotti per l’igiene, utensili primari per la casa. La mancanza di un alloggio dignitoso colpisce 6 milioni di persone (31% dell’intera popolazione). Anche questo dato è peggiorato rispetto allo scorso anno, in parte a causa del Covid, che ha limitato la capacità degli alloggi collettivi. Vengono colpiti in particolare i pochi rifugiati e sfollati interni che rientrano nei luoghi di origine, ma si ritrovano senza più la casa.
Più di 13 milioni di persone, su 17,5 milioni di abitanti, sono esposte a fattori di rischio particolare, in un paese in cui la violenza, lo sfruttamento e gli incidenti rappresentano la quotidianità. Si evidenzia la presenza di almeno cinque cause di vulnerabilità: mancanza di documenti di identità o proprietà, matrimoni precoci, separazione delle famiglie, presenza di ordigni inesplosi, rapimenti, lavoro minorile che porta all’abbandono scolastico e riduzione dei movimenti per evitare rischi.
I bambini rappresentano almeno la metà del totale dei soggetti a rischio: più di 6 milioni di essi subiscono gravissime violazioni dei propri diritti, come violenza domestica, abusi sessuali, lavori forzati, arruolamento nelle milizie, torture, rapimenti.
L’altra grande categoria di vittime sono le donne e le ragazze, la cui situazione è stata aggravata ancor più dal Covid: la violenza domestica è dominante e spesso sfocia in abusi.
In conclusione si deve riconoscere che troppe sono le ferite ancora aperte in una Siria che ha accumulato tante sofferenze. Come ha affermato il cardinale Mario Zenari, nunzio a Damasco, «la Siria abbandonata sul ciglio della strada dopo essere stata malmenata, è stata derubata da vari ladroni. Similmente a quanto descritto nella parabola evangelica, attende ora il Buon Samaritano che si chini sulle sue ferite e che la porti alla locanda per essere ricoverata e curata. Ha bisogno dei due denari da dare all’albergatore affinché si prenda cura di essa».
MARIO CHIARO