Grandi Giovanni
Come riprogettare i grandi convegni
2021/4, p. 3
L’obiettivo delle relazioni non può essere più concepito come se fosse lo stesso di una lezione impartita da un esperto a dei principianti. È piuttosto quello di consentire ai partecipanti di raccogliere in modo nuovo le loro stesse idee, competenze e interrogativi sull’argomento proposto all’attenzione di tutti.

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RIPENSARE NUOVE TIPOLOGIE DI CONFRONTO
Come riprogettare i grandi convegni
L’obiettivo delle relazioni non può essere più concepito come se fosse lo stesso di una lezione impartita da un esperto a dei principianti. È piuttosto quello di consentire ai partecipanti di raccogliere in modo nuovo le loro stesse idee, competenze e interrogativi sull’argomento proposto all’attenzione di tutti.
La scelta di riunire periodicamente le persone legate dalla medesima appartenenza o impegnate nel medesimo ambito di servizio esprime molteplici esigenze. Ve ne sono almeno di tre tipi: 1) di aggiornamento, 2) di confronto, condivisione e socializzazione, 3) di funzionamento degli organi istituzionali (momenti assembleari elettivi o comunque di tipo partecipativo). Prevalgono, solitamente, le prime due esigenze, delle quali la seconda risulta sempre essere la più delicata dal punto di vista organizzativo. La conduzione di laboratori o di tavoli di discussione richiede un numero importante di coordinatori, che può essere difficile preparare adeguatamente in modo preventivo. Questo insieme di fattori conduce molto spesso a ridurre la convegnistica alla serie delle relazioni tematiche, a cui seguono brevi dibattiti in cui possono giocoforza trovare espressione gli interrogativi di poche persone.
La compressione dei tempi di confronto tra le persone non rappresenta tuttavia una perdita soltanto sul fronte delle esigenze di condivisione e socializzazione: in effetti rappresenta un fattore di indebolimento anche sul fronte dell’aggiornamento personale.
Approfondimento, confronto,
socializzazione
Un primo cambiamento di mentalità consiste allora nel concepire le relazioni (esigenza di approfondimento) al servizio del dialogo tra i partecipanti (esigenza di confronto e socializzazione) anziché considerare quest’ultimo come un’appendice – difficilmente gestibile – alle prime.
Questa inversione della focalizzazione porta con sé alcune conseguenze di impostazione importanti: l’obiettivo delle relazioni non può essere più concepito come se fosse lo stesso di una lezione impartita da un esperto a dei principianti. L’obiettivo, piuttosto, è quello di consentire ai partecipanti di raccogliere in modo nuovo e più originale le loro stesse idee, competenze e interrogativi sull’argomento proposto all’attenzione di tutti.
Questa impostazione non comporta delle variazioni nelle richieste fatte ai relatori, quanto nella tipologia di lavoro proposta ai partecipanti, i quali dovrebbero piuttosto essere ingaggiati nel vivere l’ascolto delle relazioni come una delle fasi preparatorie, attraverso cui fare al meglio il punto sul tema e sulla sua rilevanza nella vita reale, e mettere a fuoco contenuti di qualità, da offrire agli altri partecipanti nel contesto del successivo lavoro di gruppo.
Il processo di avvicinamento al lavoro di gruppo diventa in questo senso un autentico esercizio di preparazione ad uno scambio di idee meditate e qualificate, non improvvisate ma neppure scontate, proprio perché maturate dall’incontro tra la propria stessa esperienza e le chiavi di lettura o gli spunti colti dalle relazioni.
Se teniamo conto di questo cambiamento di impostazione, emergono di conseguenza anche i nodi più delicati da affrontare nell’organizzazione dei lavori. Due senz’altro meritano la massima attenzione: assicurare la presenza di tempi di lavoro individuale e provvedere a una conduzione rigorosa, ma allo stesso tempo non direttiva dei gruppi di lavoro. Li vorrei discutere presentando al contempo le soluzioni che sono state proposte in occasione di questo stesso Convegno che stiamo celebrando.
Spunti innovativi
Una parola di qualità da offrire agli altri partecipanti non può essere una parola o un’eco improvvisata. La nostra riflessività supera la soglia della ripetizione superficiale solo se abbiamo la possibilità di sostare per un certo tempo su un focus. In particolare si supera più agevolmente questa soglia se si viene aiutati da qualche spunto di contenuto per noi nuovo. Tempo e spunti innovativi sono rispettivamente la condizione e l’innesco della nostra riflessività. Ma, attenzione: l’ascolto deve essere impostato appunto come un innesco, non come se si trattasse di acquisire ogni singolo passaggio proposto dai relatori. Questo significa invitare da subito i partecipanti a intercettare e fissare al meglio uno o due passaggi per loro particolarmente suggestivi e inediti, senza la preoccupazione di catturare ogni cosa o di estrapolare un messaggio unitario.
Proporre delle modalità per focalizzare l’attenzione tuttavia non basta. Lo strumento tipico che viene utilizzato è una griglia di domande a partire dalle quali avviare un dibattito. L’esperienza più diffusa è tuttavia quella di qualche istante di silenzio alle volte un po’ imbarazzato… Al contrario quello che occorre è includere nella stessa struttura della giornata di lavoro alcuni tempi non lunghi ma neppure brevissimi di silenzio personale, offerti ai partecipanti per prepararsi adeguatamente alla condivisione. È quanto è accaduto in questo Convegno, scegliendo di puntare su più momenti di questo tipo.
Come primo ingresso nei lavori della giornata è stato proposto alle persone di raccogliere anzitutto le loro idee personali sul tema: nessuno infatti è tabula rasa, ciascuno è già portatore di una prospettiva e di interrogativi… Annotare le proprie idee più immediate – con il supporto di Schede di lavoro opportunamente predisposte – è anche molto utile per proseguire poi il lavoro di selezione degli spunti innovativi colti dall’ascolto delle relazioni. Nello specifico di questo Convegno si è proposto ai partecipanti di fare il punto su “paure” e “speranze” connesse all’evoluzione dei vissuti comunitari, potendo disporre di almeno 10 minuti di silenzio per prendere qualche annotazione scritta.
Il secondo tempo di lavoro personale (almeno 15 minuti), successivo all’ascolto delle relazioni, è stato riservato all’innesco della riflessività. Anche in questo caso la proposta è rimasta quella di riportare una breve sintesi sulla propria Scheda di lavoro: le micro-scritture ottenute in questo modo, brevi appunti di 3/4 righe, rappresentano quell’intreccio tra esperienza e spunti innovativi che diventa successivamente la “parola di qualità” da valorizzare nella fase del lavoro di gruppo.
Il lavoro di gruppo rappresenta il punto centrale dell’iniziativa convegnistica: è il momento partecipativo, in cui ciascuno può contribuire all’arricchimento degli altri e viceversa beneficiare del contributo riflessivo altrui.
Gli obiettivi di un confronto di gruppo possono naturalmente essere molto diversi. Una discussione tra 12-16 persone potrebbe essere finalizzata a individuare degli orientamenti comuni o persino a maturare delle decisioni. Tuttavia non è questo lo scopo di un’iniziativa convegnistica… È invece importante avere la possibilità di ascoltare tutto ciò che l’intersezione tra le esperienze e gli spunti colti dai relatori ha fruttato nel tempo precedente, senza la preoccupazione di decidere ciò che è più ragionevole/sostenibile, e senza la preoccupazione di giustificare la genesi o il background dei contenuti.
La condivisione si svolge solitamente in due passaggi: durante il primo giro – che, basandosi sulla lettura, sarà breve e favorirà un ascolto molto concentrato – ciascuno è invitato a prendere nuovamente degli appunti su quanto sta ascoltando. I partecipanti hanno quindi a disposizione un ulteriore tempo personale per rivedere questa serie di annotazioni e selezionare un contenuto tra quelli accolti da rilanciare (circa 10 minuti).
Il passo successivo consiste nel proporre al gruppo la propria selezione/rielaborazione: in questo modo ciascuno prende parola una seconda volta, dando non più voce alla propria sintesi iniziale, ma a quella di qualcun altro o a una nuova focalizzazione.
Il secondo giro è importante per diversi motivi: il primo è che offre una più agevole possibilità di esprimersi anche a persone che nella prima condivisione hanno scelto di non leggere i propri appunti, perché magari troppo personali. Solitamente, nel secondo giro tutti intervengono e, in ogni caso, offrono un contributo attivo, avendo già selezionato una risonanza a partire dalla propria sensibilità. Emergerà in un certo senso un “sentire” più diffuso, una sorta di risposta più corale al tema lanciato dal Convegno.
Nel caso del nostro Convegno il confronto di gruppo ha consentito a ciascuno: di fare il punto su paure e speranze personali; di rivisitarle alla luce degli spunti dei relatori; di convertirle nella rimeditazione personale in “punti di forza” su cui concentrarsi (per affrontare paure o sostenere speranze); di condividere con altri un pensiero di qualità, sintetico e propositivo e di ascoltare il frutto del lavoro personale altrui; di raggiungere un punto di ulteriore sintesi arricchito dal contributo degli altri partecipanti (l’attenzione di fraternità) e di avere in ogni caso a disposizione per ulteriori riflessioni il “paniere” complessivo delle attenzioni emerse, raccolte anche grazie all’utilizzo congiunto delle Schede di lavoro e di un form di raccolta digitale (word cloud).
GIOVANNI GRANDI