Albertazzi Elsa
Congregazioni americane e la liturgia delle Ore
2021/4, p. 25
Il Global sister report, newsletter che fa capo alla testata indipendente National Catholic Reporter, ha pubblicato la notizia che negli USA molte congregazioni stanno cercando di redigere un testo per la liturgia delle Ore che sia proprio, così che i testi della Scrittura e le orazioni diano corpo a una preghiera che sia più consona ai diversi specifici carismi.

Accedi alla tua area riservata per visualizzare i contenuti.

Questo contenuto è riservato agli abbonati a
Testimoni
.
Congregazioni americane e la liturgia delle Ore
Il Global sister report, newsletter che fa capo alla testata indipendente National Catholic Reporter, ha pubblicato la notizia che negli USA molte congregazioni stanno cercando di redigere un testo per la liturgia delle Ore che sia proprio, così che i testi della Scrittura e le orazioni diano corpo a una preghiera che sia più consona ai diversi specifici carismi.
L’intento è quello di far sì che la preghiera sia più ospitale nei confronti del vissuto delle suore e che nello stesso tempo si possa pregare con parole che aiutino ad approfondire e vivere il carisma, così che la preghiera sia più immediatamente arricchente per la singola persona e per la comunità.
Di per sé sappiamo che esistono già tradizioni con testi propri per la liturgia delle Ore, ma di solito sono comunità di antica tradizione, come per esempio la liturgia francescana; qui invece, si tratta di congregazioni moderne che si accingono a creare una tradizione, aiutate da biblisti e liturgisti, dunque con un approccio serio che permetta certo di andare in profondità.
Nell’orizzonte italiano questo forse suona come una strana novità e per questo è bene fare emergere un po’ di domande, non tanto per prendere una posizione che da qui sarebbe semplicemente ininfluente, ma per verificare se questa scelta non intercetti dinamiche che sottostanno anche alla celebrazione della liturgia delle Ore da parte della comunità.
L’aspetto che un po’ attira è la possibilità di pregare con testi che rimandano alla propria esperienza spirituale, così che questa non sia ridotta a un semplice elenco di gesti, pur caritatevoli, o anche a un più nobile “stile”, ma comunque al di fuori del momento in cui come comunità, come singole, o singoli, ci rapportiamo al Signore.
La liturgia delle Ore peraltro ha una sua dimensione formativa, che forgia mente e cuore mentre è quotidianamente celebrata; in questo caso sarebbero parole che ancora di più si radicano nel carisma.
D’altro canto una liturgia condivisa da una Congregazione, anche se grande, è ancora una preghiera di tutta la Chiesa?
Così come stanno le cose sembra di dover dire di no, ma visto che ci sono pratiche in questo senso, forse qualche pertugio liturgico e canonico ci sarà.
Tuttavia si può riconoscere che in questa pratica fa capolino l’istanza più generale per cui la preghiera della Chiesa chiede di poter essere formulata in modo che il vissuto possa intrecciarsi con essa.
Negli usi a noi più familiari, invece, vediamo che spesso neppure spazi che di per sé non sono codificati, sono stati irrigiditi. Le intercessioni, per esempio, non devono essere per forza quelle scritte, possono essere formulate liberamente, magari meno liberamente di quelle della celebrazione Eucaristica, mentre, invece, spesso accade il contrario.
Per altro ogni Congregazione conosce una liturgia specifica, almeno per la celebrazione eucaristica, per le memorie di qualche santo o beato proprio. In questo caso però, spesso si ha la spiacevole sensazione di essere in un collage. L’esperto ha attinto dai vari formulari comuni, formule un poco più adatte. E invece, spesso, questi confratelli o sorelle hanno parole della Scrittura che hanno segnato il loro essere: un santo religioso, educatore, o pastore, in caso di uomini. Con il sottile rischio di veicolare una spiritualità specifica che si dica a latere delle parole comuni a tutta la Chiesa.
Dietro ogni aspetto di questa iniziativa, fanno capolino questioni ecclesiologiche: il rapporto tra Chiesa universale e particolare, i rapporti tra vita religiosa e Chiesa diocesana. La ricerca ne dovrà tener conto e per altro contribuirà nella riflessione sulle grandi tematiche indicate.
E d’altra parte ci rendiamo conto che questa pratica è delicata, chiede esperienza, chiede coinvolgimento, per non essere espressione di un cambiamento costruito “a tavolino”.
E allora vengono in mente questioni un po’ più prosaiche: e chi non ha fratelli o sorelle preparati?
E le congregazioni che non hanno i fondi necessari per compiere un’operazione di questo genere?
Per questi la preghiera universale diventa un aiuto. E si evita così di introdurre dislivelli.
Queste sono alcune domande, e magari a chi legge ne vengono altre. Non si può dire sì o no senza approfondimenti. Qui potremmo limitarci a concludere che l’iniziativa rischia un po’ di chiudere ulteriormente la vita religiosa su se stessa, ma il contesto USA forse la vede molto coinvolta nella vita sociale.
E d’altro canto affascina questo poter “costruire” la liturgia, oltre qualche variazione estetica.
La lunga descrizione che Esodo fa per la costruzione dell’arca e la descrizione minuziosa della liturgia è suggerimento non solo per la cura dell’edificio, ma in generale della cura per quella celebrazione cui il popolo è chiamato, quale segno della sua liberazione.
E però, d’altra parte almeno alcuni salmi potrebbero essere esperienze personali fatte rifluire in schemi di preghiera più universali, così a dire che sin dagli inizi c’era una sorta di “universalità”.
In Europa forse queste sono ricerche che matureranno in un futuro lontano, nel frattempo però chinarci sulla vita liturgica lasciandosi provocare dalle diverse prospettive, qui solo abbozzate, e farne un esercizio spirituale, può coinvolgerci sempre di più nella nostra celebrazione quotidiana.
ELSA ANTONIAZZI