La carità, risposta ad un amore donato
2021/4, p. 7
Questa volta la vostra suor Giacomina tenterà di raccontare la sua vicenda autobiografica, per sottoporre alla vostra benevola attenzione critica, il suo percorso
dall’amore alla carità all’interno della comunità.
Accedi alla tua area riservata per visualizzare i contenuti.
Questo contenuto è riservato agli abbonati a
Testimoni
.
La carità, risposta ad un amore donato
Questa volta la vostra suor Giacomina tenterà di raccontare la sua vicenda autobiografica, per sottoporre alla vostra benevola attenzione critica, il suo percorso dall’amore alla carità all’interno della comunità.
“Da giovane la parola amore mi sollevava su ali fantastiche e mi portava in mondi dai colori più vibranti. Anche l’amore verso il Signore mi faceva volare e mi seduceva per la sua promessa di infinito. Come la piccola grande santa di Lisieux, mi estasiava leggere il capitolo quinto del libro terzo dell’Imitazione di Cristo sui mirabili effetti dell’amore di Dio. Era la stagione dell’amore entusiasta, capace di fare le grandi scelte decisive della vita.
E così varcai la soglia del convento, pronta ad onorare il mio amore. Ma presto, come santa Teresina, mi accorsi che, mentre l’amore di Dio continuava a riempirmi il cuore, cominciavano le sorprese, specie da parte e nei confronti delle mie consorelle, con alcune delle quali non riuscivo proprio a fare amicizia. Per fortuna mi insegnarono che gli amici si scelgono, mentre i fratelli sono dati da Dio e che a noi è richiesto di diventare tutte sorelle non necessariamente amiche. Il che mi diede tranquillità per un certo periodo di tempo, fino a quando mi accorsi che anche il diventare semplicemente sorelle non era un compito facile, per raggiungere il quale bisognava coltivare le virtù cristiane. Era la stagione dell’amore ascetico.
Posso dire che mi impegnai per raggiungere il traguardo del “tutte sorelle, alcune amiche”, ma la differenza di età e di carattere, oltre che di diverso orientamento su alcune questioni, mi rendevano difficile la vita comunitaria che io sognavo ben più unita e gratificante. Facevo propositi su propositi, ma tutte le volte che mi confessavo mi trovavo a ripetere le stesse mancanze nei confronti della mia comunità. Fino al punto di lasciar perdere lo stesso desiderio di realizzare questo importante traguardo, che ormai ritenevo irraggiungibile. Era la stagione dell’amore rassegnato.
Ho trascorso un bel po' di tempo in questa situazione fino a quando ho letto che la comunione fraterna in comunità è prima di tutto un dono da chiedere, perché è frutto del dono dello Spirito Santo, l’amore di Dio riversato nei nostri cuori che ci fa amare con il cuore di Dio. Per questo ho cominciato ad invocare il dono dello Spirito su di me e sulla comunità. E venne un periodo di ripresa di fiducia nella comunità, di riscoperta della sua bellezza, della sua forza di attrazione apostolica. Era la stagione dell’amore pentecostale sulle ali dello Spirito.
Ma, dopo un periodo di entusiasmo, temetti che le cose stessero rifluendo al punto stagnante di prima.
Eppure lo Spirito Santo, intensamente invocato, non restava inoperoso, perché poco a poco mi fece comprendere che Egli è lo Spirito di Gesù, “che mi ha amato e ha dato se stesso per me”, che mi aiuta a fare miei i sentimenti di Gesù, che me li fa comprendere, che mi dà il coraggio di “amare come Lui mi ha amato”, di “dare me stessa per le mie sorelle”, mi aiuta a portare il peso gli uni degli altri, che non fa cercare la propria affermazione, che sopporta le lentezze altrui, che accetta di vivere in una comunità di imperfetti, aiutandoci a progredire con coraggio paziente e pazienza coraggiosa. E mi consola e mi incoraggia nelle mie delusioni.
Così ho imparato a stare sotto la croce con la Madre del Signore per diventare madre delle mie sorelle, grazie al suo Spirito consegnato al Padre e alla sua Chiesa.
Trovavo grande aiuto e conforto nel leggere alcune pagine del documento Vita fraterna in comunità: “Cristo dà alla persona due fondamentali certezze: di essere stata infinitamente amata e di poter amare senza limiti. Nulla come la croce di Cristo può dare in modo pieno e definitivo questa certezza e la libertà che ne deriva. Grazie ad esse la persona consacrata si libera progressivamente dal bisogno d’essere al centro di tutto e dalla paura di donarsi ai fratelli. Impara piuttosto ad amare come Cristo l’ha amata, con quell’amore che è effuso nel suo cuore e lo rende capace di donarsi come ha fatto il suo Signore” (VF 22).
E così ho trovato vere anche per me le parole: “La comunità senza mistica non ha anima, ma senza ascesi non ha corpo. Si richiede sinergia tra il dono di Dio e l’impegno personale per costruire una comunione incarnata, per dare cioè carne e concretezza alla grazia e al dono della vita fraterna” (VF 23).
Tutto bene dunque? Sì a patto, che sul portale di ogni comunità sia scritto: Lavori in corso”.
Così anche la vostra povera Suor Giacomina ha trovato pace nella sua comunità e si sente grata al Signore per le varie tappe che ha dovuto percorrere per passare dall’amore sentimento, che guarda al dono che si fa, all’amore carità, che si matura lentamente, nell’umile convinzione che finché siamo pellegrini, siamo nella stagione dei lavori in corso.
Avanti di corsa nei lavori in corso!
PIER GIORDANO CABRA