Preghiera, digiuno, opere di carità
2021/2, p. 18
La Quaresima ci viene nuovamente incontro come tempo propizio per ritrovare e irrobustire le radici della nostra vita cristiana fatta di autenticità, di essenzialità, di coerenza. Sono queste alcune componenti di quel “vaccino” spirituale capace di vincere la potenza del male che così spesso si annida nel cuore dell’uomo.
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ANTIVIRUS QUARESIMALI
Preghiera,
digiuno, opere di carità
La Quaresima ci viene nuovamente incontro come tempo propizio per ritrovare e irrobustire le radici della nostra vita cristiana fatta di autenticità, di essenzialità, di coerenza. Sono queste alcune componenti di quel “vaccino” spirituale capace di vincere la potenza del male che così spesso si annida nel cuore dell’uomo.
In un tempo in cui tanto si parla di virus e vaccini è venuto spontaneo pensare ad una meditazione da offrire per il tempo forte che ci prepara alla Pasqua incentrata su quelli che tradizionalmente sono gli “antivirus quaresimali”: preghiera, digiuno, opere di carità (che sono ben più della sola elemosina). Chi crede in Cristo non avrà mai paura delle tenebre, e anche quando scende la notte della prova, in Lui possiamo ritrovare, nell’adesione al mistero pasquale, le ragioni di quanto accade, pur chiamati a vivere momenti drammatici e duri. Ecco che la Vita vince sempre, soprattutto quando l’Amore si innesta all’albero della storia quotidiana di ogni persona e di ogni popolo. Perché è Cristo Risorto a dare significato anche a ciò che di incomprensibile e pauroso l’umanità sta vivendo: Lui che, ribaltando la pietra delle tante paure e angosce, è nostro sicuro punto di riferimento in un tempo carico di sofferenza e incertezze.
Ecco che la quaresima ci viene nuovamente incontro come tempo propizio per ritrovare e irrobustire le radici della nostra vita cristiana fatta di autenticità, di essenzialità, di coerenza. Sono queste alcune componenti di quel “vaccino” spirituale capace di vincere la potenza del male che così spesso si annida nel cuore dell’uomo. Preghiera, digiuno e opere di carità sono pratiche interiori ed esteriori che la Chiesa, su base scritturistica, da sempre addita quali efficaci strumenti per purificarci, per maturare, per diventare ancor più profondamente uomini e donne recuperati a se stessi, a Dio e ai fratelli. La preghiera ci mette in relazione più profonda con Dio, il digiuno con noi stessi, le opere di carità con il prossimo. Il tutto non scandito in fasi distinte ma armonizzato in un modo di essere e di vivere più in sintonia con il Vangelo e quanto professiamo con il nostro credo. La vita cristiana esige l’autentico coinvolgimento di tutta la nostra persona fisica e spirituale. Queste tre indicazioni sono definite pratiche penitenziali, nel senso che richiedono un particolare impegno ascetico, ma non vanno vissute come qualcosa di penalizzante o coercitivo - e relativamente solo al periodo quaresimale - piuttosto come opportunità e garanzia di rinnovamento interiore che porta alla vera e autentica pace.
La verità come elemento essenziale
Elemento essenziale comune a tutti e tre i vaccini quaresimali è la verità, ossia la retta intenzione che ne sta alla base; è lo stesso Gesù, nella pericope evangelica (Mt 6,1-6.16-18) del mercoledì delle ceneri, a fornirci le giuste coordinate che salvano dall’ipocrisia e dalla vanagloria: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro…. Dunque, quando fai l’elemosina non suonare la tromba… E quando pregate non siate simili agli ipocriti per essere visti dalla gente… E quando digiunate non siate malinconici…». Siamo così invitati a intraprendere un percorso di liberazione dalle nostre più schiavizzanti dipendenze che ci legano al bisogno a volte eccessivo di stima e riconoscimenti, di beni materiali e successo, di ricercatezza e di superfluo, di vaniloqui e dissipazioni inutili, rendendo vuoti e aridi il nostro intimo e la nostra vita sociale. Come ha detto papa Francesco, «ci sono fili molto sottili, che si riconoscono solo davanti al Signore, esaminando la nostra interiorità». La preghiera come verità di se stessi, il digiuno come dominio di sé e la carità quale scuola di gratuità, sono antidoti potenti che arginano l’influenza del male e neutralizzano la ricorrente propensione a rimanere bloccati nei nostri schemi e nelle nostre finzioni col rischio di disperderci e destabilizzarci.
I Vangeli delle domeniche
Il cammino quaresimale, già dalla prima domenica, si caratterizza come una lotta contro il male e come itinerario di conversione. L’asciutto ma sostanziale racconto che Marco (Mc 1,12-15) ci fa dei quaranta giorni di Gesù prima di iniziare il suo ministero pubblico, pone in rilievo una convivenza di primo acchito stridente: Egli sta con le bestie selvatiche ed è servito dagli angeli. È questa la missione di Colui che non conosce peccato: ripristinare nella natura umana, da Lui assunta per essere redenta, la primigenia originalità paradisiaca che è ordine, armonia, pienezza di grazia e che Satana, con mezzi subdoli e sleali, cerca continuamente di insidiare. Mediante il trionfo di Cristo sulle tentazioni, la forza che ci viene dalla preghiera, il sano ed equilibrato rapporto con il nostro corpo e l’apertura verso gli altri è possibile giungere, passando per il deserto, sull’«alto monte» dove, rappresentati da Pietro, Giacomo e Giovanni, «in disparte, loro soli», ci è donato di fare esperienza della trasfigurazione (Mc 9,2-10).
Anche il Vangelo della seconda domenica dunque mette in risalto l’iniziale separazione e solitudine del rapportarsi dell’anima con il Signore: prima di tutto siamo chiamati a metterci davanti a Dio in tutta la nostra nudità, senza fronzoli e orpelli, senza sovrastrutture o mascheramenti. Noi e Lui, la nostra povertà e la sua grandezza, la nostra miseria e la sua misericordia. Solo così ci è possibile aprire gli occhi, uscire dal torpore e dal disimpegno per contemplare il volto luminoso di Cristo e udire la voce del Padre che invita all’ascolto. Si è così abilitati a scendere a valle come uomini nuovi, capaci di vivere la carità quale stile di accoglienza e condivisione. L’esperienza forte e luminosa di Dio gustata nella preghiera personale e liturgica, allarga pertanto la nostra esistenza alla dimensione comunitaria-relazionale che ci caratterizza in quanto uomini e in quanto cristiani. «Il “salire” dell’uomo simboleggia il suo impegno nella storia, ma tutto ciò che l’uomo opera non fa che aprire lo spazio al dono di Dio che dall’alto “discende”.
Attenzione: soltanto salendo si può percepire ciò che discende. Il dono di Dio non ci consegna un’attesa passiva. Ci sollecita, al contrario, a fare tutto ciò che possiamo e dobbiamo fare, perché solo così giungiamo a percepire che “tutto è grazia”».
C’è un libro di padre Andrea Gasparino dal titolo lapidario e significativo: La preghiera e l’amore ottengono l’impossibile. Il connubio preghiera-amore è così espresso: «Il cristiano non può stare in piedi senza preghiera, l’esperienza quotidiana lo conferma per tutti. La carità, come comanda Cristo, non è possibile senza la forza della preghiera […] L’uomo che prega è colui che ha imparato a utilizzare nella sua vita la forza di Dio».
La nostra vita deve essere sempre più modellata sul mistero eucaristico che celebriamo e adoriamo per riprodurre in noi i sentimenti di carità del Cristo con gesti concreti di servizio e di comunione con tutti. Le attuali vicende ci stanno insegnando più che mai che tutto passa, solo l’amore di Dio e tra di noi rimane in eterno ed è segno eloquente della comunione che ci lega e ci fa sentire veramente parte di quel sacramento d’Amore che ci è offerto da vivere in unione di intenti e di cuori. Dobbiamo passare dalle parole ai fatti. Soltanto così saremo credibili discepoli e autentici testimoni del Maestro che ci ha amati sino alla morte in croce donando tutto se stesso. Dunque, anche se il contesto collettivo è colmo di preoccupazione e incertezza, nondimeno la nostra speranza pasquale si irrobustisce ancor di più nella certezza che qualunque cosa il Signore permette è per la vita e per il bene di ogni uomo, per la salvezza dell’umanità.
La terza domenica offre alla nostra meditazione un brano evangelico (Gv 2,13-25) energico e perentorio: ancora una volta siamo invitati ad entrare nella profondità della preghiera autentica, a fare del nostro cuore – quella stanza intima e segreta – la casa del Padre e non una spelonca di ladri. Gesù nel suo zelo per il tempio – prefigurazione del suo corpo glorificato – vuole ancora una volta ridestare nell’uomo la nostalgia di quella primigenia e altissima dignità conferitagli dal Creatore, a riconoscersi e ritrovarsi come figlio, tempio vivente della Santissima Trinità. «Dio, infatti» - siamo al Vangelo della quarta domenica (Gv 3,14-21) - «non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui». La redenzione è proprio questo ricostituire l’uomo, il chinarsi verso la creatura per affrancarla da ogni forma di schiavitù e paura, di grettezza e mondanità. Il Verbo eterno si è fatto carne per redimere l’umanità svilita dal peccato e insegnare la via dell’incontro, della fraternità universale.
Il nostro cammino quaresimale vuole essere un serio impegno perché la Pasqua che ci attende in un contesto mondiale tuttora difficile e incerto, segni un cambiamento radicale nella nostra vita ravvivando la speranza, portando consolazione, infondendo fiducia. Infatti, «chi fa la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Infine il brano evangelico della quinta domenica (Gv 12,20-33) ci mette davanti alla logica, paradossale e per certi versi inquietanti, del mistero pasquale: «Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna». Chiediamo al Signore di sostenerci nella prova perché non ci lasciamo abbattere dalle difficoltà e incertezze del tempo presente, ma possiamo guardare avanti con animo fiducioso e sereno nella certezza che il Signore Risorto è sempre con noi nel dono della Parola e dell’Eucaristia, sicuri che potremo nuovamente guardare al futuro del mondo come al seme che sembra morire, ma poi esplode in nuova vita, in rinnovata fioritura.
Odiare la vita non vuol dire rigettarla – essa è dono di Dio! - bensì orientarla nella giusta direzione. Non nel ritenerci autosufficienti: la preghiera ci libera da questo; non nell’eccessiva cura di sé: il digiuno ci offre il giusto equilibrio salvandoci dall’egoismo; non come autoaffermazione: la carità ci risana e ci fa essere per gli altri.
Il nostro sguardo si volge in particolare alla Vergine Maria che più di tutti è stata con il Figlio dalla prima fino alla sua ultima ora, immersa nel dolore ma in fiduciosa attesa della Resurrezione. La sua intercessione ci ottenga un più ardente desiderio di avere parte alla Pasqua di Gesù che ci sollecita a fare quel necessario, salutare passaggio che fa diventare giardino il nostro deserto. Il Signore ci doni di vivere sempre più protesi verso la patria celeste dove ci attende la gioia senza fine, cercando di procedere nel pellegrinaggio terreno sorretti dalla preghiera, temprati dal digiuno, irrobustiti dalla carità.
suor MARIA CECILIA LA MELA, osbap